sabato 3 aprile 2021
Il dispositivo che consiglia di fare una sosta è un optional sempre più diffuso: quello che monitora le pupille è il più tecnologico
Cos'è e come funziona il rilevatore di stanchezza in auto
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Quanto ha senso e quanto è sicuro restare consecutivamente al volante? Camionisti e autisti di pullman devono sottoporsi a delle regole precise: possono guidare per un massimo di 9 ore al giorno – con una sosta a metà di 45 minuti, oppure due soste di 15+30 minuti - prorogabili fino a 10 solo due volte a settimana. E per le auto? Non ci sono indicazioni precise, ma il buonsenso consiglia di fare una breve sosta ogni due ore per la mente e il fisico.

Oggi però c’è un dispositivo elettronico sempre più diffuso che avvisa il guidatore e lo aiuta a ricordare questa necessità: il rilevatore di stanchezza. In pratica, è un segnale acustico abbinato a un pittogramma (o a una scritta) che compare sul display del cruscotto, invitando a fermarsi per una pausa. E’ soltanto un suggerimento, sia chiaro, e la vettura non condiziona il suo comportamento nel caso in cui l’autista proseguisse la marcia. Ce ne sono di due tipi, uno dal funzionamento molto semplice, mentre l’altro richiede maggiore tecnologia. Il primo si può definire rilevatore di stanchezza "a tempo", e funziona in base alla durata del viaggio. Il computer di bordo inizia a misurarlo nel momento in cui si accende il motore calcolandolo fintanto che questo non viene spento. Il dato è utile per calcolare la velocità media di percorrenza ma viene utilizzato anche dal sistema di rilevazione stanchezza il quale, a intervalli regolari (solitamente ogni 90 o 120 minuti), emette il segnale acustico e fa comparire una scritta sul display, consigliando una sosta. Alcune automobili prevedono un pittogramma che simboleggia una tazzina di caffè. Questo tipo di rilevatore ha un costo solitamente di poche decine di euro e si basa sostanzialmente su un timer. In realtà non viene misurata la stanchezza effettiva, ma si basa su una supposizione: il sistema ipotizza che un pilota dopo due ore continuative di viaggio potrebbe essere stanco e perdere concentrazione. Tanto è vero che se fermate l’auto e spegnate il motore, il tempo del rilevatore si azzera e ricalcola l’intervallo prefissato a partire dalla ripartenza.

Ben più complesso (quindi più costoso) risulta il rilevatore di stanchezza "reale": spesso, per funzionare al meglio, il sistema viene integrato all’interno di un pacchetto di optional che prevede anche il segnalatore di cambio improvviso di carreggiata. Si basa su vari sensori che monitorano costantemente il volto del guidatore, analizzando il battito delle palpebre, le eventuali smorfie del viso interpretandole come possibili sbadigli, i cambi improvvisi nella direzione senza che venga inserita la segnalazione luminosa. Sulla base di questi segnali, che sono in realtà dei sintomi, il sistema capta lo stato della persona, interpretando i segnali ricevuti e valutandone il grado di stanchezza. Questo tipo di analisi appare più dinamica, maggiormente veritiera rispetto alla prima, poiché in questo caso viene misurato l’effettivo affaticamento e dunque il consiglio della sosta ha più senso. Difatti può avvenire anche prima delle due ore canoniche, in base a costanti rilevazioni.

Le vetture più evolute, oltre ai sensori, ora contemplano anche la presenza di una telecamera interna che rileva i movimenti della testa del guidatore e delle pupille, interpretando sia la direzione dello sguardo sia l’inclinazione del capo. Se gli occhi puntano lateralmente oppure se l’inclinazione della testa è innaturale, ecco che il sistema emette impulsi e segnali. In ogni caso, si parla di un ausilio tecnico che lascia come sistema di sicurezza fondamentale il caro vecchio buon senso del guidatore.


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