giovedì 3 dicembre 2020
L’unione tra Tim e Open Fiber può dare una scossa agli investimenti
L'Italia accelera ma resta in ritardo
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L’Italia ha iniziato a correre sul fronte della connettività fissa, inseguendo gli altri Paesi europei, ma ancora non basta: se nel 2019 la copertura generale del Paese ha raggiunto livelli quasi totali, resta ancora ampio il divario con il resto dell’Ue sulla connessione veloce a banda larga. Soprattutto, c’è ancora forte distanza fra aree metropolitane e aree rurali, dove la connettività veloce raggiunge appena il 2% della popolazione, contro una media europea del 17,5%. Insomma, c’è ancora tanto da fare. A dirlo è l’edizione 2020 del Digital Economy and Society Index (Desi) stilato dalla Commissione europea che racconta tutti i volti della connettività fissa e mobile all’interno dei 28 Paesi membri.

Il Piano italiano per la banda larga Per conseguire gli obiettivi europei, a marzo 2015 l’Italia ha preparato un piano per la banda ultralarga e per lo sviluppo di reti di ultima generazione che ha visto, fino a oggi, un investimento complessivo di circa 704 milioni di euro di cui 512 milioni di euro di fondi pubblici e 192 milioni privati. Il piano ha anche suddiviso l’Italia in aree, per indirizzare al meglio gli investimenti pubblici e gli sforzi degli operatori: le aree redditizie o aree nere, che comprendono le città più popolose e le aree industriali e dove gli operatori sono più invogliati ad investire per il maggiore ritorno economico; le aree marginali o aree grigie, che comprendono circa 2.600 comuni italiani e alcune aree rurali, dove è necessario un sostegno statale per permettere a questi territori di essere raggiunti da connessioni veloci e, infine, le cosiddette aree bianche che, per la loro scarsa densità abitativa e conformazione, richiedono un cospicuo intervento pubblico per portare la connettività a più di 30 Mbps. Si tratta di 4.300 Comuni, soprattutto al Sud, che rappresentano il 15% della popolazione italiana. Secondo l’analisi condotta dall’istituto di ricerca I-Com sulle Reti e i Servizi di nuova generazione che accorpa i dati sulle aree grigie e nere, emerge che la copertura maggiore o uguale a 30 Mbps aveva già raggiunto, a fine dicembre 2019, l’82% circa dei numeri civici italiani, mentre la copertura in fibra ottica ultraveloce si attesta ancora appena al 16,5% dei circa 20,7 milioni di civici monitorati in tutta Italia.

Le tecnologie in campo. Sono principalmente tre oggi le tecnologie che permettono di collegarsi a Internet con la rete fissa. C’è la classica linea di rame, la linea mista fatta di rame e fibra ottica e la linea fatta di sola fibra ottica. In quella mista, chiamata Fttc (Fiber to the cabinet), la fibra arriva fino a un armadio di strada da cui si collega ai cavi in rame che raggiungono le abitazioni. Con la fibra pura, la Ftth (Fiber to the home), la fibra arriva invece fino alle abitazioni ed è l’unica che può raggiungere velocità fino a 1 Gigabit al secondo. Un’altra alternativa per le connessioni a banda ultra larga che l’Agcom ha equiparato alle altre è la Fixed Wireless Access (Fwa), una tecnologia ibrida che utilizza un mix di fibra e stazioni radio base.

Tim e Open Fiber e il piano della Rete unica Negli ultimi anni, l’obiettivo del governo è stato quello di avere un gestore unico - a partecipazione pubblica - per sviluppare un’infrastruttura di rete in fibra ottica in tutto il Paese. Per questa ragione è nata Open Fiber, società partecipata da Enel e Cassa depositi e prestiti, che si occupa solo della tecnologia Ftth per offrire un servizio all’ingrosso e dare una rete autonoma a cui possono accedere fino a 20 operatori diversi per ogni area servita. Finora Open Fiber ha cablato circa 10 milioni di unità immobiliari e aperto la commercializzazione dei servizi in 1.350 comuni italiani, e il piano prevede la copertura di oltre 19 milioni di unità immobiliari con un investimento complessivo, tra privato e pubblico, di oltre 7 milioni di euro. Sulla rete di Open Fiber si appoggiano già operatori come Vodafone e WindTre per fornire connettività ultra veloce.Per la nascita di una rete unica italiana è necessario però che la rete costruita da Open Fiber si unisca a quella dell’ex monopolista italiano Tim (la fusione dovrebbe avvenire entro il primo trimestre 2021) che detiene oggi più di 18 milioni di chilometri di fibra posata, oltre a tutta la rete in rame. Intanto Tim sta proseguendo il lavoro per portare o incrementare la connettività in diverse aree del Paese utilizzando la linea mista rame-fibra, la tecnologia ibrida Fwa, ma anche la fibra: lo scorso mese di ottobre ha cablato oltre 280 Comuni e si è posta l’obiettivo di raggiungere con la connessione in FTTH il 56% delle unità abitative.In mezzo a questa “lotta all’ultimo miglio” c’è anche Fastweb, con un’infrastruttura proprietaria in fibra che copre oggi più del 30% delle unità abitative del Paese, pari a 8 milioni, e che – grazie alla condivisioni di infrastrutture in aree dove non dispone di proprie reti – riesce a raggiungere circa 22 milioni di abitazioni e imprese. La compagnia telefonica inoltre, dopo la joint venture Flash Fiber siglata con Tim e ora conclusa, è adesso pronta a entrare nella partita della rete unica assieme a Open Fiber, attraverso la partecipazione in FiberCorp, la newco creata dall’ex monopolista per avviare la fusione con Open Fiber.

La sfida dell’Agenda digitale europea

Tutte queste operazioni e accelerazioni sono necessarie per tenere il passo con gli altri Paesi Ue e per rispondere alle richieste fissate da anni dall’Agenda digitale europea. Richieste sempre più ambiziose e che ora guardano al traguardo del 2025, quando tutti i cittadini europei dovrebbero poter disporre di una connettività a 100 Mbps con la possibilità di raggiungere velocità fino a 1 Gigabit. Per questo l’Italia non può permettersi di restare indietro.

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