mercoledì 28 gennaio 2015
​Giorgio Squinzi (Confindustria) al “Quattroruote day” di Milano: «Servono interventi urgenti. Senza automobile non c'è futuro»
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​Da Palazzo Mezzanotte si leva un grido non nuovo ma che non perde vigore: il genio italiano nella creatività dell’automobile è condizionato dall’eccesso di burocrazia e dalla mancata possibilità di fare programmazione. Difficile investire anche in settori di nicchia, più facile guardare fuori confine dove c’è chi ci accoglie a braccia aperte.

L’ex sede della Borsa milanese è stato il contenitore "buono" per il “Quattroruote day”: il mensile dell’automobile italiana ha celebrato la sua festa con ospiti illustri e con un convegno, “Progetto Italia: l’auto oltre la crisi” che come spiega il direttore della testata, Gian Luca Pellegrini, è un titolo su cui interrogarsi se inserire o meno, alla fine, il punto interrogativo. Dettagli redazionali che lasciano spazio, subito, alla convinzione diffusa che la via d’uscita dalla crisi passa dalla politica.

Lo dice, senza troppi giri di parole, Giorgio Squinzi, che invita a «non pensare un futuro senza il comparto dell’automobile» dove lavorano oltre 1 milione di addetti e che consacra ogni anno 3 miliardi di euro nella ricerca e nello sviluppo. Il settore dell’automotive, per il presidente di Confindustria, ha «bisogno di un sostegno agli investimenti che vada oltre a quanto fatto finora dal Governo» che «è insoddisfacente». Serve, ha concluso Squinzi, «un credito strutturale d’imposta che sostenga gli investimenti in ricerca e sviluppo».

Sposa senza dubbi la linea, Marco Tronchetti Provera che lega le speranze di ripresa più alle condizioni congiunturali esterne che a quanto fatto dalla politica mentre oggi «non c’è industria dell’auto disposta a venire a investire in Italia». Ma, annota il presidente e Ad di Pirelli, «non ci sono le condizioni per favorire questi investimenti» e se non le si crea «il Paese non cresce». «L’Italia – riflette invece Andrea Bonomi, presidente dell’Industrial Advisory Board – ha un potenziale enorme, soprattutto nella produzione di nicchia e nel settore del lusso» ma «gli investimenti sono frenati dalla burocrazia e dalla mancanza di infrastrutture». 

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