lunedì 4 dicembre 2023
I dipendenti pubblici sono tre milioni e 238mila, negli ultimi dieci anni sono diminuiti di circa 37mila unità. Carenza di 65mila professionalità tecniche
Dipendenti statali al lavoro

Dipendenti statali al lavoro - Archivio

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Dopo anni di mortificazioni, il pubblico impiego cerca il riscatto. Anche se tra pensioni e rinnovi contrattuali in stallo la situazione non è delle migliori. Una boccata d'ossigeno potrebbe arrivare dai fondi del Pnrr-Piano nazionale di ripresa e resilienza e dai nuovi criteri per le assunzioni e la carriera. Intanto l'organico è sottodimensionato tra il 30% e il 50%: conta tre milioni e 238mila unità e negli ultimi dieci anni è diminuito di circa 37mila unità. Inoltre, il blocco del turn over alla base della riduzione del numero dei dipendenti pubblici, congiuntamente alle modifiche delle disposizioni in materia di accesso alla pensione, hanno rappresentato gli elementi principali che hanno determinato un significativo incremento dell’età media nella pubblica amministrazione. Infatti, a livello di anzianità, la Pa italiana è passata in 20 anni - dal 2001 al 2021 - da un’età media di 43,5 a 49,8 anni. Se nel 2001 in tutti i comparti l’età media di uomini e donne non raggiungeva i 50 anni, e anzi ne era piuttosto lontana, nel 2021 si è varcata la soglia ovunque, a eccezione delle donne nel settore sanità. Questa la fotografia del settore pubblico scattata dall’Istat. L’aumento dell’età media è un problema che ne porta con sé un altro: quello della digitalizzazione, su cui infatti la Corte dei Conti ha stimato una carenza di 65mila professionalità tecniche, a fronte di una formazione necessaria, ma che stenta a decollare. Oggi, in media, un dipendente della Pa ha meno di un’ora di formazione all’anno e, nonostante l’annuncio sull’aumento della formazione a 30 ore all'anno, l’obiettivo è difficile da raggiungere perché non ci sono le coperture economiche. La forte ritrosia delle burocrazie a investire sul lavoro agile e da remoto rappresenta un altro punto dolente e, infine, la questione delle retribuzioni, che nel pubblico, a parità di inquadramento (e quindi di responsabilità), sono più basse che nel privato, con percorsi di carriera ingessati e scatti di carriera difficili da ottenere, così come gli scatti economici differenziali.

In pensione un dipendente su tre entro i prossimi dieci anni

Entro i prossimi dieci anni al massimo oltre un terzo dei dipendenti pubblici adesso in attività andrà in pensione: la stima arriva dall'Inps che nell'Osservatorio sul pubblico impiego sottolinea che i dipendenti pubblici con almeno 55 anni nel 2022 erano oltre 1,35 milioni, circa il 36%. La forza lavoro invecchia velocemente con appena il 22,1% dei travet che ha meno di 40 anni e appena il 6,75% meno di 30 e nei prossimi anni sarà determinante la politica di assunzioni per evitare che settori centrali a partire dalla scuola e dalla sanità restino a corto di personale. Il rischio esiste anche perché sono stati molti i casi di rinuncia di candidati ai concorsi pubblici soprattutto per qualifiche tecniche e sarà determinante anche l'offerta salariale in concorrenza con le aziende private. Nel pubblico al momento lavorano soprattutto donne (il 60,68% del totale), mentre i dipendenti sono distribuiti prevalentemente al Nord con il 42,8% del totale. Al Centro lavora il 23,9% del totale dei dipendenti pubblici, mentre il 33,2% è impiegato al Sud. Il dato che sfata il pregiudizio dell'impiego pubblico concentrato a Roma è legato alla composizione della popolazione residente per lo più al Nord. A Roma sono concentrati i lavoratori dei ministeri, mentre per scuola, sanità ed enti locali il personale è legato alla popolazione residente. La retribuzione media dei lavoratori con almeno una giornata retribuita è di 34.153 euro per una media di 278 giornate retribuite. Nell'anno il numero medio mensile di lavoratori pubblici è stato invece pari a 3.332.254 unità. La discrasia tra numero di lavoratori con almeno una giornata lavorativa e quello medio mensile è legato ai contratti a termine che possono essere anche molto brevi. La scuola nel complesso concentra il 39,7% sul totale dei dipendenti, ma questo è legato al fatto che è il settore con il numero più alto di contratti a termine (477.030, il 74,6% dei 639.620 contratti a termine totali). Il Servizio Sanitario ha il 20% dei dipendenti, le Amministrazioni locali (Regioni, Province, Comuni) il 15,2%, le Forze Armate, Corpi di polizia e Vigili del Fuoco il 14% e le Amministrazioni Centrali, Magistratura e Autorità Indipendenti il 5,19%. Il numero di lavoratori pubblici con contratto a tempo indeterminato nel 2022 è pari a 3.065.709 lavoratori, l'82,7% del totale, con una retribuzione media annua di 38.083 euro e 299 giornate medie retribuite. I lavoratori con contratto a tempo indeterminato sono stati nel complesso 639.620, con una retribuzione media di 15.316 euro e 177 giornate retribuite in media. Il monte retribuzioni nell'anno raggiunge i 126,5 miliardi di euro. Le donne guadagnano mediamente meno degli uomini con 30.262 euro medi a fronte dei 40.157 euro degli uomini. Il dato è legato al part time, più frequente tra le donne, e alle qualifiche con gli uomini che fanno più facilmente carriera rispetto alle donne soprattutto nel periodo della vita nel quale le donne sono concentrate anche sulla famiglia. Il divario retributivo è massimo nella classe di età 40-44 anni, in cui la retribuzione media delle lavoratrici è pari al 69,6% di quella dei lavoratori, e tocca il minimo nella classe 60-64 anni in cui la retribuzione media delle donne è pari all'82% di quella degli uomini. Nel complesso oltre il 60,4% dei lavoratori pubblici ha una retribuzione inferiore ai 35mila euro annui nel 2022, mentre il 13% presenta retribuzioni medie da 50mila euro in su. Il 3,91% del totale (144.818 lavoratori) ha buste paga che superano gli 80mila euro.

I rinnovi contrattuali

Il ministero dell’Economia e delle Finanze ha stanziato le risorse nella legge di Bilancio 2024 per i rinnovi contrattuali del pubblico impiego per il settore Stato (ministeri, ma anche comparto Sicurezza, Difesa, Vigili del Fuoco). A partire da gennaio si potrà dunque procedere ai rinnovi. Le amministrazioni che hanno autonomia di bilancio (Regioni, enti locali, Università eccetera) dovranno adeguarsi all’incremento percentuale delle retribuzioni (circa il 6%). L’Aran-Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni ha fatto un’ipotesi di incremento medio in valore assoluto, che è circa 170 euro, circa un 40-50 euro superiore a quello che è stato nel 2019-2021. «La legge di Bilancio ha stanziato risorse ingenti per i rinnovi 2022-2024: 7,3 miliardi di euro includendo anche la sanità, che è gestita dalle Regioni. Considerate anche le risorse che stanzieranno gli enti territoriali e l'anticipo per gli statali a dicembre, la legge di Bilancio porta in dote quasi dieci miliardi di euro». A dirlo è il ministro della Pubblica amministrazione Paolo Zangrillo. «Il nostro obiettivo - spiega - è quello di avviare, all'inizio dell'anno prossimo, le trattative per i rinnovi contrattuali 2022-2024 per tutti. Naturalmente facendo riferimento prima di tutto a quei comparti oggi più esposti. Mi riferisco a sicurezza e difesa, sanità ed enti locali. Questi ultimi, dovendo stanziare le risorse per i rinnovi a valere sui loro bilanci, non avranno l'anticipo a dicembre, e quindi abbiamo ritenuto corretto che le trattative per i rinnovi cominciassero da loro». Mentre sui tagli alle pensioni «stiamo lavorando a eventuali correttivi» anche perché, assicura il ministro «non vogliamo che, soprattutto nel settore sanitario, queste norme diventino un incentivo per accelerare le uscite». «Le risorse per i rinnovi contrattuali del pubblico impiego complessivamente ammontano a circa 10,5 miliardi di euro a regime. Questi aumenti riflettono un impegno significativo per migliorare le condizioni di lavoro nel settore pubblico e dare continuità alla contrattazione e costituiscono un passo positivo verso il riconoscimento del lavoro svolto dal personale pubblico in Italia». Lo sottolinea il presidente dell'Aran Antonio Naddeo. «Secondo le dichiarazioni del ministro Zangrillo sono state già avviate le procedure per l'emanazione degli atti di indirizzo, propedeutici per avviare le trattative in Aran. I primi contratti che dovrebbero partire all'inizio del 2024 sono quelli della sanità e delle funzioni locali», aggiunge Naddeo. «Per il triennio 2022-2024, l'articolo 10 della legge di Bilancio prevede un aumento di tre miliardi di euro per il 2024, che si aggiungono ai due miliardi di euro stanziati nel cosiddetto decreto anticipi, e cinque miliardi di euro annuali dal 2025 - precisa Naddeo -. A partire dal 2024, per tutti i dipendenti pubblici, è previsto un ulteriore aumento dell'indennità di vacanza contrattuale per il personale pubblico, pari a 6,7 volte il valore annuale, a titolo di anticipo sugli incrementi contrattuali». «Al personale statale a tempo indeterminato detto incremento viene pagato in una unica soluzione a dicembre 2023, a valere sulla competenza 2024, per effetto del decreto anticipi - tiene a precisare Naddeo -. Questi nuovi fondi si aggiungono a quelli già stanziati con la legge di Bilancio 2023, portando il totale a 5,5 miliardi di euro (comprensivi dei due miliardi di euro anticipati nel 2023) per il 2024 e 5,5 miliardi di euro annuali dal 2025». Si tratta di «un significativo incremento» che «unitamente alle innovazioni normative che potranno essere apportate con i nuovi contratti, rappresentano un importante riconoscimento per il settore della pubblica amministrazione».

Le nuove assunzioni

Una Pa più efficiente e meglio formata. A questo ambizioso obiettivo lavora il ministro Zangrillo, che ha annunciato una serie di misure, tra le quali l'assunzione in due anni di 320mila dipendenti, procedure concorsuali più agili e brevi e il rilancio della meritocrazia. «La pubblica amministrazione ha necessariamente bisogno di una immagine attrattiva, facendola vivere alle persone come una vera opportunità professionale», ha aggiunto. E qui si lega il discorso del merito, un concetto che non va più considerato un tabù nella Pa, altrimenti «ci condanniamo a essere una organizzazione diversa da tutte le altre». «Negli ultimi mesi ho sentito diverse teorie sul tema del merito, ho sentito persone qualificate raccontare che il merito, se portato alle estreme conseguenze, porta a un disagio psicologico perché le persone si sentono valutate nel loro valore. Io credo che il merito sia esattamente il contrario. Misurare il merito significa accompagnare la crescita delle persone, valorizzare i loro talenti, individuare le aree di debolezza e di miglioramento». Per quanto riguarda i concorsi, il ministro ha annunciato che presenterà un progetto «per ripensare le procedure concorsuali rendendole più agili e più brevi, e quindi più accessibili alle persone che vogliono misurarsi con l'opportunità di lavorare nella pubblica amministrazione». L'obiettivo è di impiegare un periodo non superiore a sei mesi dalla pubblicazione del bando fino all'assunzione. Mentre Marco Carlomagno, segretario generale di Flp, sindacato dei lavoratori pubblici e delle pubbliche funzioni, dice «basta assunzioni tappabuchi, serve un piano straordinario di assunzioni. Secondo una stima Flp, infatti, un aumento di un terzo della forza lavoro nella Pa nei prossimi tre anni comporterebbe un aumento del Pil per il Paese del 10%. «Un grande piano di potenziamento dell’organico che si autofinanzia», dichiara Carlomagno. Assunzioni, cioè, intese non come mero costo, ma come investimento: un nuovo organico, più numeroso e competente, da un lato assicurerebbe maggiore produttività e una Pa più efficiente e dall’altro genererebbe un naturale aumento dei consumi A tutto questo si aggiunge il tema del Pnnr e la sottovalutazione dal punto di vista degli investimenti della strategicità della funzione della Pa nella sua realizzazione. «Occorre integrare i fondi del Pnrr, che sono stati visti esclusivamente da un punto di vista strutturale, con competenze, assunzioni di personale, innovazione e un radicale cambio di quei processi delle pubbliche amministrazioni ancora obsoleti, ancora legati a modelli feudali», conclude Carlomagno.

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