sabato 16 gennaio 2021
Lunedì l'incontro in video-conferenza, Su affitti, costo del lavoro e tasse chiesto uno sgravio per evitare le chiusure definitive. Fipe-Confcommercio: nel 2002 persi 40 miliardi di fatturato
Navigli deserti per la chiusura di bar e  ristoranti

Navigli deserti per la chiusura di bar e ristoranti - Fotogramma

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Un piano di interventi urgenti per il settore dei pubblici esercizi costretti da un anno a vivere nell’incertezza totale fatta di coprifuoco, chiusure al pubblico e consegne a domicilio. Per fare il punto della situazione anche alla luce dell’ultimo dpcm e sul decreto Ristori 5 lunedì 18 gennaio – rigorosamente in video conferenza – ci sarà un incontro tra il ministro dello Sviluppo Economico Stefano Patuanelli, il sottosegretario Alessia Morani, Fipe-Confcommercio e i sindacati di categoria Filcams Cgil, Fisascat Cisl e Uiltucs Uil. Al governo i ristoratori chiederanno un cronoprogramma preciso per le riaperture, un intervento sulle locazioni dei locali, ristori da calcolare su base annuale e interventi che riaccompagnino per un periodo la ripresa con un alleggerimento del costo del lavoro sotto il profilo contributivo. Un "piano preciso" con "proposte concrete e di immediata applicabilità normativa" per risollevare uno dei settori più colpiti dalla crisi scatenata dalla pandemia e decisamente rilevante per la nostra economia. Secondo i dati di Fipe-Confcommercio la ristorazione dà lavoro ogni anno a 1,3 milioni di persone, (donne il 52%), genera un valore aggiunto pari a 46 miliardi di euro e con 21 miliardi all'anno rappresenta la seconda componente di spesa per i turisti stranieri in Italia. «Ormai è a rischio l'intero comparto. Chiudiamo il 2020 con 40 miliardi di minor fatturato. Di fronte ad un danno di questa portata, abbiamo ricevuto ristori per quasi 2,5 miliardi. Sono assolutamente inadeguati e quasi offensivi se considerati esaustivi e non un acconto rispetto al dovuto. Bisogna salvare le imprese» spiega il vicepresidente vicario di Fipe-Confcommercio, Aldo Cursano. L’appello è a fare presto per evitare che questo profondo rosso si trasformi in chiusura. Bisogna aumentare i ristori, rapportandoli alle perdite effettive subite e calcolandoli su base annuale, chiedono i ristoratori, riparametrare ogni fonte di costo, partendo dalle locazioni e finendo alla fiscalità, rispetto alla nuova situazione economica. «Se i costi continuano ad essere al 100% e le entrate al 20-30% non si può reggere. Occorrono un patto ed un progetto Paese. Abbiamo bisogno di risposte e di prospettive, e senso di responsabilità» dice Cursano.

Sulla stessa lunghezza d’onda il presidente di Fiepet Confesercenti, Giancarlo Banchieri. «Lunedì al ministro Patuanelli chiederemo tre cose: un cronoprogramma preciso per le riaperture, ristori consistenti e veloci e una riduzione dei costi strutturali, anche dopo almeno per un periodo: in particolare per abbassare un pò il costo del lavoro, sotto il profilo contributivo».

La responsabilità da parte dei titolari dei pubblici esercizi non è mai venuta meno in tutti questi mesi di chiusure e "riconversione" forzata all’asporto. Lo dimostra il flop dell'iniziativa #ioapro che non è stata sostenuta dalle categorie di settore, e si è limitata a qualche sporadica apertura sul territorio. «Condividiamo le ragioni della protesta ma non il metodo: c'è differenza tra un mi piace sui social e la realtà, e questa iniziativa avrebbe esposto aziende e clienti a rischi estremamente pesanti» ha detto ancora Cursano, a proposito della protesta nata sui social tra i ristoratori. «Non si può usare la disperazione delle persone per infrangere la legge. Bisogna sostenere le imprese, tenendo al centro la salute e la sicurezza, e programmare il 2021 che dia prospettive».

Coldiretti intanto ha stimato che sono oltre 256mila i bar, i ristoranti, le pizzerie e gli agriturismi costretti a chiudere nelle 15 regioni e provincia autonoma che nella nuova mappa da domani diventano rosse e arancioni per l'emergenza Covid. Le nuove regole in pratica costringeranno alla chiusura quasi 3 locali su 4 (71%) presenti in Italia fra bar, ristoranti, delle pizzerie e agriturismi.

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