venerdì 28 maggio 2010
Nel testo del decreto non verrà inserito alcun riferimento alla possibile abrogazione delle amministrazioni. Ma sulla mappa dei territori a rischio restano aperti molti interrogativi. Berlusconi: non ci saranno norme sull’abolizione. I Comuni all’attacco: sono un retaggio del centralismo.
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Berlusconi ha appena terminato il suo intervento all’assemblea annuale di Confindustria, quando il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Gianni Letta gli passa il telefonino. In linea c’è il presidente dell’Unione province italiane, Giuseppe Castiglione, che chiede al presidente del Consiglio di mettere la parola «fine» sul giallo che da quarantott’ore tiene banco nei palazzi della politica: l’abolizione di 10 Province è prevista nel decreto oppure no? «Il premier mi ha assicurato che nella manovra finanziaria non ci saranno norme sull’abolizione delle Province» dirà poco dopo Castiglione. Il Cavaliere lo ribadirà in serata a Parigi dopo aver partecipato al vertice Ocse. «Non c’è nessun accenno alle province». Nessun taglio dunque, come aveva anticipato il ministro Tremonti mercoledì sera. Caso chiuso, dunque? No, perché la mappa dei territori a rischio (da Biella a Matera, passando per Fermo e Ascoli Piceno) è comunque circolata e nessuno ha chiarito quale fosse la fonte interessata a far uscire il dossier della discordia.L’Upi, che ieri ha riunito il suo ufficio di presidenza, ha nel frattempo chiarito la sua «assoluta contrarietà» all’ipotesi di abolizione, sottolineando l’incostituzionalità di una misura del genere. L’articolo 133, comma 1, della Carta recita infatti che "il mutamento delle circoscrizioni provinciali e l’istituzione di nuove Provincie nell’ambito d’una Regione sono stabiliti con leggi della Repubblica, su iniziative dei Comuni, sentita la stessa Regione". C’è di più: il governo aveva già concertato nei mesi scorsi un piano di riorganizzazione delle province, varando un disegno di legge che è all’ordine del giorno della Camera, in Commissione Affari costituzionali. Relatore il pidiellino Donato Bruno. Per Castiglione, «la questione del riordino delle circoscrizioni provinciali va giocata nel contesto della Carta delle Autonomie», che proprio all’articolo 14 parla di «razionalizzazione».Quel che appare scontato, nei prossimi mesi, è comunque un giro di vite sugli enti locali. Ieri c’è stato un botta e risposta tra Province e Comuni. Per Sergio Chiamparino, presidente dell’Anci, le Province sono «un retaggio dell’impostazione centralistica dello Stato». «Quello dei Comuni è un retaggio medioevale» ha replicato Castiglione. Non è tanto il duello a colpi di battute, proseguito per tutta la giornata, a destare attenzione, quanto la sensazione che le istituzioni di governo locale abbiano compreso di essere arrivati al punto di non ritorno: le risorse non bastano più per tutti e, prima o poi, bisognerà tagliare radicalmente. Per ora prevale la mobilitazione comune contro la scure da 14 miliardi che si è abbattuta contro Regioni ed enti locali, ma prima o poi i nodi verranno al pettine. Lo stesso discorso vale per gli equilibri politici. La Lega non vuole che si tocchino i "feudi" governati da propri uomini, eppure la difesa a oltranza di Bossi e dei suoi è un’arma polemica importante in mano alle opposizioni. «Che cosa ha detto il governo con la manovra sulle Province? – si è chiesto Antonio Di Pietro, leader dell’Italia dei valori –. Ha detto che le Province della Lega non si toccano, mentre quelle del resto d’Italia si affondano». Anche l’Udc parla di «spot durato 24 ore» e sostiene, con Pier Ferdinando Casini, di voler aspettare «il testo definitivo» della manovra per un giudizio completo. Testo che probabilmente verrà presentato al Colle nella sua versione definitiva non appena Napolitano sarà tornato dal suo viaggio in America.
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