venerdì 10 dicembre 2010
Bruxelles non chiede nessuna manovra aggiuntiva all'Italia, se le stime di crescita e entrate del governo saranno confermate. A dirlo, prevedendo anche che l'Italia "tornerà ai livelli di crescita pre-crisi entro il 2012", è il commissario Ue agli Affari economici Olli Rehn. Che mette a tacere le ipotesi formulate dopo le nuove stime Ue, divergenti da quelle italiane e che per questo avevano fatto ipotizzare una manovra bis per correggere l'andamento dei conti pubblici.
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Bruxelles non chiede nessuna manovra aggiuntiva all'Italia, se le stime di crescita e entrate del governo saranno confermate.  A dirlo, prevedendo anche che l'Italia "tornerà ai livelli di crescita pre-crisi entro il 2012", è il commissario Ue agli Affari economici Olli Rehn. Che mette a tacere le ipotesi formulate dopo le nuove stime Ue, divergenti da quelle italiane e che per questo avevano fatto ipotizzare una manovra bis per correggere l'andamento dei conti pubblici. Dichiarazioni, quelle rese da Rehn a fianco di Tremonti in audizione e poi in conferenza stampa alla Camera, che danno ragione al ministro italiano: "è finita l'età del deficit spending" in Europa - dice Tremonti - "non c'è la tendenza a fare spesa pubblica per avere consenso politico".Certo, spiega Rehn, in Italia "non si renderanno necessari nuovi interventi ora, ma al tempo stesso sarà necessario un monitoraggio rigoroso sul lato della spesa e delle entrate" e "la verifica che siano rispettate le previsioni di crescita". Bruxelles prevede per l'Italia un deficit al 5% nel 2010, al 4,3% nel 2011 e al 3,5% nel 2012. Il governo stima invece un deficit al 5% nel 2010, al 3,9% nel 2011 e al 2,7% nel 2012. "È abbastanza normale avere queste discrepanze", ha commentato Rehn, prevedendo comunque un deficit "sotto il 3% del Pil entro il 2012, in linea con le nostre raccomandazioni". Anche se - ha osservato - "bisogna riconoscere che la crescita dell'economia italiana è piuttosto moderata", quindi occorre "aumentare il potenziale di crescita attraverso riforme strutturali". E anche la Banca d'Italia è d'accordo: la riforma del patto Ue che introduce la regola numerica sul debito "non richiede all'Italia sforzi superiori a quelli già significativi imposti dal conseguimento nel medio termine di un saldo strutturale prossimo al pareggio che da lungo tempo rappresenta l'obiettivo della politica di bilancio italiana", dice il direttore generale Ignazio Visco.Dichiarazioni 'soft' fra Roma e Bruxelles anche sul fronte del debito, che per l'Italia viaggia non lontano dal 120% del Pil, in valore assoluto al top dei Paesi europei. La riforma della governance economica Ue decisa dopo la crisi finanziaria impone un veloce calo verso il tetto del 60% del Pil fissato in origine dal Trattato di Maastricht. "Una questione delicata in Italia - ha riconosciuto Rehn - ma dall'entrata in vigore del nuovo pacchetto sulla governance (estate del 2011) ci sarà un periodo di transizione di tre anni prima dell'attuazione delle nuove regole". Inoltre - garantisce il finlandese - l'applicazione dei parametri non sarà automatica, ma soggetta a valutazione politica. Utilizzando dei "fattori attenuanti" come la spesa pensionistica e il debito privato, che dovrebbero mettere l'Italia in una posizione meno  svantaggiata. E Tremonti ha affermato che la dinamica del debito italiano "è inferiore ad altri paesi. Non è che è salito tanto il debito, è che è sceso il Pil e quello è un rapporto".
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