mercoledì 19 dicembre 2018
Paese fotografato dall’indagine sul Benessere equo e sostenibile 2018 dell’Istat. Migliora la condizione economica, ma gli italiani sono sempre più insoddisfatti
Più social e meno sociale
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Molto social e poco sociale. L’Italia è un Paese che mostra un’iperattività sulle piattaforme Internet, Facebook, Instagram o Twitter ma indietreggia pericolosamente nella sfera delle relazioni personali, con la sola eccezione del volontariato che porta ad un maggiore benessere soggettivo. È un Paese il nostro che è uscito dalla crisi dal punto di vista quantitativo: reddito, lavoro, salute sono in miglioramento ma allo stesso tempo gli italiani si dicono sempre più insoddisfatti, diffidenti rispetto al prossimo e avvertono «come tema centrale» quello della sicurezza, mentre rimane allarmante il tema di chi non studia e non cerca un lavoro: in Italia un giovane su quattro, il 24,1%, rientra in questa categoria. È questa la fotografia che scatta l’Istat nel Rapporto sul Benessere equo e sostenibile nel 2018. L’Istituto di statistica stima progressi che vanno dal lavoro e la conciliazione dei tempi di vita, con il 67% degli indicatori con variazioni positive, al benessere economico (80%) e all’innovazione, la ricerca e la creatività (86%). Al contrario, le relazioni sociali, con oltre un terzo degli indicatori in peggioramento, è l’ambito che «mostra le maggiori criticità nel breve periodo» e riporta le lancette dell’orologio al 2010 quando eravamo in piena crisi economica.

Insomma non basta la crescita del Pil a misurare lo sviluppo sostenibile di una nazione: la realtà è più complessa di un numero e i ricercatori dell’Istat hanno basato come di consueto la loro valutazione su un paniere di 130 indicatori, raggruppati in dodici 'domini': dalla Salute all’Istruzione, dal Lavoro e il Benessere economico passando per la Sicurezza, l’Ambiente e la Qualità dei servizi. Dall’indagine emerge chiaramente il calo della fiducia dei cittadini rispetto al sistema giudiziario, al Parlamento e ai partiti politici, mentre le valutazioni più positive riguardano le istituzioni come le forze dell’ordine e i vigili del fuoco. Dove il tema principale resta quello del lavoro: i livelli di occupazione dei 2064enni (62,3%) aumentano, ma a un ritmo più lento rispetto a quelli medi europei (72,2%) con un divario più ampio per le donne. E le condizioni del Mezzogiorno rimangono difficili: in Sicilia, ad esempio, la quota di mancata partecipazione al mercato del lavoro raggiunge il 40,8%, un valore dieci molte maggiore rispetto a quello registrato nella provincia autonoma di Bolzano che, insieme a quella di Trento, è anche la parte del Paese dove si vive meglio.

Tra gli indicatori più prettamente economici, il Rapporto Bes ci dice che il reddito aggiustato lordo disponibile pro capite delle famiglie nel 2017 è tornato ai livelli del 2010 (oltre 21mila euro) anche se risulta inferiore dell’1,7% alla media europea e del 7,8% alla media dell’area euro. Ma peggiora l’incidenza di povertà assoluta, basata sulla spesa per consumi, che riguarda il 6,9% delle famiglie (da 6,3% nel 2016) e l’8,4% degli individui (da 7,9%). «La recessione ha colpito – ha spiegato Elena Granaglia dell’Università di Roma Tre – soprattutto i ceti più bassi con un disavanzo che aumenta sempre più tra chi sta bene e chi sta male». Altro tema dolente è quello ambientale. Nel 2017 è peggiorata la qualità dell’aria nelle città, sia per le polveri sottili PM10 sia per il biossido di azoto. «Non ci rendiamo conto – ha concluso Fausto Manes del Dipartimento di biologia all’Università la Sapienza – che è proprio puntando alla qualità degli ecosistemi che miglioriamo la nostra salute e il nostro benessere».

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