mercoledì 29 febbraio 2012
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​Torna a vivere l’amata e contestata pensione di anzianità. Ma lo fa per fini di tutto rispetto, ossia per favorire i genitori di figli disabili gravi e coloro che, con la crisi, ci hanno rimesso il posto di lavoro. Infatti, papà o mamme che al 31 ottobre 2011 stavano fruendo del congedo straordinario per assistere il proprio figlio e avrebbero raggiunto i “40 anni” di servizio nei due anni di fruizione del congedo potranno andare in pensione secondo i requisiti previgenti alla riforma Fornero delle pensioni, in vigore dal 1° gennaio di quest’anno. La novità è prevista dalla legge n. 14/2012, pubblicata sulla G.U. del 27 febbraio, di conversione del cosiddetto “Milleproroghe” (il dl n. 216/2011). E non è l’unica novità; la stessa opportunità di andare in pensione con i vecchi requisiti, infatti, è prevista anche a favore dei lavoratori che hanno perso il lavoro entro il 31 dicembre 2011. Inoltre, per i lavoratori cosiddetti precoci è previsto lo stop fino al 2017 delle penalizzazioni sulla quota “retributiva” di pensione; per gli “esodati”, infine, la novità consiste nell’allungamento di un anno (da 59 a 60 anni) dell’età fino alla quale i lavoratori potranno restare a carico degli speciali fondi di solidarietà in attesa di avere la pensione. Vediamo nel dettaglio.La prima novità riguarda i lavoratori dipendenti, genitori di figli disabili gravi (situazione accertata in base alla legge n. 104/1992), che al 31 ottobre 2011 erano in congedo straordinario per assistenza ai propri figli (congedo previsto dall’articolo 42, comma 5, del Tu maternità, approvato dal dlgs n. 151/2001). Questi lavoratori potranno andare in pensione con i vecchi requisiti qualora maturino, entro 24 mesi dall’inizio del congedo, il requisito contributivo per l’accesso alla pensione indipendentemente dall’età anagrafica, ossia il requisito unico (i famosi “40 anni”) per la pensione di anzianità.  Trattandosi di “vecchi requisiti”, andrà comunque attesa la decorrenza della “finestra mobile”, pari a 12 mesi, prima di incassare il primo assegno di pensione.La seconda novità interessa i lavoratori il cui rapporto di lavoro si sia risolto entro il 31 dicembre 2011, in ragione di accordi di conciliazione oppure in applicazione di accordi collettivi d’incentivo all’esodo. Questi lavoratori potranno andare in pensione con i vecchi requisiti a patto che la data di cessazione del rapporto di lavoro risulti da elementi certi e oggettivi e il lavoratore sia in possesso dei requisiti di età e contribuzione che, in base alla previgente disciplina, avrebbero comportato la decorrenza della pensione entro il 31 dicembre 2013. Che vuol dire questo? Vuol dire che, di tale beneficio, potranno godere i lavoratori che avevano chiuso il rapporto di lavoro entro il 31 dicembre 2011 contando sul fatto di maturare i requisiti per la pensione durante l’anno in corso (2012); infatti solo in quest’ipotesi, una volta attesa la finestra mobile, si può incassare la pensione a partire dal 2013. La terza novità consiste di una piccola modifica a beneficio dei lavoratori cosiddetti “esodati”. Si tratta dei lavoratori per i quali sia stato previsto, da accordi collettivi stipulati entro il 4 dicembre, il diritto di accesso a fondi di solidarietà con incentivo all’esodo. Tali lavoratori possono andare in pensione con i vecchi requisiti vigenti al 31 dicembre 2011 restando a carico degli stessi fondi di solidarietà fino al compimento di almeno 60 anni di età (in precedenza era previsto fino 59 anni di età).L’ultima novità interessa i per i cosiddetti lavoratori “precoci” e consiste nel blocco fino al 2017 della penalizzazione della pensione. Si tratta, nello specifico, del nuovo meccanismo punitivo per i soggetti che, avendo cominciato a lavoratore da giovani, possono andare in pensione prima dei 62 anni d’età, contando sul solo requisito degli anni di contribuzione (avvalendosi, cioè, della nuova “pensione anticipata”). La riforma Fornero ha stabilito che, in questi casi (accesso alla pensione prima dei 62 anni d’età), sulla quota di pensione “retributiva” (quella cioè relativa alle anzianità contributive maturate prima del 1° gennaio 2012), venga applicata una riduzione percentuale di 1 punto percentuale per ogni anno di anticipo nell’accesso alla pensione rispetto all’età di 62 anni, nonché di 2 punti percentuali per ogni anno ulteriore di anticipo rispetto a primi due anni, ossia per gli anni di anticipo rispetto ai 60 anni. Il Milleproroghe sospende gli effetti di tale penalizzazione per i soggetti che maturano il requisito di anzianità contributiva entro il 31 dicembre 2017, a patto però che tale anzianità contributiva derivi esclusivamente da prestazioni effettive di lavoro, includendo i periodi di astensione obbligatoria per maternità, per assolvimento degli obblighi di leva, per infortunio, per malattia e cassa integrazione guadagni ordinaria.Per esempio, il lavoratore di classe 1957 che ha cominciato a lavorare a 15 anni, in assenza della riforma Fornero, l’anno prossimo raggiunti i 40 anni di contributi più l’ulteriore anno per la finestra mobile (in tutto, quindi, 41 anni di contributi) sarebbe potuto uscire dal lavoro all’età di 56 anni. Con la riforma Fornero, invece, deve lavorare un anno e più per raggiungere 42 anni e tre mesi di contributi (il nuovo requisito), potendo quindi uscire all’età di 57 anni. Ciò che è peggio e che, sempre con la riforma Fornero, il lavoratore subisce una penalizzazione sulla sua pensione, per via del predetto meccanismo punitivo. La penalizzazione è pari all’8% applicata alla quota di pensione “retributiva” (1 per cento per ciascuno dei primi due anni di età in anticipo rispetto a 62 anni e due per cento per ciascuno degli ulteriori tre anni di età in anticipo). Con la modifica del Milleproroghe non ci sarà la penalizzazione; e così anche per tutti i “precoci” che andranno in pensione entro il 31 dicembre 2017.
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