mercoledì 20 ottobre 2010
La Germania è riuscita a imbarcare la Francia nella richiesta di modificare il Trattato Ue. L’obiettivo è di introdurre nel 2012-2013 nuovi deterrenti contro i bilanci in rosso.
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All’indomani dell’accordo di lunedì tra i ministri dell’Ue, dalla seconda giornata del Consiglio Ecofin sono emersi ieri nuovi tasselli della progettata riforma del Patto di stabilità ma anche elementi di incertezza. Quel che è chiaro è che si prevedono sanzioni contro chi viola i limiti fissati dal Patto (deficit di bilancio non oltre il 3% e debito pubblico non superiore al 60% del prodotto interno lordo) e che le sanzioni entreranno in vigore sei mesi dopo un avvertimento solenne da parte della Commissione europea: a meno che il Paese sotto accusa non riesca a ottenere nel Consiglio Ecofin a maggioranza qualificata un voto di assoluzione o quantomeno per un’ulteriore sospensiva. Non è la formula di automaticità che la Germania chiedeva puntando a quello che è stato chiamato un «Panzer-Pakt» ma preannuncia un netto indurimento delle regole. Su altri punti importati della riforma del Patto che dovrebbe entrare a regime a fine 2012, l’intesa di Lussemburgo rimane vaga, almeno a quanto si è saputo mentre ieri l’Ecofin varava all’unanimtà un’intesa di massima per nuove regole ai fondi hedge e alternativi, con soddisfazione al commissario Michel Barnier che ha parlato di «un passo avanti davvero importante» verso la trasparenza delle operazioni finanziarie. Sulla riforma del Patto si è confermata l’impressione che servirà ancora non poco lavoro per una normativa chiara, completa e coerente del "novum pactum", come lo ha definito il ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, soddisfatto dell’intesa anche per la sua gestibilità dal punto di vista italiano. Della riforma si occuperanno ora i leader dell’Ue nel vertice del 28 e 29 ottobre, per passare poi la palla ai tecnici per il testo definitivo. Tra le questioni da definire compiutamente, a parte quella del peso della sanzioni per i Paesi che violassero le regole, c’è quella del modo nel quale dovrà essere calcolato il livello di indebitamento di un Paese agli effetti delle future procedure d’infrazione e relative misure punitive. L’Italia ha ottenuto, fin dal precedente vertice dei leader, che nel calcolo entri non solo il debito pubblico ma anche in qualche misura il debito delle famiglie, che in Italia (detentrice del record Ue di indebitamento pubblico) è assai basso rispetto agli altri Paesi dell’Unione. Se del debito privato si terrà conto in misura consistente, anche se mai alla pari con il debito pubblico, l’Italia ne trarrà un vantaggio. Ma vi si oppongono numerose capitali, compresa Berlino. Quando gli è stato chiesto un chiarimento, il commissario europeo alle finanze ha chiarito assai poco. Enigmaticamente Olli ha detto che si dovrebbe «tener conto del debito privato nella misura in cui esso incida sul pubblico», e un suo collaboratore ha aggiunto che di debito privato si parlerà «non come attenuante del pubblico» ma ai fini di una «valutazione complessiva di competitività». C’è poi un nodo che ancora più di questo promette scontri tra i Ventisette: la Germania è riuscita a imbarcare la Francia nella richiesta di modificare il Trattato Ue, prospettiva osteggiata da molti. L’obiettivo di Berlino è di introdurre nel 2012-2013 nel nuovo Patto altri due deterrenti contro i conti in rosso: la sospensione dei diritti di voto nei Consigli Ue per i Paesi spendaccioni e un meccanismo che imponga una procedura di «default ordinato» a chi va verso l’insolvenza. Sarebbe allora un vero Panzer-Pakt, ma al momento la maggioranza dei Ventisette frena.
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