lunedì 18 dicembre 2017
Lo ha ribadito il ministro dell'Economia in audizione alla Commissione d'inchiesta
Padoan: mai autorizzato nessun incontro
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Gli incontri avuti tra l'allora ministro Maria Elena Boschi e i vertici di Consob «li ho appresi dalla stampa». Così il ministro dell'Economia, Pier Carlo Padoan, in audizione davanti alla Commissione di inchiesta sulle banche. Alla domanda se avesse autorizzato la collega, Padoan ha ribadito: «Non ho mai autorizzato nessuno a parlare con qualcuno né a ho richiesto che qualcuno venisse a riferire a me». Il ministro ha riferito anche di non aver mai incontrato l'ex ad di Veneto Banca Vincenzo Consoli, né l'ex vicepresidente di Banca Etruria Pier Luigi Boschi. E, rispondendo alle domande dei parlamentari in commissione d'inchiesta sulle banche, ha aggiunto di aver visto «moltissime volte Ghizzoni» con il quale «abbiamo parlato di tante cose: scenari globali, mercato bancario italiano ma non abbiamo mai parlato della situazione della banca specifica». «Le discussioni a livello di governo sulle questioni relative a banche in situazioni di difficoltà - ha aggiunto Padoan - avvenivano in modo molto continuo tra presidente del Consiglio e me, poi ci sono state altre rare occasioni in cui queste cose venivano discusse in gruppi più ampi di governo ma essenzialmente la discussione sui casi bancari è stata tra il presidente del Consiglio e il sottoscritto».

L'Italia non poteva andare contro la Ue in «maniera unilaterale» per salvare le quattro banche finite poi in risoluzione attraverso la soluzione del Fondo Interbancario di tutela dei depositi a fine 2015. Lo ha ribadito il ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan in audizione alla Commissione d'inchiesta
che ha sottolineato come «nel dibattito politico sulla gestione delle crisi si sente spesso suggerire questo tipo di approccio unilaterale». «Ricordo anzitutto - spiega il ministro - che uno Stato membro non può dare esecuzione a misure di aiuto prima di una decisione positiva della Commissione europea. Se si fosse proceduto senza notificare gli interventi del Fondo alla Commissione, essi sarebbero stati dichiarati incompatibili con il quadro normativo europeo sugli aiuti di Stato o con la Brrd, con conseguente obbligo di restituzione, come avvenuto nel caso Tercas. Questo rischio avrebbe comportato in primo luogo l'impossibilità di trovare terzi acquirenti per le banche ricapitalizzate dal Fondo. Infatti, l'estrema incertezza sulla tenuta giuridica dell'operazione e sulle ricadute economiche per l'acquirente avrebbe ovviamente disincentivato qualsiasi offerta». «Inoltre - continua Padoan - dal punto di vista patrimoniale, la ricapitalizzazione delle banche da parte del Fondo sarebbe stata completamente neutralizzata dalla necessità, per le stesse banche, di effettuare un accantonamento di tipo contabile a fronte delle future azioni della Commissione». «Infine, la ricapitalizzazione delle banche a opera del Fondo avrebbe comportato il necessario intervento della Bce la quale, come hanno dimostrato anche gli eventi successivi, non avrebbe autorizzato l'acquisto in assenza di un parere favorevole della Commissione europea». Le autorità di vigilanza bancaria si sono trovate ad «affrontare una fase di transizione che ha spostato a livello europeo le competenze, il processo è ancora in corso. Malgrado la difficoltà c'è stata una sostanziale capacita di gestione del sistema. Al netto delle modifiche delle regole non si possono escludere casi in cui responsabilità importanti a livello di singoli istituti» sono possibili. «Non mi sono lamentato dell'attività di Bankitalia», ha sottolineato Padoan. Anche se la vigilanza avrebbe potuto «fare meglio» in casi specifici come Veneto banca e Popolare Vicenza.

Alla data odierna, tenendo conto delle operazioni già definite e in corso di completamento, il valore dei crediti deteriorati è stimabile in 287 miliardi, con una sensibile riduzione dal picco di 361 miliardi raggiunto nel 2015.
Lo ha detto il ministro dell'Economia, aggiungendo che il rapporto tra crediti deteriorati lordi e totale dei crediti, dopo aver raggiunto il picco del 18,2% nel 2015, al 18,2%, è sceso al 14,4% mentre il rapporto tra i crediti netti e il totale dei crediti è passato invece dal 10,9% all'8%. Audito in commissione d'inchiesta sul sistema bancario, il ministro ha ripercorso i recenti casi di crisi e si è soffermato sulle procedure di rimborso ai risparmiatori che si sono visti azzerare i bond junior nell'ambito delle procedure di risoluzione o di burden sharing. Nel caso di Banca Etruria, Marche, Cari Ferrara e Cari Chieti, a fronte di obbligazioni per 340 milioni sono stimati rimborsi per 190 milioni. «Gli investitori che non hanno le condizioni per l'accesso al rimborso forfettario e che ritengono di poter dimostrare di essere stati danneggiati per la violazione delle regole sul collocamento dei prodotti da parte delle banche possono chiedere il rimborso integrale delle somme investite, al netto delle eccedenze di plusvalenza, facendo istanza al meccanismo arbitrale», ha ricordato Padoan. Nel caso di Veneto banca e Popolare di Vicenza, gli obbligazionisti subordinati al dettaglio hanno potuto presentare domanda di indennizzo forfettario fino al 30 settembre 2017. Sono pervenute 8.090 istanze per un importo complessivo di poco inferiore a 50 milioni di euro, ha detto Padoan. I rimborsi sono a carico del sistema bancario tramite il Fondo di tutela dei depositi. Mentre la decisione di confermare il governatore della Banca d'Italia Ignazio Visco è stata ispirata «essenzialmente alla continuità istituzionale in un contesto in cui seppure in fase di miglioramento dell'economia l'andamento dell'Italia continua a essere importante. Si è voluto dare un segnale ai mercati. Pur riconoscendo che in alcuni singoli casi la vigilanza poteva fare meglio, ciò avveniva in contesto di cambiamento delle norme europee e di crisi economica».

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