venerdì 13 settembre 2013
​Secondo Tiziano Treu (nella foto), curatore del volume Employability per persone e imprese, l’Italia sconta una sorta di deficit culturale che imprigiona le scelte in materia lavorativa in una logica di difesa passiva del posto di lavoro.
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​Secondo quanto comunicato dall’Istat a fine luglio, il tasso di disoccupazione nel secondo trimestre del 2013 ha toccato quota 12%, con oltre tre milioni di persone in cerca di lavoro e oltre la metà di queste con più di 35 anni.   All’interno di questi dati, ormai tristemente noti, esiste una realtà spesso troppo poco commentata: si tratta dei disoccupati di lunga durata, vale a dire coloro i quali non hanno un impiego da più di 12 mesi, non lo trovano e non possono contare su alcun tipo di sussidio. I disoccupati di lunga durata, secondo dati del Ministero del Lavoro, sono raddoppiati in cinque anni, passando dai 704mila del 2007 a 1,439 milioni di fine 2012 e nell'ultimo anno, in particolare, la bolla s'è gonfiata del 25%: dunque più di un disoccupato su due è di lungo corso. La maggioranza (724mila nell'ultimo anno) ha più di 35 anni e gli uomini sono di poco più numerosi rispetto alle donne (371mila contro 353mila). Manca in Italia un’attenzione legislativa e sociale a questa tematica: nel volume Employability per persone e imprese, pubblicato da Guerini e Associati all’interno della collana “Il futuro del lavoro, I lavori del futuro” in collaborazione con Gi Group Academy (la fondazione di Gi Group, prima multinazionale italiana del lavoro, nata per promuovere lo sviluppo della cultura del lavoro) e Intoo (società di Gi Group leader in Italia nei servizi di continuità professionale), si pone una nuova attenzione alla normativa italiana in merito alle politiche attive del lavoro. Accanto ad essa, vengono, inoltre, riassunte le analoghe esperienze europee, analizzando le singole normative di Francia, Germania, Belgio, Paesi Bassi e Spagna. Da queste analisi appare chiaro che, se il licenziamento fosse accompagnato da programmi di ricollocamento costruiti intorno alle esigenze di ogni singolo lavoratore, il periodo di disoccupazione potrebbe essere notevolmente ridotto. Secondo Tiziano Treu, curatore del volume, l’Italia sconta una sorta di deficit culturale che imprigiona le scelte in materia lavorativa in una logica di difesa passiva del posto di lavoro, a scapito dello sviluppo dell’employability: si crea così un circolo vizioso che conduce all’irrigidimento del mercato del lavoro, chiuso a qualsiasi tipo di evoluzione. “È invece necessario sposare un sistema di politiche attive del lavoro che da un lato sgravino lo Stato da una funzione assistenzialista, costosa e inefficace, e dall’altro creino opportunità concrete di reinserimento”, conclude il senatore della Repubblica.“Con questa pubblicazione - aggiunge Stefano Colli-Lanzi, CEO di Gi Group - desideriamo sollecitare una presa di coscienza dell’importanza dell’outplacement e del fondamentale valore delle politiche attive – ancora in larga parte da sviluppare – con l’obiettivo di mettere in evidenza che, almeno nel campo del welfare, esistono strade diverse dal tradizionale approccio esclusivamente assistenzialista”. L’opera verrà presentata ufficialmente il 18 settembre a Roma, presso l’Hotel Nazionale di Piazza Montecitorio, 131 in occasione di un convegno sulla ricollocazione professionale, organizzato da Gi Group Academy e Intoo. A partire dalle 16:30, le parti sociali, prima, Cesare Damiano – Presidente Commissione Lavoro Camera – e Pietro Ichino – Commissione Lavoro Senato -, dopo, si confronteranno in una tavola rotonda sul tema. Le conclusioni saranno affidate a Carlo Dell’Aringa – Sottosegretario Ministero del Lavoro.Coloro che sono interessati a partecipare all’evento, possono richiedere maggiori informazioni e confermare la loro presenza al seguente indirizzo di posta elettronica: publicaffairs@gigroup.com.
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