domenica 16 gennaio 2011
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Il sociologo, ex sindacalista Cisl, sul referendum nello stabilimento Fiat «La svolta epocale è nel mondo, e le relazioni industriali si devono adattare I lavoratori schiavi? Un’invenzione». «Il cambiamento epocale è nel mondo. Sono le relazioni industriali che si devono adattare al mondo, non viceversa». Qualcosa però sembra muoversi. Anche nella nuova Fiat.«Io spero ardentemente che si possa realizzare un salto verso la partecipazione, perché non si può chiedere responsabilità senza far partecipare i lavoratori. I limiti del conflitto li abbiamo visti tutti. Ora bisogna rivendicare la formula partecipativa».Modello Ig-Metall?«Beh, quel modello il sindacato tedesco se l’è trovato bell’e fatto, l’hanno imposto gli americani nel dopoguerra a Konrad Adenauer perché dovendo ricostruire l’industria tedesca si temeva che i grandi cartelli potessero approfittarsene e occorreva bilanciarne il potere. Poi c’è l’azionariato collettivo, come in America. Da noi Ichino e Castro hanno teorizzato la possibilità della partecipazione, ma non l’obbligo».Nell’accordo Fiat c’è qualche apertura partecipativa di tipo tecnico.«Sì, su come si gestisce un isola, per esempio. E c’è chi ritiene opportuno che il team leader venga eletto direttamente dai lavoratori: se vuoi fare la qualità non devi avere dei robot o degli schiavi. Diversa invece è la partecipazione strategica, che presupporrebbe nel cda rappresentanti eletti da tutti i dipendenti, non solo sindacalisti, che giudicano il cda e dicono la loro sulle grandi scelte. Questa secondo me è la strada virtuosa. Ed è un’occasione unica».Come giudica Marchionne: un marziano, un rivoluzionario?«Macché, è un manager con una grandissima esperienza sui temi finanziari, che ha mostrato di avere anche capacità strategiche. Non a caso fu Umberto Agnelli a scoprirlo. Certamente non è un uomo di fabbrica che si intende di relazioni sindacali. Anzi, ne è vagamente infastidito. E poi ci sono due Marchionne: quello che ha operato bene e silenziosamente per anni e quello che ormai ogni giorno parla e straparla».Cesare Romiti avrebbe fatto meglio?«Non credo. Con Romiti ne abbiamo visti di tutti i colori, ma soprattutto la dispersione di una parte notevole del capitale industriale in altre direzioni. Marchionne invece deve salvare la baracca. E questa è tutta un’altra situazione».Insomma, non mitizziamo questo accordo e nemmeno i referendum Pomigliano-Mirafiori. Giusto?«Posso dire una cosa?»Siamo qui per questo.«Io sono rimasto veramente disgustato da un certo giornalismo, che su Mirafiori come faziosità e disinformazione ha rivaleggiato con i peggiori fogli della destra».In che modo?«Hanno dipinto un mondo di operai-schiavi, scegliendo accuratamente solo certe particolari testimonianze».A vantaggio di chi?«Per una certa intellettualità di sinistra non c’è nulla di più eccitante di una bella sconfitta operaia. Bandiere che sventolano, lacrime, rimpianti...».La famosa "sinistra divina", quella degli "intellos", come la chiamava il suo collega Jean Baudrillard...«Agli intellettuali piace perdere e soprattutto far perdere: a loro non interessa niente della sorte degli operai, la loro sconfitta gli serve per far trionfare una certa critica del capitalismo».A Mirafiori fortunatamente se ne son visti molto pochi.
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