venerdì 15 gennaio 2010
Attesi circa 100 miliardi di dollari da 50 big del credito. «La mia idea si rafforza quando vedo i massicci profitti e i bonus osceni che continuano ad elargire».
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«Rivogliamo i nostri soldi, e li riavremo». Ieri, il presidente americano Barack Obama è stato molto chiaro, annunciando una tassa da applicare alle maggiori banche – finalizzata a ripagare il governo per il "salvataggio" d’emergenza messo in atto nell’ottobre 2008 nel mezzo della peggiore crisi finanziaria del Paese. «Il mio impegno è recuperare ogni singolo centesimo dovuto agli americani», ha ribadito il capo della Casa Bianca, sottolineando che tale determinazione viene rafforzata alla vista «degli enormi profitti e dei bonus osceni» da parte delle società «che devono la propria sopravvivenza al popolo americano», mentre il Paese «non è ancora uscito dalla crisi e continua a fronteggiare le difficoltà della recessione».Imponendo, a partire dal 30 giugno, un tassa del 15% sulle passività di bilancio delle maggiori società finanziarie – quelle cioè con un capitale di oltre 50 miliardi di dollari quali Citigroup, Bank of America e Aig – il governo ritiene di poter coprire nei prossimi 10 anni, almeno un centinaio dei 700 miliardi di dollari approvati dal Congresso per gli aiuti alle banche, così da far fronte ai 117 miliardi di dollari non ancora restituiti. Coinvolte dalla «tassa su Wall Street» sarebbero circa 50 società, anche se il 60% dei fondi proverrebbe dalle maggiori dieci, indipendentemente dal fatto che abbiano ripagato o no il debito con gli americani. Secondo Obama, infatti, si parla di una parcella di «responsabilità per la crisi finanziaria», non un mezzo per «punire» le banche, quanto piuttosto un modo per essere certi che gli eccessi e gli abusi del passato non si ripetano, anche perché sarebbero ancora palesi «gli atteggiamenti rischiosi» che hanno portato alla crisi.Aiutate dalla ripresa del mercato azionario, le istituzioni soccorse dal governo avrebbero ripagato in fretta i fondi Tarp (il programma di aiuti per le società in crisi messo in atto dall’ex presidente Bush) e, una volta liberatesi dalle regole sui compensi fissate per i beneficiari dei finanziamenti pubblici, sarebbero tornate a elargire bonus miliardari. «Invece di usare denaro per spese legali» per fermare la proposta di tassa – che, inserita nella legge finanziaria 2011 prevista per febbraio, dovrà essere approvata dal Congresso – Wall Street «dovrebbe trovare il modo di pagarla riottenendo i bonus dai manager», ha suggerito Obama, anticipando le proteste dell’industria finanziaria.Ci si aspetta infatti che le banche mettano in atto una pesante campagna contro la tassa, scatenando lobbisti e studi legali, sostenendo che tale costo equivarrebbe alla perdita di capitale investibile nell’economia, e che si tratterebbe di una discriminazione in quanto la tassa colpisce società che hanno ripagato i debiti con il governo e altre che non hanno mai chiesto l’aiuto pubblico, mentre lascia indisturbate alcune quali General Motors e Chrysler Group che probabilmente non restituiranno mai i 66 miliardi di dollari ricevuti dagli americani.
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