mercoledì 9 dicembre 2020
L’azienda ha brevettato l’Econyl, che si ottiene da rifiuti come reti da pesca o scarti di tessuto
Giulio Bonazzi

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Noi facciamo vera economia circolare: lei mi dà una rete da pesca e io le restituisco la fibra per il tappeto, lei mi dà il tappeto e io le restituisco il polimero con cui poter realizzare un paio di occhiali, oppure sedie, tavolini, lampade, tende. Noi torniamo indietro di un solo passo, non di più, nella catena chimica, e riportiamo lo scarto alla sua origine di materia prima: così facendo evitiamo gli sprechi poiché ricicliamo all’infinito anche i materiali altrimenti irrecuperabili e dimostriamo che non è più necessario sottrarre risorse preziose all’ambiente». A parlare è Giulio Bonazzi, Chairman e Ceo di Aquafil, il gruppo di Arco (Trento) che da più di 50 anni è leader europeo - e tra i primi al mondo - nella produzione del Polyamide 6, conosciuto come Nylon, e inventore dell’innovativo filato Econyl, lanciato sul mercato nel 2011. «Econyl è un ingrediente che aiuta a chiudere il cerchio virtuoso tra sostenibilità e creatività; ottenuto da rifiuti tipo reti da pesca, scarti di tessuto, moquette usata, plastica industriale, è riciclabile all’infinito e moltiplica le possibilità, per i creativi e gli innovatori, di generare nuove idee».Cinquantasette anni, figlio di imprenditori, Bonazzi è praticamente cresciuto nell’azienda di famiglia dove, osservando il lavoro dei genitori, ha imparato a gettare il cuore oltre l’ostacolo: «Nel 1965 in Aquafil producevamo impermeabili e successivamente abbiamo cominciato ad acquistare il filato di nylon e a ragionare su economie di scala. Mio padre a quel tempo si era rivolto alla DuPont, in Svizzera, dove scoprì che un prodotto che utilizzava grandi quantità di filato di nylon era la moquette e si mise, perciò, alla ricerca di clienti in quell’ambito». Sono stati due fattori precisi – la necessità di risparmiare acqua, energia elettrica, materie prime e la richiesta di alcuni importanti clienti di acquistare materiali provenienti da fonti rinnovabili – a mettere Aquafil sulla strada dello sviluppo tecnologico ed ecologico. «Nel 2007 abbiamo cominciato a lavorare sugli scarti, non solo post consumo ma anche di lavorazione industriale, concentrandoci ad esempio sulle reti da pesca usate, di cui ci approvvigioniamo grazie ad accordi stretti con allevatori di salmone e branzino del Nord Europa, con volontari impegnati nel recupero delle reti dai fondali marini e per mezzo di progetti ad hoc sviluppati con i pescatori delle Filippine», spiega ancora l’imprenditore trentino, che continua: «Dopo aver selezionato e lavato i rifiuti, questi vengono rigenerati fino a tornare alla materia prima che li compone, il caprolattame (monomero che compone il Nylon 6 e che è alla base del nostro innovativo filato) con un processo chimico certificato. Oggi il nylon rigenerato Econyl rappresenta il 38% della nostra produzione ma vogliamo arrivare al 100% entro i prossimi cinque anni; di recente abbiamo fatto un investimento di 200 milioni di euro, consapevoli che con questa speciale fibra sintetica abbiamo margini di guadagno superiori al 20% e costi in continua diminuzione».Attualmente il 70% del filato Econyl viene usato per realizzare moquette e rivestimenti per automobili mentre il resto viene acquistato dall’industria tessile per farne capi tecnici e sportivi ed oggetti di arredamento: tra le grandi griffes che lo utilizzano ci sono anche Prada, Stella Mc Cartney, Adidas. Il gruppo industriale, dal 2017 quotato in Borsa e vincitore di numerosi premi internazionali per l’innovazione, ha oggi circa 3000 dipendenti, sedici stabilimenti in attività in sette Paesi (e tre continenti) e una società di ingegneria a Berlino; inoltre, collabora con università e centri di ricerca italiani e internazionali. «La nostra è una sfida continua che stiamo portando avanti coinvolgendo e collaborando con settori diversi dal nostro, penso all’alimentare o al cartario, e impegnandoci quotidianamente per educare al rispetto dell’ambiente, per sostenere le comunità locali, formare i giovani e incentivare l’inclusione delle diversità».

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