sabato 18 gennaio 2020
Il passivo di famiglie, imprese e governi ha raggiunto i 253mila miliardi di dollari e il 322% del Pil. Adesso che la crescita rallenta la montagna di prestiti da rimborsare è vista con preoccupazione
I soldati dell'esercito svizzero hanno allestito recinzioni attorno al Centro Congressi, sede del 50 ° World Economic Forum WEF, a Davos, in Svizzera, dal 13 gennaio 2020.

I soldati dell'esercito svizzero hanno allestito recinzioni attorno al Centro Congressi, sede del 50 ° World Economic Forum WEF, a Davos, in Svizzera, dal 13 gennaio 2020. - Epa

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Parte a Davos la 50esima edizione del World Economic Forum: il meeting annuale, che apre i battenti martedì, durerà fino a venerdì e vedrà la partecipazione del gotha politico ed economico mondiale. Oltre 3.000 gli invitati. Il convegno ha cadenza annuale fin dal 1971: quell’anno si tenne l’European Management Symposium, una conferenza accademica, economica e di gestione presieduta da Klaus Schwab. Ogni anno si affronta un argomento diverso, in quest’edizione il "capitalismo sostenibile".

Nei primi nove mesi del 2019 governi, aziende e famiglie hanno accumulato nuovi debiti al ritmo di mille miliardi di dollari al mese. Il risultato, ha avvertito l’Istitituto di Finanza Internazionale (Iif) nel suo ultimo Global Debt Monitor, è che il debito mondiale a fine settembre 2019 ha raggiunto i 253mila miliardi di dollari, 9mila in più rispetto a dicembre 2018. È un nuovo record in valore assoluto ed è un nuovo primato anche rispetto al Prodotto interno lordo mondiale: il rapporto debito/Pil globale è salito al 322%. Come record non dureranno molto: già nei primi tre mesi di quest’anno, secondo le stime dell’Iif il debito mondiale raggiungerà i 257mila miliardi.


90.520
I miliardi di dollari che il Pil globale dovrebbe avere raggiunto nel 2019 secondo il Fmi

+3,6%
La crescita del Pil mondiale prevista dal Fmi per il 2020, in calo dal +3,9% del 2019

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Il Pil pro capite globale, in dollari. Per l’Italia sono 32.950 dollari

L’Iif evita i toni allarmisti: i suoi 450 membri, banche e organizzazioni finanziarie di 70 Paesi, sono i creditori di buona parte di quei debiti. Però invita a ricordare, già nel titolo del suo studio, che la “sostenibilità” conta. E qui non si parla di sostenibilità ambientale, ma proprio finanziaria. Perché, come ricordano gli studiosi della Banca Mondiale nel recente rapporto Le onde globali del debito, negli ultimi cinquant’anni abbiamo visto quattro grandi fasi di espansione del debito mondiale: le prime tre hanno generato grandi crisi finanziarie, la quarta, iniziata nel 2010, è ancora in corso. Se ultimamente l’attenzione per i livelli mondiali di debito sta crescendo è perché la crescita dell’economia globale nel 2019 è scesa ai livelli più bassi dai tempi della crisi. Finché l’economia va bene i debitori riescono a rimborsare le rate dei prestiti, ma è quando le cose non vanno che emergono i problemi degli investimenti sbagliati fatti a debito. I bassissimi tassi in cui è possibile finanziarsi in buona parte del mondo hanno naturalmente contribuito alla crescita del debito complessivo.

Attualmente, di quei 253mila miliardi di debiti 48mila sono delle famiglie, 74mila delle imprese, 69mila dei governi e 62mila del settore finanziario. In nove nazioni, compresi Francia e Svizzera, si è registrato il picco storico del debito delle famiglie; sei Paesi, compresi gli Stati Uniti e ancora la Francia, hanno segnato il record dei debiti delle imprese; Australia e Stati Uniti hanno infine fatto il primato per rapporto debito pubblico-Pil. Nella classifica mondiale di chi ha aumentato più il debito tra il 2018 e il 2019 l’Italia è al settimo posto, con una crescita nell’ordine dell’8% quasi per intero dovuto all’aumento del debito pubblico.
La preoccupazione dell’Iif riguarda soprattutto le imprese delle economie emergenti, che pur contando per una fetta limitata del debito globale (31mila miliardi su 253mila) sono quelle in cui i debiti sono aumentati di più, con un raddoppio rispetto ai livelli del 2010. L’attenzione è per le loro aziende, molte delle quali sono però controllate dallo Stato: l’Iif cita il caso della Cina, il cui debito complessivo ha raggiunto il 310% del Pil e dove l’80% del debito è attribuibile ad aziende direttamente o indirettamente controllate dallo Stato.

La Cina è guardata con particolare preoccupazione anche per il suo programma Belt and Road, la cosiddetta Nuova Via della Seta. Il piano cinese prevede 690 miliardi di dollari di finanziamenti all’estero: «Circa metà dei flussi internazionali del progetto sono diretti a regioni con un alto rischio per il cambiamento climatico e un buon numero di queste nazioni ha livelli di indebitamento elevati e in crescita». Nelle economie emergenti 8.300 miliardi di debiti sono in valuta estera, che sono quelli che più preoccupano perché i governi non hanno la possibilità di svalutare la moneta per ammorbidirli. Tra le nazioni sviluppate e quelle emergenti nel 2020 ci sono da rimborsare prestiti obbligazionari o sindacati per 19mila miliardi di dollari, molto del debito riguarda Cina, India e Brasile tra gli emergenti e Stati Uniti, Giappone e Germania tra le economie mature. L’Iif non nasconde che il rischio di rifinanziamento per i debitori è «ad alti livelli».

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