lunedì 11 novembre 2013
COMMENTA E CONDIVIDI
Si chiamano social impact bond (Sib) e sono lo strumento finanziario su cui si stanno concentrando l’attenzione e le speranze di molti fra coloro che operano nel campo della finanza al servizio del sociale. Che vedono nei Sib una grande opportunità per mobilitare risorse da utilizzare per sostenere, innovare e rimodellare il Welfare.Fondazione Cariplo ha presentato in questi giorni, all’interno degli appuntamenti previsti dalla Settimana dell’Investimento sostenibile e responsabile, un quaderno di ricerca sui Sib realizzato da Avanzi, che ha messo in luce caratteristiche, potenzialità e problematiche nell’utilizzo di questi strumenti. I Sib essenzialmente prevedono che capitali privati finanzino progetti miranti a raggiungere precisi obiettivi sociali e a ottenere conseguenti risparmi di spesa pubblica. Capitali che vengono remunerati, però, solo se si raggiungono i risultati e si ottengono quei risparmi.Il primo caso di Sib al mondo data 2010, in Gran Bretagna, dov’è stato utilizzato per un progetto legato al penitenziario di Peterborough che mirava a ridurre la recidiva almeno del 7,5%. Poi, però, il Sib non è decollato, tanto che lo studio di Avanzi cita solo tre casi avviati e un’altra dozzina in fase di lancio o sviluppo. Perché numeri così bassi? Perché i Sib hanno tanti pregi, ma pongono anche non pochi problemi. «È una frontiera da esplorare – ha sintetizzato Giuseppe Guzzetti, presidente di Fondazione Cariplo – per cercare soluzioni, se vi sono, che aiutino il nostro Paese a ridisegnare un nuovo welfare, anche attraverso una finanza responsabile». I Sib, infatti, chiamano in causa una molteplicità di soggetti diversi che devono trovare il modo di coordinarsi, richiedono una scala elevata, sono rischiosi per chi investe e necessitano di misure e indicatori in buona parte ancora da definire. D’altro canto, sembrano ideali per stimolare l’innovazione e promuovere una cultura del risultato nella Pa e negli operatori del sociale. E possono far risparmiare lo Stato, che spende comunque meno e solo a risultati raggiunti.Il passo successivo da fare, allora, sarebbe quello di «avviare un progetto pilota – ha spiegato Davide Dal Maso, di Avanzi - per verificare i vantaggi dello strumento». Certo, non ci sono solo i Sib per puntellare il Welfare a corto di risorse. Un altro strumento sono i bond sociali, come ad esempio quello appena emesso da Intesa Sanpaolo, il primo titolo obbligazionario «serie speciale Banca Prossima» per finanziare (fino a 50 milioni di euro) organizzazioni non profit a tasso agevolato: «Da anni lavoriamo – ha sottolineato l’ad di Banca Prossima, Marco Morganti – attivando strumenti innovativi, questo è un primo grande strumento "industriale", perché può trasformarsi in prestiti a condizioni agevolate».Nel complesso, il settore dell’impact investing, o investimenti a impatto (sociale), secondo il World economic forum varrà 500 miliardi di dollari entro il 2020. Anche il G8 si è mosso, attivando una task force sull’impact investing che nel 2014 dovrebbe produrre il primo rapporto. Sembra, dunque, che valga almeno la pena di provarci.
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: