martedì 22 dicembre 2009
Il Consiglio dei ministri ha dato il via libera al decreto legislativo che definisce i criteri per l'individuazione dei siti dove verranno costruite le nuove centrali nucleari. Il decreto andrà ora al vaglio delle commissioni parlamentari competenti, poi tornerà in Cdm per l'approvazione definitiva.
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È il primo passo nel cammino che dovrebbe riportare l’Italia al nucleare. Il consiglio dei ministri ha approvato il decreto legislativo che indica i criteri per individuare le località dove costruire le centrali, gli impianti per la produzione del combustibile atomico, il deposito per le scorie radioattive. I siti prescelti godranno di numerosi benefici: finanziamenti agli enti locali e sconti ai cittadini sulla bolletta elettrica, sui rifiuti e le tasse. Il ministro dello Sviluppo economico Claudio Scajola definisce la decisione e «un importante tassello all’iter per giungere, nel 2013, alla costruzione della prima centrale elettrica nucleare». Fulvio Conti, direttore generale Enel, parla di «pietra miliare» per avviare «un rinascimento industriale e tecnico del sistema produttivo e scientifico del nostro Paese». Tra quattro anni il governo punta alla posa della prima pietra per concludere il primo impianto nel 2018 e nel 2020 gli altri tre. Protesta il centrosinistra. Il Pd parla di decisioni imposte alle Regioni e di costi esorbitanti, 25 miliardi per quattro centrali dalla tecnologia già vecchia. L’Idv promette un nuovo referendum abrogativo dopo quello del 1987.La riunione del Consiglio dei ministri scorre rapidamente. In tre quarti d’ora l’esecutivo approva il decreto legislativo proposto da Scajola. «Abbiamo fissato i criteri per la localizzazione dei siti – spiega il ministro per lo Sviluppo economico – dando come obiettivo prioritario non soltanto la loro sicurezza, ma anche le esigenze di tutela della salute della popolazione e di protezione dell’ambiente». Sulla base dei criteri indicati dal governo «saranno poi le imprese interessate a proporre in quali zone intendono realizzare gli impianti». Il testo, in 33 articoli, delinea le procedure autorizzative, i requisiti degli operatori e dei siti e una serie di misure compensative che dovrebbero indorare la pillola ai territori che ospiteranno le centrali: il 40% dei benefici andranno agli enti locali, il 60% ai cittadini e alle imprese locali con riduzioni della spesa energetica, delle addizionali Irpef, Irpeg e dell’Ici. Le prossime tappe prevedono l’esame della Conferenza Stato-Regioni e il parere delle Commissioni parlamentari competenti, poi l’ok definitivo del Consiglio dei ministri. L’esecutivo allora avrà tre mesi per delineare gli obiettivi strategici. Poi gli operatori interessati formalizzeranno le loro proposte. Per ora l’unico è il consorzio italo-francese Enel-Edf. Scajola assicura che l’atomo «consentirà di garantire all’Italia non solo energia elettrica a prezzi inferiori del 30% come in altri Paesi europei, ma anche una fonte di energia disponibile su vasta scala, con sicurezza delle forniture e soprattutto con emissioni zero».Il testo prevede un beneficio economico onnicomprensivo annuale pari a 3 mila euro per ogni MegaWatt dell’impianto. Una volta in esercizio, il beneficio sarà di 0,4 euro ogni megawattora (MW-h) di elettricità prodotta e immessa in rete. Il 10% andrà alla provincia in cui è ubicato l’impianto, il 55% al comune, il 35% ai comuni limitrofi entro 20 km dalla centrale. Benefici economici anche al territorio scelto per il deposito nazionale per lo smaltimento delle scorie. L’ubicazione dei siti è ancora top secret. Antisismicità, ampia disponibilità di acqua, bassa antropizzazione i requisiti fondamentali.Compatto il no dell’opposizione. «Non vedo la fattibilità, l’utilità e il senso di avventurarsi in un piano con queste tecnologie, che dobbiamo importare dall’estero», è il commento di un perplesso Pier Luigi Bersani. Per il segretario del Pd, «se fossimo in un Paese dove il nucleare è già presente, non consiglierei di chiuderlo, ma visto che siamo in Italia che è un Paese che dal nucleare è uscito, non renderei le cose più difficili». I senatori democratici Roberto Della Seta e Francesco Ferrante sottolineano che «priorità nella scelta dei siti verrà data "alle aree sulle quali in passato sono sorti o avrebbero dovuto sorgere impianti nucleari"», cioé «con tutta probabilità Trino Vercellese, Caorso, Montalto di Castro, Latina e Garigliano». La Conferenza delle Regioni «non dovrà esprimere alcun parere vincolante» e «se una Regione è contraria il Governo potrà imporre la scelta». Se in futuro «una diversa maggioranza politica decidesse di abbandonare il programma nucleare, gli utenti pagherebbero comunque nelle bollette i costi sostenuti dalle aziende energetiche per avviare la realizzazione degli impianti».«Non è dando quattro lire ai comuni – attacca Massimo Donadi dell’Idv – che il governo riuscirà a convincere gli italiani ad accettare una centrale nucleare. L’Idv ha già presentato i quesiti referendari». «Il governo non dice due verità – dice il presidente dei Verdi Angelo Bonelli – e cioé dove saranno le centrali per paura di un boomerang elettorale alle prossime regionali e poi il costo di questa folle avventura: 1.000 euro a famiglia».
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