giovedì 21 aprile 2022
In povertà assoluta 5,5 milioni di persone, di cui 1,4 minori. Preoccupa il disagio psicologico e l'abbandono scolastico degli adolescenti. Il 23% dei giovani non studia e non lavora
Povertà assoluta in aumento soprattutto al Sud

Povertà assoluta in aumento soprattutto al Sud - Ansa

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L'emergenza sanitaria da un lato e la crisi occupazionale dall'altro hanno profondamente condizionato gli ultimi due anni, determinando forti ripercussioni sul benessere degli individui, colpendo in particolare le nuove generazioni sul fronte della povertà, del disagio psicologico e dell’occupazione. Il grido d’allarme arriva dal nono Rapporto Bes, presentato oggi dall'Istat. Il volume fornisce un quadro complessivo dei 12 domini in cui è articolato il benessere analizzati nella loro evoluzione nel corso dei due anni di pandemia, il 2020, anno dello shock dell'emergenza sanitaria, e il 2021, anno della ripresa economica e dell'occupazione, esaminando le differenze tra i vari gruppi di popolazione e tra i territori.

«La pandemia si e` tradotta per lo più in arretramenti nel benessere della popolazione femminile: ad esempio, nei livelli di benessere mentale e di occupazione, soprattutto per le madri con figli piccoli. Ma sono stati anche i bambini, gli adolescenti e i giovanissimi a pagare un altissimo tributo alla pandemia e alle restrizioni imposte dalle misure di contrasto ai contagi» ha detto il presidente dell'Istat, Gian Carlo Blangiardo. Le condizioni di benessere psicologico degli adolescenti sono molto peggiorate e si è aggravato il livello di disoccupazione dei giovani tra gli under 29 con i Neet che rappresentano il 23% del totale, record a livello europeo. Altro fattore di criticità l’abbandono scolastico che è salito al 12,7% insieme alla riduzione dei laureati (circa 21mila al Sud).

Ad aumentare sono soprattutto le diseguaglianze tra la popolazione. Nel 2021, il reddito disponibile delle famiglie e il potere d'acquisto hanno segnato una ripresa, pur restando al di sotto dei livelli precedenti la crisi. La crescita sostenuta dei consumi finali ha generato una flessione della propensione al risparmio che, tuttavia, non è tornata ai valori pre-pandemia. L’anno scorso, pur in uno scenario economico mutato, la povertà assoluta si è mantenuta stabile, riguardando più di 5 milioni 500mila individui (9,4%). Il Nord recupera parzialmente il forte incremento nella povertà assoluta osservato nel primo anno di pandemia, anche se non torna ai livelli osservati nel 2019, nel Mezzogiorno, invece, le persone povere sono in crescita di quasi 196mila unità e si confermano incidenze di povertà più elevate e in aumento, arrivando al 12,1% per gli individui (era l'11,1% nel 2020). Infine, il Centro presenta il valore più basso (il 7,3% nel 2021). Anche in questo caso i giovani sono i più colpiti. Il totale dei minori in povertà assoluta nel 2021 è pari a 1 milione e 384mila: l'incidenza si conferma elevata, al 14,2%, stabile rispetto al 2020, ma maggiore di quasi tre punti percentuali rispetto al 2019, quando era pari all'11,4%. La direttrice centrale dell'Istat, Linda Laura Sabbadini, ha parlato di una "una crescita senza equità" e "non sostenibile". Sabbadini ha sottolineato come, nonostante l'aumento dellamortalità, "noi manteniamo una speranza di vita ai livelli più alta d'Europa" (nel 2021 risalita a 82,4 anni dopo lo choc della pandemia ( che aveva comportato un drastico calo da 83,2 nel 2019 a 82,1 anni nel 2020). A preoccupare oltre all'invecchiamento della popolazione e alle condizioni di donne e giovani la precarizzazione del lavoro e l'aumento delle diseguaglianze territoriali.

L'occupazione culturale e creativa è stata colpita dalla crisi e non mostra segni di ripresa nel 2021, secondo il rapporto Bes. Alla fine del secondo anno di crisi pandemica gli occupati del settore sono 55mila in meno, con una perdita relativa del -6,7% tra il 2019 e il 2021, più che doppia rispetto alla contrazione del complesso degli occupati (-2,4%). Sono profondamente cambiate le modalità del lavoro, con il ricorso massiccio allo smartworking. La quota di occupati che hanno lavorato da casa almeno un giorno a settimana, che era pari al 4,8% nel 2019, passa al 13,8% nel 2020 con lo scoppio della pandemia di Covid e al 14,8% nel 2021.

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