venerdì 14 ottobre 2022
Visentin, presidente di Federmeccanica: serve un piano per ridurre le bollette come quello adottato in Germania
Federico Visentin, presidente di Federmeccanica

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Federico Visentin – nella triplice veste di imprenditore, presidente di Federmeccanica e presidente di Cuoa Business School – guarda avanti con un misto di realismo e di preoccupazione.

Qual è la priorità in questo momento?
Chiaramente la guerra tra Russia e Ucraina e le conseguenze per la nostra economia e il Paese intero. Temo soprattutto per i costi delle bollette elettriche. Già prima del conflitto l’energia era tra le voci più care per le aziende. Purtroppo, non vedo segnali di riappacificazione e temo la speculazione. Sono davvero molto preoccupato. Sono doverosi tutti gli interventi per ridurre i costi. Così come ha fatto la Germania. Dobbiamo puntare sull’efficientamento per non scaricare su imprenditori e consumatori i rincari.

E come la mettiamo con i giovani e il disallineamento tra domanda e offerta?
Crescita e sviluppo dell’imprese passano attraverso percorsi di formazione adeguati e caratterizzanti. La collaborazione tra imprese e Università – dal punto di vista sociale, economico e istituzionale – è uno degli elementi determinanti per stimolare innovazione e occupazione di qualità. Cuoa Business School è da sempre impegnata a valorizzare l’Università come interlocutore in grado di supportare il sistema impresa nello sviluppo di competenze adeguate e robuste. Per questo è importante costruire sinergie efficaci nel campo della formazione manageriale, soprattutto per quel tessuto di media impresa che può essere protagonista della tenuta e dello sviluppo del Paese. Tuttavia, in Italia la spesa nell’istruzione universitaria è di circa il 30% inferiore alla media nei Paesi Ocse e l’incidenza dei ricercatori è bassa. La svolta potrebbe essere impressa proprio dal Pnrr con gli 11,4 miliardi di euro destinati alla componente "Dalla ricerca al business" per sostenere gli investimenti in ricerca e sviluppo, promuovere innovazione e diffusione di tecnologie e rafforzare le competenze favorendo la transizione verso un’economia basata sulla conoscenza.

Però continuate ad avere problemi di personale...
È vero. Oltre ad avere difficoltà per gli investimenti e gli approvvigionamenti, stiamo facendo una fatica tremenda a trovare i profili professionali necessari. Se a giugno del 2021 il mancato mismatching riguardava il 56% delle aziende, a giugno di quest’anno la percentuale è salita al 71%. Si tratta di personale con competenze tecniche sia di base che tecnologico-digitali.

Un fallimento quindi per il nostro sistema scolastico e formativo?
Si tratta di una questione culturale. Dobbiamo trasmettere meglio il valore del lavoro e dell’impresa manifatturiera. Siamo pur sempre la seconda economia industriale in Unione Europea nonostante le difficoltà, i ritardi e il dialogo non sempre efficace tra mondo della scuola e quello delle imprese. Il modello tedesco è da prendere come esempio. Abbiamo approvato lo scorso giugno la riforma degli Its Academy. Tenga conto che l’inserimento dei diplomati degli Istituti tecnici superiori sfiora il 90%. Tuttavia stiamo ancora aspettando i decreti attuativi. Mentre non va demonizzata l’alternanza scuola lavoro, uno strumento utile che può servire come orientamento e affiancamento nei programmi scolastici. Noi da sempre come Federmeccanica abbiamo puntato alla diffusione di un modello di alternanza scuola-lavoro 'di qualità', che preveda percorsi formativi e risultati condivisi tra scuola e impresa. Inoltre dobbiamo insistere sulla cultura della sicurezza e della prevenzione degli incidenti. Soprattutto formando i nuovi assunti, affiancandoli con lavoratori esperti.

Che cosa manca per un salto di qualità?

Sono ottimista sulla realtà delle nostre imprese. Abbiamo tante eccellenze e buone pratiche. La nostra industria è costituita soprattutto da realtà piccole e familiari. È necessario aiutarle a diventare più strutturate. Agli imprenditori servono competenze in grado di leggere le sfide del futuro e il mercato che cambia. L’ideale è costituire aggregazioni tra imprese per crescere veramente. E poi una maggior partecipazione della Cassa depositi e prestiti piuttosto che di fondi speculativi.

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