sabato 23 aprile 2011
La crisi frena la raccolta tradizionale e incombono i «tagli» di Basilea 3. Ecco come il Terzo settore si organizza con nuovi modelli.
COMMENTA E CONDIVIDI
Anche se è per buone cause, raccogliere fondi in tempo di crisi è una sfida ancora più ardua di quanto già non sia quando l’economia tira. Ma sembra che il mondo del Non profit la stia affrontando con quella voglia di sperimentare in modo creativo che lo contraddistingue da sempre. Alla ricerca di nuovi modelli, canali e strumenti di raccolta fondi (o fundraising) che ruotano un po’ tutti sulle potenzialità di Internet.Un segnale forte in questo senso è arrivato da Banca Prossima, l’istituto di credito per il finanziamento del Non profit del Gruppo Intesa Sanpaolo, che ha lanciato in questi giorni Terzo Valore, la piattaforma web (www.terzovalore.com) che mira a facilitare il dialogo tra i potenziali donatori, privati cittadini e persone giuridiche, e le organizzazioni Non profit (Onp) che ricercano finanziamenti per determinati progetti. «Siamo agli inizi – dice Marco Morganti, ad di Banca Prossima – in regime controllato, per vedere i risultati che ci può dare». Oltre a poter donare, infatti, la grande novità è che su Terzo Valore si possono fare prestiti, a un tasso prestabilito, per sostenere i progetti delle Onp che la banca ha comunque già vagliato sia sul piano economico, sia su quello del valore sociale che produrrebbero.«C’è un bisogno sempre più forte di fundraising – prosegue Morganti – perché le risorse complessive per il Terzo settore sono drasticamente diminuite. I prestiti che noi eroghiamo, che hanno una percentuale di deterioramento risibile, lo 0,40% , dicono che il Non profit è un mondo sostenibile, può prendere prestiti e restituirli e ha una capacità di resistenza alla crisi molto maggiore delle imprese normali». Da qui l’idea di dare la possibilità di diventare «banchiere sociale» a ogni cittadino o impresa. Spiega Morganti: «È una formula nuova: ci mettiamo in pool con questi soggetti, la banca presta fino ai due terzi della somma richiesta (ogni progetto può chiedere fino a 1 milione di euro, un cittadino può prestare fino a 10mila euro e un’impresa fino a 50mila, ndr) e garantisce il capitale di chi presta. Se raggiungessimo 10 milioni di euro di prestiti nel primo anno, sarebbe un bel risultato».Sul web sta puntando anche Banca Popolare Etica, l’istituto che ha posto il finanziamento al Terzo settore al centro della sua attività. Durante la fiera «Fa’ la cosa giusta» tenutasi a Milano, la banca guidata da Ugo Biggeri ha presentato Fund facility, un software basato sul web (sviluppato da Eiteam, cooperativa sociale di Padova) per la gestione delle attività di raccolta fondi, ma anche di incassi e pagamenti con strumenti quali bollettini, bonifici, carte di credito (il sistema dialoga col servizio di internet banking di Banca Etica). Obiettivo: eliminare o ridurre di molto i problemi che tradizionalmente complicano, rallentandola, l’attività di fundraising, come ad esempio la gestione dell’anagrafica. Prima organizzazione ad utilizzare il nuovo software è stato il Comitato referendario per l’acqua bene comune, che dal suo sito permette, a chi intende sostenere la campagna in vista del referendum del 12-13 giugno, non solo di donare ma anche di prestare una somma, precisamente di effettuare una sottoscrizione (da 50 euro in su): verrà restituita in caso di raggiungimento del quorum.La grande rivoluzione del fundraising sembra dunque basarsi principalmente su due elementi: la possibilità di prestare al Non profit, oltre che di donare, e di farlo riconoscendosi in una comunità di persone animate dagli stessi valori, che decidono di condividere un’iniziativa e di sostenerla con le proprie risorse. Un nuovo modello, ribattezzato crowd-funding, in cui le aspettative di chi presta, o dona, sono di una remunerazione non tanto economica quanto di senso, legata ai valori. «Queste nuove modalità – ha detto, nel suo intervento a Fa’ la cosa giusta, Paolo Venturi, direttore di Aiccon, che nel ’99 avviò la prima scuola di fundraising in Italia – sono uno strumento di innovazione dal basso ed esprimono il bisogno che le persone hanno di beni relazionali, ad alto contenuto identitario».
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: