giovedì 1 aprile 2010
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Cesare Mirabelli, presidente emerito della Corte Costituzionale e oggi docente di diritto ecclesiastico all’Università romana di Torvergata, analizza il rinvio del Capo dello Stato alle Camere del ddl in materia di lavoro. «Ha esercitato questo suo potere – spiega il giurista – con l’ottica della tutela costituzionale, sindacando quindi alcune misure delicate che potrebbero incidere sul diritto del lavoro, che la Costituzione garantisce». Il professore Mirabelli ci spiega questo delicato passaggio costituzionale.Diciamo subito che il presidente Napolitano ha esercitato un suo potere. È esatto?Proprio così: un potere che è previsto dalla Costituzione ed è ancorato ad aspetti che possono riguardare una palese illegittimità costituzionale, ma anche a motivi di opportunità. Questo tipo di  provvedimento non priva il Parlamento dei suoi poteri, ma sollecita una riflessione, tanto è vero che il Parlamento può anche riconfermare l’atto e in questo caso il presidente è obbligato a ratificarlo. È una linea incisiva, ma serve a un equilibrio nei rapporti tra poteri. Dunque, non c’è nulla di strano né si nasconde sotto un conflitto.Ciò detto, il presidente ha posto anche motivi di merito. Rientra nella logica costituzionale?Lo ha fatto ponendo però un problema generale: l’eterogeneità dei contenuti di questo provvedimento. Questa eterogeneità rispecchia un disordine più volte sottolineato. Qualche volta si è lamentata anche l’estrema complessità di un provvedimento. E successo con le leggi Finanziarie che avevano novecento commi! Il presidente ha inteso porre degli approfondimenti a garanzia del lavoro e per un equilibrio tra legislazione e contrattazione collettiva e contrattazione individuale. La legge tocca aspetti che riguardano la condizione dei lavoratori che sono tutelati dalla Costituzione.In che senso entra in ballo questa tutela?La novità della legge sta nella contrattazione collettiva, che può prevedere l’arbitrato per la soluzione delle controversie, e quindi una giustizia non affidata alla giurisdizione, ma all’arbitro. Il presidente ha detto: attenzione, perché i congegni della legge sono piuttosto farraginosi. È stata evidentemente espressa un’esigenza di chiarezza e di equilibrio anche negli atti che possono disciplinare l’arbitrato. Da qui la necessità, avvertita da Napolitano, di un approfondimento da parte del Parlamento. Quindi il suo rinvio non è una linea di scontro.Il Capo dello Stato pone anche una questione di metodo, perché mostra perplessità per l’ampia delegificazione. Perché queste riserve?Evidentemente una disciplina di settore, toccando aspetti cruciali della tutela del lavoro e della tutela giurisdizionale, attribuisce scelte alla contrattazione collettiva anziché alla legge. Direi che c’è un problema di coordinamento e di approfondimento dei livelli nei quali deve essere assunta una decisione di questo tipo. Insomma, va precisato se deve essere la legge, se e in quale misura può farlo il contratto collettivo o se e come ci possa essere una scelta individuale. Nel fondo del messaggio c’è l’esigenza della tutela della categoria più debole del rapporto: il lavoratore.Può essere questo messaggio un precedente per frenare la prassi delle "leggi omnibus"?Il problema è sempre esistito. Succedeva, sotto altra forma, con la reiterazione dei decreti leggi che venivano rinnovati sette o otto volte. In quel caso, dopo alcune sentenze di avviso della Corte Costituzionale, che sosteneva uno squilibrio tra i poteri dello Stato e giudicava illegittima questa reiterazione, sembrava che dovesse cascare il mondo, e invece fu ripulito il sistema. All’epoca, tra l’altro, c’era un governo di diverso segno. Quindi il problema riguarda tutti.Quali difficoltà pongono dal punto di vista giuridico questi provvedimenti-zibaldoni?Aggirano un principio costituzionale: le leggi devono essere votate articolo per articolo. Succede che una legge viaggi, ma poi un emendamento riassume la legge in un solo articolo con un solo comma. Questo va bene per la tempestività delle deliberazioni, ma restringe molto il principio della discussione articolo per articolo.Sarebbe auspicabile una pronuncia della Corte anche per queste leggi?Prima di arrivare a questi stop del Quirinale, sarebbe opportuno che sul piano parlamentare ci fosse una maggiore attenzione a questo profilo costituzionale.
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