martedì 19 luglio 2011
Un rapporto della banca Morgan Stanley taglia le previsioni di crescita mondiale e parla di Stati Uniti e Vecchio continente vicini a una nuova caduta dell’economia. Van Rompuy: nessun rischio nell’immediato.
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«Recessione». La parola che si sperava di non dover tornare a pronunciare tanto presto dopo la crisi finanziaria scoppiata nel 2008, ieri è tornata a dispiegare tutta la sua potenza, provocando un giovedì non nero, ma nerissimo sui mercati europei e americani.Per ora, in realtà, è solo paura, ma a scioccare i mercati già nervosissimi da mesi ci ha pensato il pesante monito lanciato ieri dalla banca d’investimenti Usa Morgan Stanley. La banca, in una nota diffusa ieri via email, ha tagliato le stime della crescita globale al 3,9% dal 4,2% nel 2011 e al 3,8% dal 4,5% nel 2012. Severo l’avvertimento soprattutto per l’Occidente: «Le nostre previsioni riviste – afferma il comunicato – mostrano che gli Stati Uniti e l’euro sono pericolosamente vicini a una recessione». Non siamo ai livelli del 2008, «la combinazione di società con forti disponibilità, prezzi del petrolio in calo rispetto ai picchi dello scorso anno e i tagli dei tassi da parte delle banche centrali – scrive ancora l’istituto – dovrebbero impedire un calo in una recessione a due cifre». Tuttavia la situazione di Usa ed Europa, è «aggravata dalle prospettive di un inasprimento fiscale» sulle due rive dell’Atlantico.Non basta, secondo Morgan Stanley «recenti errori politici, specialmente la risposta europea debole e insufficiente alla crisi del debito sovrano e il dramma intorno all’innalzamento del tetto del debito Usa hanno gravemente pesato sui mercati finanziari ed eroso la fiducia di imprese e consumatori». La banca ha tagliato (dal 9% all’8,7%) anche le previsioni della locomotiva mondiale Cina, e anche la Deutsche Bank vede il colosso asiatico in calo dal 10,3% del 2010 all’8,9% del 2011, con impatto previsto anche sull’Europa, anzitutto la Germania che esporta massicciamente in Asia.Morgan Stanley ha dato così corpo a quanti già temevano l’addensarsi di nuvole nere all’orizzonte, e del resto ieri il rapporto della banca non è stato l’unico elemento a scatenare il panico sulle piazze finanziarie di mezzo mondo. Ci si è messo anche il drammatico crollo dell’indice Filadelfia Fed e il riaccendersi del rischio inflazione Usa, anche se il superindice Usa è andato meglio del previsto. Il tutto condito da notizie su nuovi controlli della Federal Reserve sulle filiali americane di banche europee (tra cui Société Générale, Deutsche Bank e Unicredit), visto come segnale di preoccupazione sul reale stato di salute degli istituti del Vecchio continente. Notizie giunte sul retroscena dei dati negativi, diffusi già nei giorni scorsi, sulla brusca frenata del Pil della Germania e dell’eurozona nel secondo trimestre del 2011.Uno scenario in cui non ha certo giovato l’annuncio da parte del cancelliere tedesco Angela Merkel e del presidente francese Nicolas Sarkozy, martedì scorso, di voler proporre una tassa europea sulle transazioni finanziarie. Ieri, peraltro, una portavoce della Commissione Europea ha ribadito che Bruxelles presenterà una proposta in tal senso entro ottobre. Unica nota positiva della giornata: l’assicurazione da parte di Standard & Poor’s di non avere intenzione di declassare il debito francese, attualmente a tripla A.Invano cercava di calmare le acque il presidente del Consiglio Ue Herman Van Rompuy, in visita ufficiale a Oslo. Il belga ha ammesso un «rallentamento generalizzato», tuttavia, ha aggiunto, «non prevediamo nessuna crescita negativa né recessione». In allarme è però il Parlamento Europeo, che ha convocato per il 29 agosto a Bruxelles, per un’audizione straordinaria di fronte alla Commissione economica, i presidenti di Bce ed Eurogruppo, Jean-Claude Trichet e Jean-Claude Juncker, e il commissario agli Affari economici e monetari Olli Rehn.
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