lunedì 25 ottobre 2010
L'ad del Lingotto in tv attacca: «Dei due miliardi di euro di utile dell'azienda, neanche uno viene da qui». Poi apre: «Stipendi migliori se diventeremo competitivi come paesi vicini». Il ministro del Lavoro, Sacconi, invita l'amministratore delegato a non dimenticare «che i sindacati e le istituzioni si sono già rese concretamente disponibili ai necessari cambiamenti». Le reazioni del mondo politico e sindacale.
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«Fiat potrebbe fare di più se potesse tagliare l'Italia». È quanto ha detto l'ad del Lingotto Sergio Marchionne ospite della trasmissione Che tempo che fa, condotta da Fabio Fazio. Nemmeno un euro dei due miliardi dell'utile operativo previsto per il 2010 - ha concluso - arriva dall'Italia. Fiat non può continuare a gestire in perdita le proprie fabbriche per sempre». «Io in politica? Scherziamo? Faccio il metalmeccanico, produco auto, camion e trattori». «Qualsiasi debito verso lo Stato è stato ripagato in Italia, non voglio ricevere un grazie, ma non accetto che mi si dica che chiedo assistenza finanziaria». Lo ha detto l'amministratore delegato di Fiat, Sergio Marchionne, intervistato da Fabio Fazio, che gli aveva fatto osservare come in Italia la Fiat è sempre stata considerata alla stregua di una azienda pubblica. «La Fiat - ha spiegato Marchionne - ha collaborato con lo Stato per costruire il futuro industriale del Paese, e oggi ha collaborato con il governo Usa per salvare Chrysler». Secondo Marchionne, quel tipo di «collaborazione Stato-Industria esiste in tutti i Paesi del mondo, l'importante è ripagare i prestiti e che lo Stato non diventi gestore delle società». «Se la Fiat dovesse smettere di fare auto in Campania, avremmo, credo, un problema sociale immenso, specialmente in una zona dove la Camorra è molto attiva». Ha aggiunto l'ad del Lingotto, parlando dello stabilimento di Pomigliano d'Arco. «Considerando l'indotto lavorano 20 mila persone», ha spiegato per indicare la dimensione del problema. Riferendosi alla missione de Lingotto in zona, Marchionne ha criticato l'atteggiamento «dei sindacati che ci criticano». Riguardo alle richieste sindacali di conoscere il piano dei nuovi modelli previsti, l'ad di Fiat ha replicato: «Di nuovi modelli ne abbiamo quanti se ne vuole, dobbiamo però dare ai nostri stabilimenti la possibilità di produrre ed esportare, gli impianti devono essere competitivi, altrimenti non possono produrre e vendere niente». Marchionne ha poi confrontato l'Italia con la Polonia, dove: «I nostri 6.100 dipendenti producono oggi le stesse auto che si producono in tutti gli stabilimenti italiani».«La proposta che abbiamo fatto è dare alla rete industriale di Fiat la capacità di competere con i Paesi vicini a noi, in cambio io sono disposto a portare il salario dei dipendenti a livello dei nostri Paesi vicini». «Se cambierà il sistema di produzione in Italia, può darsi che sia un cambiamento difficile da sopportare, ma vogliamo migliorare i 1.200 euro di stipendio ai dipendenti».LE REAZIONI«Marchionne mi sembra ieri abbia dimostrato di essere un po' più canadese che italiano, visto che è italo-canadese». Lo ha detto il presidente della Camera, Gianfranco Fini, parlando durante un incontro con gli studenti a Rovigo della questione Fiat. «Ha detto una cosa - ha aggiunto - che sarebbe normale se detta da uno che non è un top manager italiano, ma è un po' paradossale che lo dica l'amministratore delegato della Fiat perchè se è ancora un grande colosso è stato perchè c'e' stato il contribuente italiano a garantirlo».«Marchionne non va demonizzato, anche se la Fiat ha ricevuto ingenti contributi dallo Stato, hacento ragioni, come quando parla di perdita della competitività in Italia o degli stranieri che non investono nel nostro Paese. Dice cose sacrosante, non riesco a dargli torto. Bisogna rendersi conto della realtà, altrimenti la Fiat chiude le saracinesche delle fabbriche e va in Serbia». Così il leaderdell'Udc, Pier Ferdinando Casini, ha risposto ai giornalisti che gli hanno chiesto un commento alle dichiarazioni dell'amministratore delegato della Fiat, Sergio Marchionne.Marchionne parla «come se la Fiat fosse una multinazionale straniera che deve decidere se investire in Italia», attacca Giorgio Airaudo, responsabile del settore auto della Fiom Nazionale. Anche gli altri sindacati, con sfumature e toni diversi, non apprezzano le parole dell'amministratore delegato della Fiat. «Marchionne - dice Rocco Palombella, segretario generale della Uilm - deve evitare di continuare ad umiliare i lavoratori e il sindacato che si è assunto la responsabilità di gestire anche accordi difficili». Per Bruno Vitali, responsabile Auto della Fim, «Marchionne deve credere di più nell'Italia e smettere di tenere tutti appesi. Ha sempre detto che qui perde, ma se investirà anche l'Italia genererà profitti come avveniva prima della crisi. Gli impianti sono nuovi e i lavoratori sono pronti a fare la loro parte». «L'Italia è un Paese che già ha dimostrato l'attitudine ad evolvere verso una maggiore competitività nel rispetto dei diritti dei lavoratori incluso il diritto ad incrementi salariali legati a una maggiore produttività». Così il ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi, commenta le parole dell'amministratore della Fiat, Sergio Marchionne, ricordandogli che se «é legittimo da parte sua invocare maggiore produttivita», è anche vero che «la maggioranza delle organizzazioni sindacali e le istituzioni si sono già rese concretamente disponibili ai necessari cambiamenti». «Marchionne - commenta Sacconi - ci ha ricordato che Fiat oggi è un Gruppo multinazionale con stabilimenti distribuiti in diverse dimensioni economiche e sociali. Noi ricordiamo a lui che l'Italia è il Paese di storico insediamento del Gruppo automobilistico ove ha depositato impianti e soprattutto un grande patrimonio di esperienze e professionalita».
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