giovedì 27 maggio 2010
La presidente Marcegaglia all'assemblea annuale degli industriali dice sì ai sacrifici chiesti da Tremonti e Berlusconi. Ma avverte:«Le riforme sono oggi più che mai urgenti. Dal 2008 bruciati 700.000 posti di lavoro»
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«Gli interventi della finanziaria 2011-2012 si muovono correttamente per rallentare la spesa e arginare l'evasione», dice Emma Marcegaglia. Che chiede riforme strutturali e non dettate dall'emergenza. Sottolinea quindi che la maggiore disciplina «non è stata il frutto di una scelta politica maturata con lungimiranza e senso di responsabilità. Ma è stata imposta dall'andamento dei mercati». Serve ora un impegno bipartisan sul percorso parlamentare della manovra: «In Parlamento maggioranza e opposizione hanno ora la possibilità di voler far propria quella disciplina». Arginando «favoritismi e clientelismi» che porterebbero «sprechi e corruzione». Per la leader degli industriali, poi, «mettere in ordine i conti pubblici non basta e non è neppure duraturo senza profonde riforme strutturali. Riforme che modificano l'operare dello stato, il perimetro della sua azione, la stessa concezione della sua funzione». Le riforme sono oggi «più che mai urgenti». Al contrario, «il passo delle riforme è stato troppo  lento e uno scontro politico e sociale sulla finanziaria potrebbe bloccarle del tutto. Sarebbe esiziale. Invece, bisogna accelerarle».Rimarcando come «l'ultimo anno e mezzo è stato durissimo», Marcegaglia sottolinea che ora «èin corso un rimbalzo che potrebbe anche risultare superiore alle attese. La produzione industriale sta aumentando del 7% annuo e accelera il passo». Ma, avverte il numero uno di Viale dell'Astronomia, «su questo recupero gravano le incognite della crisi europea in atto. Comunque - dice - non si tratterà di un duraturo innalzamento del nostro ritmo di sviluppo».Marcegaglia parla di «uno scenario davvero poco incoraggiante» e si sofferma anche sul confronto con gli altri Paesi europei, a partire dalla Germania. «Abbiamo ceduto ai tedeschi ben 32 punti di competitività. Non ci si deve stupire se l'Italia cresce poco», afferma ancora il presidente diConfindustria evidenziando il «cattivo andamento della produttività».Per l'Italia il bilancio della crisi «è pesantissimo, rispetto ai picchi del primo trimestre 2008, - ha detto - abbiamo perso quasi 7 punti di Pil e oltre 700.000 posti di lavoro. Il ricorso all Cig è aumentato di sei volte. La produzione industriale è crollata del 25%, tornando ai livelli di fine 1985: 100 trimestri bruciati»
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