mercoledì 28 ottobre 2015
A certificare le mancanze del sistema formativo è il test Pisa, che mostra una media per l'Italia a 485 punti, nettamente sotto la media Ocse (494) e lontanissima dai Paesi più virtuosi (Corea del Sud 554, Giappone 536 e Svizzera 531).
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La crescita economica è correlata al livello di competenze misurato su studenti e adulti, ma i manager bocciano la scuola e lanciano il progetto Food4minds per fare più sinergia scuola e mondo del lavoro. Le carenze della formazione sono uno dei temi al centro dell’Assemblea di Manageritalia Roma che si è svolta a Roma in vista del Congresso nazionale di novembre.A certificare le mancanze del sistema formativo è il test Pisa che, nel misurare le competenze dei 15enni riguardo alla matematica, mostra una media per l'Italia a 485 punti, nettamente sotto la media Ocse (494) e lontanissima dai Paesi più virtuosi (Corea del sud 554, Giappone 536 e Svizzera 531). Ancor peggio va il Lazio che con 475 punti è sotto la media nazionale.Eppure - sottolinea Manageritalia - " la crescita economica di un Paese è fortemente correlata al livello di competenze misurato su studenti e adulti, più che al numero di quanti terminano gli studi superiori e universitari. Insomma, nella formazione conta più la qualità che la quantità, anche se un elevato tasso di scolarità superiore e universitaria è la condizione necessaria, ma non sufficiente".Una situazione segnalata anche dai manager che in una recente indagine bocciano il sistema formativo (Indagine AstraRicerche per Manageritalia effettuata a settembre 2015 su un campione di quasi 1.200 dirigenti italiani del settore privato). Perché ritengono che la scuola italiana non sia meritocratica, non premi, valorizzi e metta in evidenza le qualità degli studenti migliori (68% Italia, 53% al Centro basso dove c’è il Lazio).Una bocciatura che si amplia pensando che il 40% degli intervistati nega che la nostra scuola prepari i giovani in modo valido, secondo le necessità del mondo del lavoro. Dall'indagine emerge l'invito a un maggior dialogo tra il mondo della Scuola/Università e il mondo del lavoro per seguirne meglio le esigenze (98% degli intervistati), maggiore qualità dei docenti, anche tramite nuovi criteri di selezione (98%) e aggiornamento e qualificazione (97%). I manager poi chiedono anche maggiore riconoscimento anche da parte degli italiani del ruolo e dell’importanza del sistema formativo (96%).Dei giovani entrati in azienda negli ultimi anni i manager bocciano, giudicandole inferiori alle attese, soprattutto le soft skill realizzative – proattività, imprenditorialità, gestione del tempo e organizzazione e capacità di decidere – (82%), quelle relazionali e manageriali – capacità di relazione, dialogo, confronto, lavoro di gruppo ecc. – (79%) e quelle cognitive – analisi, sintesi e problem solving – (77%). A seguire giudicano sempre insufficienti le competenze linguistiche (75%), la cultura in generale (68,9%) e le competenze digitali estese – capacità di capire la tecnologia e soprattutto il suo funzionamento, non solo di usarla – (59,4%)."Proprio per questo, come siamo soliti fare, abbiamo pensato – dice Marcella Mallen, presidente Manageritalia Roma – di cominciare a proporre qualche soluzione. Da qui nasce il progetto food4minds presentato recentemente da Manageritalia. Un’iniziativa che, nella sua fase pilota appena partita in Lombardia, vede già due scuole e due imprese lavorare insieme. Si parte dall’analisi delle competenze fatta in azienda, per indirizzare i programmi formativi, si portano poi i manager a scuola e gli studenti e i docenti in azienda per un continuo scambio e dialogo sinergico. Un progetto che vuole essere da stimolo perché si faccia davvero tutti qualcosa per cambiare il sistema formativo e che prevediamo poi di diffondere poi a livello nazionale. Perché senza le competenze non si cresce. Abbiamo fatto questo anche spronati dai manager associati, che vedono i giovani entrare in azienda privi delle giuste competenze e provano sulla loro pelle come poi questo freni la competitività delle loro aziende sui mercati globali. Questo impegno dei manager per migliorare il sistema formativo e i suoi output è un dovere sociale, ancor prima che l’egoismo di avere risorse valide da plasmare per competere e crescere".
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