mercoledì 1 settembre 2010
A luglio il tasso di disoccupazione rimane stabile all’8,4%, meglio rispetto alla media europea (10%) Ma si sono persi altri posti di lavoro, più di un ragazzo su quattro è senza posto e crescono gli inattivi. Sacconi: siamo già in campo con il piano triennale Il Pd e la Cgil: una waterloo sociale.
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Meglio che in Europa, ma ancora senza segni significativi di recupero. La situazione dell’occupazione italiana rimane preoccupante: il peggio sembra passato, il fondo toccato nei mesi scorsi, eppure la risalita stenta a materializzarsi. I dati della rilevazione mensile dell’Istat relativa a luglio segnalano infatti una nuova erosione del numero degli occupati dello 0,1% rispetto a giugno e dello 0,7% sul luglio dell’anno scorso. In valore assoluto significa una perdita di 18mila posti in un mese e di 172mila in un anno. Scende così anche il tasso di occupazione complessiva al 56,9% (meno 0,1% su giugno e -0,7% su luglio 2009). Il calo degli occupati non si traduce però automaticamente in un incremento dei disoccupati. Anzi, su base mensile si registra un calo di 15mila unità (-0,7%) mentre su base annua si registra ancora un aumento di 121mila unità (+6,1%). Il tasso di disoccupazione resta così stabile all’8,4% (+0,5% rispetto a un anno fa).Se si guarda a quest’ultimo parametro, l’Italia si dimostra ancora nettamente al di sotto della media europea, che registra un tasso di senza-lavoro tuttora inchiodato al 10% nella zona euro e del 9,6% nella Ue a 27 Paesi. I Paesi in condizioni peggiori sono l’Estonia (18,6%) la Lettonia (20,1%) e soprattutto la Spagna ancora alle prese con il 20,3% di senza-lavoro. L’Italia è fortunatamente molto al di sotto di questi livelli, anche se non prossima alle punte più avanzate di Olanda, con il 4,4% di disoccupazione, e soprattutto dell’Austria addirittura al 3,8%.Le buone notizie, però, finiscono qui. Se si guarda agli altri parametri, infatti, ci si accorge di alcune debolezze specifiche, ad esempio riguardo ai giovani. Mentre in Europa, infatti, il dato medio di disoccupazione giovanile è pari al 19,6% nell’area euro e al 20,2% nella Ue a 27 Paesi, da noi più di un giovane su quattro – il 26,8% per la precisione – risulta senza lavoro. In luglio questo tasso ha registrato una lieve diminuzione (-0,6%) ma su base annua l’incremento è dell’1,1%. «Percentuali da Maghreb», le definisce con una battuta il segretario del Pd, Pierluigi Bersani. Ancora più preoccupante è il tasso degli inattivi – le persone tra 15 e 64 anni che non studiano, non lavorano e nemmeno cercano attivamente un’occupazione – arrivato ormai al 37,8% della popolazione. In numero assoluto si tratta di quasi 15 milioni di persone, cresciute di 76mila unità in un mese e 153mila in un anno.«La situazione rimane preoccupante», commenta il ministro del Lavoro, «ma sarebbe colpevole non riconoscere il differenziale positivo con l’Europa e il fermarsi della tendenza negativa». Sacconi sottolinea poi che il governo ha già presentato il Piano triennale per il lavoro con il quale si punta «a rilanciare il contratto di apprendistato per i giovani, a promuovere una formazione corrispondente alle competenze richieste, a sviluppare relazioni industriali partecipative». Bicchiere mezzo pieno anche per il nuovo amministratore delegato di Italia Lavoro, Paolo Reboani, secondo il quale «l’occupazione tiene e questo potrebbe essere il segnale dell’inversione di tendenza».Diversa l’analisi dell’opposizione che, con Cesare Damiano (Pd), parla di «una "Waterloo sociale", soprattutto se si considerano i posti a rischio per l’autunno e l’aumento della cassa integrazione», con il governo che «non trova niente di meglio che discutere del processo breve». Preoccupazioni condivise dalla Cgil, secondo la quale «servono risposte urgenti per evitare che l’enorme platea di lavoratori che attualmente usufruisce di ammortizzatori sociali scivoli verso la disoccupazione  – sottolinea il segretario confederale Fulvio Fammoni –. Servirebbe anche dare stimolo ai consumi per far ripartire la produzione, ma di tutto questo nei cinque punti di verifica di governo non c’è traccia». Per la Cisl sarebbe necessario invece che «il Piano triennale per il lavoro venisse declinato anche nel breve periodo – spiega il segretario confederale Giorgio Santini . Incentivando apprendistato e part-time, introducendo il credito d’imposta per le nuove assunzioni al Sud, potenziando la riqualificazione professionale».
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