domenica 15 maggio 2022
Retromarcia a sorpresa di quella che sembrava una possibile alternativa alla carenza dei cereali ucraini Fermate le vendite all’estero per contenere il caro prezzi
Un agricoltore indiano nei pressi di New Delhi mostra il raccolto di questo 2022

Un agricoltore indiano nei pressi di New Delhi mostra il raccolto di questo 2022 - Ansa

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A sorpresa l’India ha annunciato ieri il blocco con effetto immediato di tutte le esportazioni di grano, salvoper i contratti già firmati. Sono andate rapidamente deluse le speranze che il secondo maggiore produttore di grano del pianeta (dopo la Cina) potesse compensare almeno in parte la drammatica carenza globale di grano provocata dall’invasione dell’Ucraina, che sta facendo salire l’allarme fame in diverse delle aree più povere del pianeta. La decisione del governo indiano apre a diversi interrogativi. Alla base c’è la difficoltà di rifornire il mercato interno e fermare la corsa dei prezzi.

L’India lo scorso anno ha prodotto 111 milioni di tonnellate di grano: 104 sono servite per il consumo interno, 7 sono state esportate. Il Paese sembrerebbe relativamente al sicuro da un impatto della crisi ucraina. Ma la prolungata siccità ha ridotto il raccolto di quest’anno a circa 100 milioni di tonnellate e il governo si è trovato davanti a una scelta con poche alternative, nonostante solo poche settimane fa le autorità avessero negato una restrizione delle esportazioni, che avrebbero potuto beneficiare di un prezzo migliore rispetto al passato. Il governo sente anche la pressione della lobby dei produttori, concentrati in tre Stati (Punjab, Haryana e Uttar Pradesh) vicini alla capitale, che insieme fanno oltre la metà del raccolto complessivo. Il braccio di ferro durato 17 mesi fino a dicembre 2021 sulla proposta di relativa liberalizzazione del mercato all’ingrosso ha costretto l’esecutivo alla marcia indietro, evidenziando il potere e la tenacia dei suoi interlocutori.

Necessario quindi, anche per la pace sociale all’uscita da un tempo di pandemia che ha creato enormi danni alla popolazione più esposta al contagio e meno privilegiata economicamente, garantire remunerazione ai produttori e possibilità di acquisto per i più poveri per quali sovvenzioni e donazioni sono ora limitati dai costi elevati. New Delhi ha così deciso per il bando dell’esportazione di grano, confermato dalla Direzione generale del Commercio estero con il fine di disporre di risorse maggiori per gestire la propria sicurezza alimentare e garantire il sostegno a Paesi limitrofi o comunque al momento vulnerabili, per i quali sono previ- ste eccezioni nel caso di evidenti difficoltà di approvvigionamento. In questo contesto è ancora più centrale l’impegno dell’Europa per creare corridoi in grado di portare il grano dell’Ucraina fuori dal paese.

Kiev è infatti il sesto esportatore mondiale, per 18 milioni di tonnellate nel 2021 (il 9% dell’export globale), ma oggi il suo grano è praticamente scomparso dai mercati internazionali. Il blocco dei porti ucraini le impedisce di trasportare quanto accumulato per la vendita all’estero e in prospettiva anche di stoccare nuova produzione, perché i silos restano pieni di grano invenduto e in parte sono stati distrutti. Si calcola che il 30% del grano in maturazione in Ucraina non potrà essere raccolto e si aggiungono le difficoltà per altri cerali che complessivamente segnalano un possibile crollo dell’export alimentare del 50% con pesanti ripercussioni internazionali. Sono decine i Paesi che rischiano di entrare in una drammatica crisi alimentare a causa della carenza di grano. La retromarcia dell’India è arrivata a sorpresa, ma si inserisce in una strategia di complicato equilibrio geopolitico. Il governo guidato da Narendra Modi da un lato prosegue la tradizionale politica di rapporti con Mosca ma ha mostrato di corrispondere l’interesse di Washington e dell’Europa verso i suoi mercati, i suoi beni e il suo ruolo strategico.

Dall’altro ha nella Russia un partner poco interessato a criticare la deriva nazionalista e filo-induista dell’esecutivo. Se sul piano strategico i rapporti sono coordinati per controbilanciare il ruolo di Cina e Stati Uniti, su quello commerciale il loro valore (5,93 miliardi di dollari di export russo verso l’India e 2,87 miliardi in direzione opposta nel 2020-21) ha visto un’impennata superiore al 50% da aprile 2021 a febbraio 2022 ma resta tutto sommato modesto.

Entrambi sono invece fortemente dipendenti dall’export cinese e si New Delhi che Mosca hanno negli Usa un grande acquirente per un valore rispettivamente di 49,3 e 49,7 miliardi di dollari. Nella crisi ucraina, per le sue dimensioni, popolazione, economia e ruolo strategico l’India si trova inevitabilmente coinvolta nelle mosse diplomatiche che mirano da parte russa a evitare l’isolamento internazionale e da parte occidentale a costringere Mosca alla trattativa. Verso New Delhi il Cremlino ha una leva nei rapporti di lunga data e di un certo anti-occidentalismo della società indiana, tuttavia le problematicità persistenti tra New Delhi e Pechino, a partire dalle contese territoriali aperte, e la crescente dipendenza russa dalla Cina suggeriscono cautela .

Durante la visita nella capitale indiana, il primo aprile scorso, il responsabile della diplomazia russa Sergei Lavrov ha lodato l’India per l’equidistanza dimostrata nella crisi ucraina e ha indicato con chiarezza di considerare il partner asiatico essenziale per eludere il regime sanzionatorio: «Non ho dubbi che si troverà un modo per aggirare gli impedimenti artificiali creati dalle sanzioni illegali unilaterali imposte dall’Occidente ». Che anche il grano possa rientrare in questo meccanismo di scambi ufficiosi non è da escludere.

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