sabato 17 giugno 2017
Oggi alle ore 15 il via: Porsche e Toyota in lotta per il successo. Dalle partenze a piedi alla ribellione vincente di Jacky Icks, i drammi, la beffa di un anno fa e i prototipi odierni
La Porsche vincitrice dell'edizione 2016 della 24 ore di Le Mans

La Porsche vincitrice dell'edizione 2016 della 24 ore di Le Mans

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Maggio 1969. Alla 24 Ore di Le Mans si partiva a piedi. Correndo. Lui invece camminò, senza fretta. L'auto da guidare aspettava
i piloti a motore spento, parcheggiata a spina di pesce dall'altra parte della pista. Cinquanta metri da fare col cuore in gola, perché chi prima saliva in macchina, prima partiva. Abitudine tradizionale, molto coreografica, vagamente folle. Perché costringeva i piloti a gareggiare senza cinture di sicurezza, che richiedevano di essere allacciate correttamente dai meccanici. Jacky Ickx invece salì per ultimo sulla sua Ford GT40. La accese con calma e si allacciò da solo le cinture, mentre tutti gli altri erano già schizzati via sgommando. Perse quasi mezzo giro. Rimontò, superò tutti, e 24 ore dopo vinse quell'edizione con 120 metri di vantaggio sul secondo classificato.

Un gesto storico

Fece scalpore la scelta di Ickx, nome da leggenda, faccia da film ancora oggi, a 72 anni suonati e portati con la leggerezza di una curva a 200 all'ora. «Una provocazione la mia? Può darsi...», ha detto una volta sorridendo. Forse fu solo un gesto deciso al momento, anticonformista come lui. Resta il fatto che dall'anno dopo cambiò il regolamento (prima del '70 erano permessi solo due piloti per auto, ora sono tre). La scelta di Ickx dimostrò che era inutile continuare con una procedura tanto rischiosa, e da allora la partenza avviene in modo normale, con i piloti seduti in auto. Ma l'episodio dimostra che la leggenda che ammanta una delle corse più affascinanti della storia, quella che dal 1923 - quattro anni in anticipo rispetto alla prima Mille Miglia italiana - si disputa sul Circuit de la Sarthe, 200 km da Parigi, dal nome del dipartimento francese in cui si trova la pista, non è fatta solo di auto e di tempi sul giro.

Storia, tradizione, curiosità. La partenza "alla Le Mans" è anche il motivo per cui le Porsche da strada ancora oggi (caso unico tra i marchi automobilistici) hanno l'accensione a sinistra dello sterzo, invece del più tradizionale alloggiamento a destra. Ciò permetteva al pilota di avviare il motore con la mano sinistra mentre al tempo stesso la destra inseriva la prima, consentendo così alle Porsche di uscire dalla linea di partenza più rapidamente.

La sfida di oggi

E sarà quasi certamente fra Porsche e Toyota la sfida per la vittoria dell'edizione 2017 che prende il via oggi. La casa giapponese sembra avere tutte le carte in regola per dominare, visto anche il record ottenuto in qualifica da Kamui Kobayashi. Il Circuito de la Sarthe, che ospita la 85/a edizione della classica corsa francese, ha però una storia fatta di grandi sorprese e vittorie al cardiopalma come i cinque volte secondi della Toyota conoscono bene. A oggi l'unico marchio giapponese ad aver vinto la 24 Ore di Le Mans è la Mazda nel 1991, con la Toyota vicinissima a rompere l'incantesimo lo scorso anno quando Kazuki Nakajima diretto verso la bandiera a scacchi fu costretto a fermarsi all'ultimo giro per un problema alla vettura lasciando via libera al diciottesimo successo della Porsche. Con Audi che ha abbandonato l'Endurance dopo tanti successi, la Porsche sembra essere l'unica vera rivale della Toyota per la vittoria finale. Con le loro due auto in seconda fila, la casa tedesca insegue il terzo successo consecutivo in Francia. Fra gli altri 60 protagonisti della 24 Ore di Le Mans, anche diversi volti noti degli appassionati di Formula 1, a partire dall'ex pilota della Ferrari, Rubens Barrichello. Il 45enne brasiliano farà il suo debutto a Le Mans a bordo di una Dallara LMP2. Altro protagonista atteso il pilota di Indy Car, Tony Kanaan, a bordo di una Ford Gt al posto del francese Sebastien Bourdais uscito malconcio dalla 500 miglia di Indianapolis.

Storia e drammi

Sui 13 chilometri e mezzo di un tracciato, che per metà è una strada pubblica prima e dopo la gara, sono passate imprese e tragedie. Terribile quella del 1955, quando la Mercedes 300 SLR di Pierre Levegh investì l'Austin Healey di Lance Macklin
piombando sulle tribune: insieme al pilota della Mercedes morirono 83 spettatori. Le Mans ha costretto il mondo dell'auto a migliorare la tecnica, la meccanica, le prestazioni, ma anche la sicurezza delle vetture e insieme l'evoluzione dell'automobile da competizione. Perchè, come dice Ickx, «disputare la 24 Ore è come correre 15 Gran Premi di Formula 1 uno di seguito all'altro.
Senza respirare. Non basta essere un buon pilota ed avere la monoposto migliore. Servono anche due formidabili compagni e una squadra affiatatissima».

La Ronde Infernale

Oggi e domani si replica: la 24 Ore di Le Mans resta l'evento di punta del Campionato del Mondo Endurance FIA, la più importante competizione mondiale per vetture Sport Prototipo e Gran Turismo in gare da durata. Un banco di prova importantissimo per i costruttori, diverso da quello della Formula 1 perché qui le vetture impegnate hanno fortissimi legami con quelle di produzione stradale e con la sfida dell'efficienza e del risparmio dei consumi. I prototipi di oggi hanno poco di eroico e molto di più di tecnologico e scientifico; ma per molti appassionati il fascino de "La Ronde Infernale", come viene chiamata, rimane intatto. «Se un pilota - ricorda Jacky Ickx - anche il più forte, che non ha mai vinto a Le Mans, vi dicesse di non voler scambiare la sua vittoria più importante con una trionfo alla "24 Ore", non credetegli. Di certo sta mentendo».

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