martedì 14 gennaio 2014
Generati 36mila posti per giovani, donne e over 50, portando il saldo tra assunzioni e cessazioni in terreno positivo (+25.720 unità) nel terzo trimestre, per la prima volta da quasi un anno e mezzo.
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Nei sette mesi del Governo Letta "sono stati investiti sulle politiche attive e passive del lavoro oltre cinque miliardi di euro in più di quanto previsto a legislazione vigente". Lo afferma il ministro del Lavoro, Enrico Giovannini, in audizione nella commissione Lavoro del Senato. "Uno sforzo senza precedenti, dettato dalla gravità della condizione occupazionale", osserva il ministro.Le scelte già fatte, secondo il ministro, comporteranno un impegno aggiuntivo di risorse in politiche attive per oltre tre miliardi con un aumento annuo di oltre il 20% sulla spesa media attuale. "Ovviamente è fondamentale che tale investimento sia accompagnato da concrete azioni per migliorare l'intero sistema nazionale e territoriale di accompagnamento del lavoro, compresa la formazione professionale", osserva Giovannini. "È questa la sfida principale da perseguire nei prossimi mesi con pragmatismo e una forte collaborazione con tutti gli altri livelli istituzionali".Gli interventi sul mercato del lavoro, messi in campo negli ultimi mesi, "hanno iniziato a dispiegare i loro effetti", afferma il ministro. In meno di sei mesi gli incentivi varati e attuati dal Governo hanno generato 36mila posti di lavoro per giovani, donne e over 50, portando il saldo tra assunzioni e cessazioni in terreno positivo (+25.720 unità) nel terzo trimestre, per la prima volta da quasi un anno e mezzo.Nonostante i segnali positivi, osserva Giovannini, il numero di occupati ha continuato a diminuire e il tasso di disoccupazione a salire. "Le debolezze strutturali dell'economia italiana rendono difficile conseguire immediatamente tassi di crescita del Pil elevati, in grado di riassorbire in tempi rapidi l'ampia area della disoccupazione e della inattività creata dalla crisi". In un tale scenario l'Italia "rischia di avere una jobless recovery". Molto deve essere fatto, cercando di imprimere alle politiche del lavoro un approccio "maggiormente attivo, su cui l'Italia ha un ritardo storico".
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