martedì 23 aprile 2024
Gli under 30 sono 51mila (il 5,7% del totale). Mentre i lavoratori stranieri hanno registrato dal 2012 al 2019 un calo costante, invertito solo nel 2020-21
Un badante a passeggio con un anziano

Un badante a passeggio con un anziano - Archivio

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«Il lavoro domestico rappresenta non solo una necessità per le famiglie italiane, ma anche - specialmente nei momenti di crisi economica - un’opportunità di lavoro per i giovani. In particolare, nelle regioni del Sud caratterizzate da un alto tasso di disoccupazione giovanile, il lavoro domestico può rappresentare un ambito di lavoro sicuro, formativo e duraturo». Lo afferma Lorenzo Gasparrini, segretario generale di Domina, l'associazione nazionale delle famiglie dei datori di lavoro domestico. Nonostante il comparto registri una notevole presenza di lavoratori “anziani”, in realtà gli under 30 sono 51mila (il 5,7% del totale) e il dato è significativo soprattutto per gli italiani.

In Italia la disoccupazione giovanile è tra le più alte a livello europeo e in alcune aree del Paese raggiunge livelli preoccupanti. Se a livello nazionale il tasso di disoccupazione è pari a 22,7%, in Sicilia il valore arriva al 42% e in Calabria arriva al 44,4%. In queste aree anche il lavoro domestico diventa un’importante opportunità di lavoro per i giovani. Il Rapporto annuale sul lavoro domestico, curato dall’Osservatorio Domina, si focalizza anche sull’evoluzione dei giovani (under 30) nel settore del lavoro domestico. L’analisi della serie storica evidenzia come il valore sia tornato a crescere a partire dal 2020 e come nel 2022 si registri una nuova flessione. La crescita del 2020 esattamente come quella del 2012 è influenzata dalle regolarizzazioni messe in atto nell’anno che di fatto hanno portato a far crescere il peso dei giovani nel lavoro domestico.

Questi dati complessivi nascondono due tendenze opposte, che vengono messe in evidenza considerando separatamente i lavoratori italiani da quelli stranieri. Le serie storiche esprimono chiaramente le tendenze in corso negli ultimi dieci anni: nel 2012 i lavoratori domestici italiani “giovani” erano 14mila, negli ultimi dieci anni il numero è cresciuto arrivando a quasi 18 mila nel 2022 (+21%). Malgrado il trend di crescita sia confermato nel lungo periodo si registra una forte flessione nell’ultimo anno.

I lavoratori stranieri, invece, hanno registrato dal 2012 al 2019 un trend opposto, di calo costante, invertito solo nel 2020-21 a seguito delle procedure di emersione attuate per fronteggiare la pandemia. Complessivamente, il numero di lavoratori stranieri è diminuito del 75% nel periodo 2012-2022. Il calo degli stranieri e il contemporaneo aumento degli italiani hanno avuto come conseguenza diretta l’aumento, in percentuale, della componente autoctona, passata dal 9,9% al 35% del totale under 30.
Quindi se nel 2012 solo il 10% dei lavoratori under 30 nel lavoro domestico era italiano, oggi la percentuale è aumenta al 35%.

Le principali caratteristiche dei lavoratori domestici con nazionalità italiana. Si tratta di quasi 18 mila giovani lavoratori domestici che nel 2022 avevano meno di 30 anni. Per quanto riguarda la composizione per genere e per tipologia di rapporto, le donne rappresentano l’82% del totale. La maggior parte di questi giovani domestici (58%) si occupa di assistenza alla persona (badante), mentre il restante 42% è inquadrato come colf. Mediamente guadagnano 3.700 euro, importo medio che deriva sia dall’orario ridotto (il 55% lavora meno di 19 ore a settimana) sia dalla durata dei contratti per un lavoratore su due non supera i sei mesi. Solo il 7% supera i 10mila euro di retribuzione annua, del resto meno di un lavoratore su dieci lavora almeno 35 ore a settimana.

La maggior parte di questi lavoratori si trova nel Sud 47%, dove la disoccupazione giovanile è un fenomeno più radicato. A livello regionale, il maggior numero di lavoratori domestici di nazionalità italiana si concentra in Sardegna (3,2 mila), addirittura più che in Lombardia (2 mila) e Lazio (1,8 mila). Pur essendo una regione molto meno popolosa rispetto alle altre due, questo dato non deve sorprendere, dal momento in cui, in Sardegna, ben l’82% dei lavoratori domestici ha cittadinanza italiana. Se poi andiamo a vedere come cambia l’incidenza di questi lavoratori “giovani” sul totale lavoratori domestici italiani, vediamo che in Calabria un lavoratore domestico su dieci è under 30. Di contro, il fenomeno è molto basso in Veneto (4,3%) ed Emilia Romagna (4,4%).

Situazione diversa per quel che riguarda i giovani lavoratori stranieri, che sono oltre 33 mila nel 2022. Nella maggior parte dei casi si tratta di colf (66%) e l’analisi di genere mette in evidenza la forte presenza maschile (42%). Elementi che evidenziano come i dati siano influenzati dalla recente regolarizzazione, in molti casi il lavoro domestico è la porta d’ingresso per il lavoro regolare, ma una volta acquisiti i documenti i migranti cambiano settore economico. Rispetto agli italiani guadagnano di più (5.200 euro), infatti il 41% lavora dalle 25 alle 29 settimane e il 55% ha dichiarato nel 2022 almeno sei mesi di lavoro. Diversamente dagli italiani si trovano al Nord (59%), dato in linea con la maggiore presenza straniera nelle regioni del Nord d’Italia. Mentre le regioni con la maggiore incidenza sono Campania (7,2%), Calabria (7%) e Sicilia (7%).

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