sabato 20 aprile 2024
Nel 2023 gli "smart worker" nel nostro Paese si assestano a 3,585 milioni, in leggera crescita rispetto ai 3,570 milioni del 2022, ma ben il 541% in più del pre-Covid
Una lavoratrice in smart working

Una lavoratrice in smart working - Fotogramma

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Prima della pandemia era poco applicato. E poco conosciuto: chi lo chiamava telelavoro o lavoro da remoto. Poi è diventato agile o smart working. Dallo scorso 1 aprile si è tornati a una nuova fase per un fenomeno in crescita: dopo i picchi del periodo Covid e una graduale riduzione negli ultimi due anni, nel 2023 i lavoratori agili nel nostro Paese si assestano a 3,585 milioni, in leggera crescita rispetto ai 3,570 milioni del 2022, ma ben il 541% in più rispetto al pre-Covid. Nel 2024 si stima saranno 3,65 milioni gli smart worker in Italia, come rilevava l'Osservatorio Smart Working della School of Management del Politecnico di Milano.

In questo scenario «si torna al modello stabilito nel 2017. Il Covid aveva comportato un utilizzo massivo dello strumento, che dall'innovazione organizzativa è migrato verso una finalità emergenziale. Ciò ha generato due effetti di sistema: da un lato sganciando lo smart working dalla finalità propriamente imprenditoriale, ma dall'altro ha dimostrato la sua ampia praticabilità e i suoi benefici anche sul piano sociale», spiega il giuslavorista Francesco Rotondi, consigliere del Cnel e fondatore dello studio LabLaw. «Alla prima fase di scetticismo, è seguita una fase di ottimismo eccessivo, che ha per certi aspetti sottovalutato la necessità di coniugare lo smart working con lo "stile organizzativo" delle imprese - sottolinea Rotondi -. Per questo si discute della necessità di un restyling normativo delle legge del 2017, anche se la criticità maggiore pare essere quella che riguarda l'adattamento dell'organizzazione aziendale allo strumento. Perché è emersa con prepotenza una istanza sociale che individua nello smart working uno strumento assai efficace di conciliazione dei tempi di lavoro, di cura e di vita, che si spinge fino a invocare un "diritto" allo smart working». «Lo strumento - aggiunge - nasceva dall'immaginare una modalità per rendere la prestazione più flessibile rispetto ai paradigmi della subordinazione classica legata al tempo ed allo spazio della prestazione di lavoro. Nella sua formulazione era uno strumento funzionale a un ammodernamento 'in parallelo' delle organizzazioni produttive e della prestazione lavorativa, ma si è rivelato, nei primi due anni di applicazione, un fenomeno "di nicchia", adottato per lo più da grandi imprese multinazionali, incluse grandi imprese italiane multinazionali o a vocazione internazionale, con numeri non particolarmente significativi nel mercato. Anche le criticità della norma del 2017 erano in parte superate o sottovalutate dai numeri della sua applicazione».

Si passa all'accordo individuale

L’imprenditore che decide di utilizzare il lavoro agile deve firmare con ogni dipendente un accordo individuale. Lo smart working non rientra più così nel concetto di "diritto" per il lavoratore, ma in quello di "modalità di esecuzione della prestazione". Secondo Daniele Bacchi, ceo di Reverse la discussione sulla trasformazione dello smart working in Italia, con il passaggio da un diritto a una modalità operativa che necessita di un accordo individuale, porta alla luce diverse sfaccettature del lavoro agile e del suo impatto sul tessuto lavorativo italiano. Eccole:

Bisogna riconsiderare il valore dell'esperienza in presenza

Certamente lo smart working offre flessibilità e può migliorare la qualità della vita dei lavoratori, è però fondamentale non sottovalutare l'importanza dell'interazione diretta e dell'esperienza in presenza, soprattutto per chi è all'inizio della propria carriera. L'apprendimento informale che si verifica vivendo quotidianamente l'ambiente lavorativo e interagendo faccia a faccia con i colleghi rappresenta un'opportunità di crescita insostituibile, che va oltre i contenuti di qualsiasi meeting programmato. Smart working si, ma è bene non isolarsi e valutare attentamente l’impatto della formazione sul campo, e del reinserimento di figure genitoriali.

La scelta di un accordo per il lavoro agile diventa oggi una vera e propria leva

Lo smart working non è solo una modalità di lavoro flessibile, ma anche una leva strategica per le aziende, che possono utilizzarla per attrarre e trattenere talenti in un contesto di crescente difficoltà nel reperimento delle competenze necessarie. In questo senso, lo smart working diventa a tutti gli effetti dall’1 aprile un fattore competitivo, la cui adozione è guidata dalle esigenze e dalle strategie aziendali piuttosto che da un'imposizione legislativa.

L’importanza di considerare le posizioni e le esigenze di tutti i lavoratori

È innegabile che lo smart working può introdurre una forma di disparità tra i professionisti, specialmente in un contesto imprenditoriale come quello italiano prevalentemente orientato al settore manifatturiero. La distinzione tra chi può lavorare da remoto e chi deve necessariamente essere presente fisicamente può generare tensioni e malcontento, non sempre basati su considerazioni logiche, ma anche su percezioni emozionali. Lo smart working rappresenta dunque un'opportunità significativa per molte aziende, ma è essenziale affrontare le sue sfide con una visione equilibrata, considerando le diverse esigenze dei lavoratori, oltre alle specificità del contesto imprenditoriale italiano.

«Per noi la strada maestra deve essere la contrattazione. Dove sono stati firmati contratti collettivi o accordi di secondo livello che lo prevedono, è una opportunità gradita e il lavoratore rimane libero di scegliere se utilizzare o meno lo smart working, spesso privilegiando il meccanismo dell'alternanza tra presenza e remoto. Per legge non si riesce a cogliere le molte peculiarità. Certo, sempre da privilegiare una forma semplificata che fortunatamente gli accordi possono garantire». Così Massimo Fiaschi, segretario generale di Manageritalia. Per Fiaschi, «la formula ibrida è la più adeguata. Ma attenzione alla carriera: molti lavoratori lamentano che essere troppo in remoto riduce le possibilità di crescere professionalmente. Necessaria poi la formazione che deve suggerire l'azienda e anche l'autoformazione. Bisogna sapersi tutelare di più e non perdere il contatto con l'azienda. A qualunque costo».


«Io vedo lo smart working con grande favore, perché è uno strumento che contribuisce a rendere attrattiva un'organizzazione e aiuta il dipendente a conciliare il lavoro con la vita privata. Bisogna attrezzarsi per fa sì che lo smart working diventi uno strumento utile a ottenere delle performance sul lavoro in linea con quelle delle altre organizzazioni». Lo ha affermato il ministro per la Pubblica amministrazione Paolo Zangrillo. Il ministro confida anche che per rendere più attrattiva la pubblica amministrazione «penso che sia necessario fare in modo che le nostre persone vengano premiate per quello che esprimono. Tornando alla pubblica amministrazione spesso si parla di una Pa che non è competitiva dal punto di vista retributivo. In realtà le retribuzioni di ingresso sono assolutamente competitive sul mercato e sono più alte di quelle degli studi professionali. Dobbiamo garantire dei trend e dei percorsi di crescita che riconoscano il valore delle persone. Io sto facendo una battaglia per introdurre il concetto del merito nella pubblica amministrazione. In questo contesto, a rendere più attrattiva la Pa verso i giovani lo smart working può aiutare, ma va gestito in maniera corretta. Ci aiuta a essere attrattivi. Nei prossimi dieci anni perderemo quasi un milione di persone che matureranno i requisiti per andare in pensione, per cui direi che circa 170mila assunzioni all'anno nei prossimi tre anni siano una cifra credibile».

Dal corso al galateo per chi torna in ufficio

Adapt ha progettato un corso on line della durata di un'ora e mezza, dal titolo Il lavoro agile post-pandemico: corrente regolazione e prospettive future. Il corso offre un'opportunità per comprendere appieno le implicazioni legali e regolamentari dello smart working e per adeguare le pratiche lavorative di ciascuna azienda in conformità con le ultime normative. Vengono fornite le indicazioni teoriche e pratiche relative alla regolazione del lavoro agile a fronte della definitiva dismissione del cosiddetto “smart working emergenziale” a partire dal 1° aprile 2024, con particolare riferimento ai lavoratori fragili e ai genitori di minori di 14 anni, e al completo ritorno alla normativa ordinaria anche in considerazione delle novità legislative introdotte tra agosto e dicembre 2022 (Decreto “Trasparenza”, Decreto “Semplificazioni”, Legge di Bilancio 2023) e le modifiche dalle stesse apportate alla disciplina della legge n. 81 del 2017. L’approfondimento normativo è accompagnato da indicazioni operative per la redazione di uno schema di accordo individuale conforme alla normativa vigente e a nozioni relative alla gestione degli aspetti previdenziali e fiscali del lavoro agile svolto dall'estero. Non si focalizza solo sul lavoro agile oltre la disciplina emergenziale, ma vengono analizzati anche i nuovi diritti e le modalità di accesso nonché la disciplina sulle comunicazioni. Inoltre, con riferimento all’accordo individuale, vengono analizzate soluzioni operative e buone prassi. Attenzione è dedicata anche alla disciplina dello smart working svolto all’estero.

Gli esperti di InfoJobs hanno stilato un piccolo galateo del rientro in ufficio, con poche e semplici indicazioni per “ri-abituarci” a vivere in un contesto lavorativo non più confinato fra le mura domestiche, ma che non può prescindere dalla coesistenza con la dimensione on line:
1) RICORDA CHE LA MODALITA’ DI LAVORO È IBRIDA: pianificazione, flessibilità e rispetto delle esigenze di tutti sono le parole chiave! L’organizzazione del lavoro, soprattutto di team, dovrà necessariamente conciliare le esigenze di chi lavora da remoto e di chi è presente in ufficio, pianificando con attenzione orari e spazi e utilizzando al massimo le opportunità della tecnologia, con un approccio flessibile alla gestione dei contrattempi, piccoli e grandi, che possono inevitabilmente presentarsi.

2) OUTFIT, AIUTO! In ufficio, abbandonati pigiami e tute, forse è dura rimettersi sui tacchi o riabituarsi a giacca e cravatta, ma, anche se ciò che conta è la produttività e il raggiungimento degli obiettivi, l’outfit da ufficio rimane ciò che cattura lo sguardo al primo impatto. In una recente indagine* di InfoJobs, il 69% degli intervistati ha dichiarato che il modo di vestire non incide sulla produttività, mentre per il 31% l’aspetto curato motiva maggiormente ad affrontare la giornata lavorativa. Quindi perché non riscoprire il piacere di dedicare tempo al proprio outfit?

3) SII PUNTUALE: se ormai il commuting casa-ufficio era pari alla distanza fra il letto e il tavolo della cucina, ora devi considerare che è necessario superare la soglia di casa e magari utilizzare treni o mezzi per arrivare sul posto di lavoro. Non è semplice riabituarsi a calcolare i giusti tempi, ma la puntualità al lavoro è molto apprezzata. E se sei uno dei fortunati con orario flessibile meglio ancora, se non hai appuntamenti approfittane per regalarti una coccola pre-ufficio, magari apprezzando il tempo per te di un caffè al bar o uno sguardo alle vetrine.

4) RISPETTA L’ORARIO DI LAVORO… TUO E ALTRUI: per ciò che concerne l’organizzazione del lavoro in ufficio, considera il più possibile gli orari “standard”. Se si tratta di un’eccezione o di una emergenza, si può anche sforare, ma cerca di attenerti il più possibile alle ore canoniche, è un bene per te e per gli altri.

5) LA TUA POSTAZIONE NON È UN’ISOLA… LIMITA IL TONO DELLA VOCE: se sei abituato a lavorare in casa, magari destreggiandoti fra bimbi che giocano, compagni/compagne che lavorano e per farti sentire “devi urlare”, o se, al contrario, hai una casa tutta per te e il tono di voce si alza in alcune call… che succede quando rientri in ufficio? Ricorda che ci sono colleghi (e capi) ed è preferibile adottare un tono di voce adeguato, per non disturbare ma anche per mantenere riservate le proprie conversazioni. Stesso discorso per chi parla dall’altra parte dello schermo: le cuffie in ufficio non sono un optional ma la base del rispetto.

6) TEAM BUILDING: pause caffè o pranzi, sempre nel rispetto delle regole della nuova normalità, sono momenti preziosi di confronto con i colleghi. Permettono di esplorare la persona, oltre il professionista, di creare legami che possono poi sfociare in amicizie, ma anche di risolvere a quattr’occhi dubbi e problemi di lavoro. Prenditi il tempo per una pausa con loro, ma resta in contatto anche con i colleghi che lavorano più spesso da casa, per costruire davvero un team ibrido e affiatato.

7) PRIVACY: la postazione di lavoro non è la scrivania di casa. Fai attenzione a non lasciare oggetti personali, documenti riservati o pc attivi, soprattutto in open space o scrivanie in condivisione. I dati sensibili sono tali per un motivo!

8) ATTENZIONE AGLI SGUARDI: uno dei vantaggi dello smart-working è la possibilità di sfogarsi da momenti di stress in libertà a telecamere spente. In ufficio non è così, non ci si può celare dietro una telecamera non attiva; occorre quindi mantenere sempre un atteggiamento professionale e mostrare il disappunto in modo adeguato al contesto, senza eccessi, ma anche senza ipocrisie. Attenzione agli sguardi troppo rivelatori!

9) IMPEGNI PERSONALI: un altro vantaggio dello smart-working è la flessibilità, che per alcuni si traduce nella possibilità di gestire con più agio gli impegni propri e della famiglia. Con il rientro in ufficio o con il lavoro ibrido è necessaria una maggiore e migliore organizzazione per bilanciare lavoro e vita privata senza che l’uno ostacoli l’altra e viceversa. Migliore organizzazione che può essere anche un’opportunità: se in tempi di full smart i confini tra vita privata e professionale erano labili, qui puoi davvero obbligarti a staccare una volta lasciata la scrivania.

10) DIVERTITI: il lavoro è impegno, ma anche passione. È quindi fondamentale che la professione che ci tiene incollati a una scrivania o che ci vede comunque operativi per gran parte della giornata sia anche motivo di soddisfazione e non solo un dovere. E se il lavoro non soddisfa più le aspettative, forse è il momento di cercare una nuova opportunità che rispecchi maggiormente i nostri nuovi desideri.






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