venerdì 22 gennaio 2010
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«A volte ritornano? Eb­bene sì, stanno ritor­nando ». Gregorio De Felice, presidente Aiaf (Associazio­ne italiana degli analisti finanziari), non demonizza certo i prodotti strutturati. «Sono una delle cinghie di trasmissione del sistema: miglio­rano il passaggio del denaro da chi lo genera, le famiglie, a chi lo utiliz­za per creare lavoro, le imprese». Ne stigmatiz­za però la degenerazio­ne dell’utilizzo. È stato fra i primi in Italia, nel­l’anno nero della finan­za, a formulare con l’Aiaf delle proposte concrete per evitare nuovi collas­si dei mercati. Nel vostro documento, che risale alla primave­ra 2009, chiedevate fra l’altro di «modificare gli attuali modelli di super­visione e di vigilanza», aumentandone il grado di coordinamento a li­vello europeo, e di «ac­crescere la trasparenza nel collocamento e nel­la negoziazione di stru­menti finanziari com­plessi, evitandone ad e­sempio il collocamento presso le Amministra­zioni pubbliche». Siamo al punto di partenza? Anche noi analisti eravamo persua­si della necessità di nuove regole, di una vigilanza coordinata a livello in­ternazionale e di una ridefinizione dei modelli di rating, le «valutazio­ni » sul rischio dei debiti fatte da po­che agenzie che, non va dimentica­to, sono stati uno dei problemi alla base della crisi. Finora, di concreto, è stato fatto ben poco. Tante promesse dopo lo choc ma ancora pochi risultati? In Europa sono state ripetutamente annunciate nuove regole «micro» e «macro» ma agli effetti pratici anco­ra non ci sono. Negli Stati Uniti il pre­sidente Obama aveva promesso una stretta senza precedenti sugli ecces­si della finanza ma è stato bloccato. Da chi? Dai banchieri, anzitutto, che stanno in qualche modo negando le loro re­sponsabilità, attribuendole al 'siste­ma'. E dagli stessi uomini politici, che le nuove regole dovrebbero for- malizzarle attraverso le leggi ma sembrano aver già perso il senso d’urgenza del problema e la sua pe­ricolosità, così evidenti invece dopo il crollo Lehman. Hanno trovato in Ben Bernanke, il presidente della Fed, un capro espiatorio: la maggio­ranza afferma che alla fine è stata tutta colpa della Banca centrale a­mericana e della sua politica mone­taria e ora se ne lava le mani. Oba­ma, al di là dei moniti che ogni tan­to lancia, pare bloccato. Almeno i risparmiatori la lezione l’hanno impa­rata? O cercano ancora di massimizzare i rendi­menti scegliendo pro­dotti rischiosi che non conoscono o non posso­no conoscere fino in fondo? Temo che il forte rimbal­zo delle Borse, circa il 70% dai minimi di mar­zo 2009, abbia riacceso l’appetito al rischio ab­bassando la soglia di guardia. In molti casi però sono stati gli stessi operatori finanziari – bancari, consulenti, private banker – a suggerire prodotti rischiosi... Per questo chiediamo al governo, a due anni dal­l’entrata in vigore della Mifid (la direttiva previ­sta dal Financial Services Action Plan del’Unione europea per aumentare le garanzie degli investi­tori, ndr), di introdurre le nuove re­gole per il consulente finanziario in­dipendente con la conseguente isti­tuzionalizzazione di un Albo dei consulenti finanziari privi di conflit­ti di interesse. La Consob ha però già approvato il nuovo regolamento. Attendiamo ancora la stesura da par­te del ministero dell’Economia del Regolamento relativo alle Srl e Spa di consulenza e la costituzione del­l’Organismo di tenuta dell’Albo. Con l’ultimo decreto «milleproroghe» sia­mo già al quarto rinvio. Che benefici avranno i risparmia­tori da questi nuovi professionisti? Avranno a disposizione una nuova generazione di consulenti in grado di indirizzare le loro scelte finanziarie con competenza e in assenza di con­flitti di interesse.
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