martedì 7 febbraio 2017
La prima costava 156mila lire: visse di rivalità e divise l'Italia. La Mostra Scambio di Novegro (17-19 febbraio) le dedica il palcoscenico, omaggio dovuto a un'icona da celebrare
Un manifesto dell'epoca che illustra i modelli

Un manifesto dell'epoca che illustra i modelli

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È il 1960 e Cerutti Gino, cantato da Giorgio Gaber, "monta in fretta" su una Lambretta ed entra nella storia. Oggi lo scooter Innocenti torna alla ribalta come ospite d'onore della Mostra Scambio di auto, moto, ricambi e cicli d'epoca, in scena a Novegro, alle porte di Milano, dal 17 al 19 febbraio. Il tappeto rosso della 69ª edizione, è tutto riservato agli scooter Lambretta e ai 70 anni dell'azienda milanese. Sarà infatti una mostra tematica di questi veicoli, il motivo di richiamo che condurrà i visitatori attraverso una parata di modelli che hanno fatto la storia del motociclismo italiano e che tanto hanno contribuito alla motorizzazione di massa.

Ma a Novegro rispunterà anche una sfida dal sapore nostalgico: Lambretta contro Vespa, come nel dopoguerra quando i due scooter rivali dividevano il popolo delle due ruote creando una contrapposizione quasi filosofica. La Vespa, disegnata nel 1946 – e che quindi di anni ne conta 71 – da Corradino D'Ascanio, ha continuato a vivere, evolvendosi negli anni, fino a diventare un'icona mondiale, declinata in decine di modelli. E la Lambretta? "Lambrettwist", cantavano i Cetra, in uno spot di settore per tenere in vita il motoveicolo che soffriva la crisi, la concorrenza, la tendenza, la moda, tutta quella roba lì per la quale alla fine ha dovuto arrendersi, anno 1971, traslocando in India e oggi tornando a casa, un po' diversa, costruita nei più economici stabilimenti di paesi asiatici. Il governo indiano comprò la catena di montaggio della Lambretta, essenzialmente per le stesse ragioni per cui Ferdinando Innocenti l'aveva costruita dopo la guerra: l'India all'epoca era un Paese con poche infrastrutture e non era ancora pronta economicamente per produrre piccole automobili dedicate al trasporto privato.

Così un'icona italiana prese il volo. Lasciando il ricordo orgoglioso che rivive nella passione dei collezionisti e di tantissimi Club sparsi in tutto il mondo che conservano e alimentano il mito. Proprio quello fu, perché a Milano e dintorni, non c'era partita tra vespisti e lambrettisti: vincevano i secondi con tre o quattro giri di vantaggio, non soltanto per la velocità che premiava la motoretta nata là dove c'era l'erba e oggi ci sono rottami arrugginiti, vetrate in frantumi, vicino al fiume Lambro, quartiere di Lambrate, che ispirò Ferdinando Innocenti per deciderne il nome. Come la Vespa, aveva un motore a 2 tempi funzionante a miscela di benzina e olio, 3 marce, con una cilindrata che variava dai 49 ai 198 cc. Molto più equilibrato però il suo motore centrale di quell'"accrocco laterale con improbabile tenuta di strada esibito dalla nemica Piaggio", come dicevano i più accaniti tifosi della Lambretta.

Certo, la Vespa era carenata, più "trend", di gran moda soprattutto nel Centrosud, terra di sole e gita ai castelli. A Milano invece tra il nebiun, il magun e il panetùn, "veniva meglio" quella specie di Lego di tubi e cromature. Innocenti del resto era imprenditore di quel settore, e il ponteggio del restauro della Cappella Sistina è stato frutto dei suoi tubi. Durante la seconda guerra mondiale, la fabbrica fu bombardata e completamente distrutta. Innocenti, nell'attesa di riavere da parte degli Alleati gli stabilimenti di Milano, diede vita nella capitale allo studio del prodotto che avrebbe costituito la riconversione post-bellica della fabbrica. Prendendo ispirazione proprio dai mezzi militari americani giunti in Italia durante il conflitto, e comprendendo le nuove necessità di movimento della popolazione nell'immediato dopoguerra, decise di dedicarsi alla produzione del rivoluzionario scooter.

Nel 1947, conclusa la fase di progettazione, e dopo aver ricostruito gli stabilimenti milanesi, inizia la produzione della Lambretta: l'enorme successo fece sì che, in quasi 25 anni, venisse costruita su licenza anche in Argentina, Brasile, Cile, India e Spagna.Il Lambrettista era, dunque, il lavoratore medio che, non potendosi ancora permettere la Fiat o affini puntava sul due posti a cielo aperto, con annesso portapacchi. Nel 1947 un operaio portava a casa ventimila lire al mese. La prima Lambretta ne costava centocinquantaseimila: il boom che arrivò a produrne un milione di esemplari all'anno, fece abbassare la cifra a centododicimila lire, sette anni dopo. Lungo i Navigli, all'Ortica, sito di Milano, ma anche a Santa Rita o alle Ferriere, sito di Torino, contavi più Lambrette che Vespe, a seguire Cinquecento, Seicento, qualche Appia dell'elegante Lancia, motocarri, torpedoni e biciclette. Niente di meglio quindi della Mostra-Scambio di Novegro per ricordare questa storia gloriosa, nel contesto del Parco Esposizioni, che accosta il pubblico non solo all'ammirazione di esemplari preservati in ogni dettaglio ma anche alla possibilità di intervenire nel restauro e nel recupero di veicoli che costituiscono la preziosa memoria della nostra storia industriale.

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