domenica 10 dicembre 2017
La misura che regolamenta e promuove tale attività in Italia è ferma al Senato dopo il via libera della Camera a marzo 2016
I sindaci spingono per approvare subito la legge
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Le speranze ci sono ancora ma sono ridotte al lumicino o quasi. Era l’inizio di marzo 2016 quando veniva approvata alla Camera dei Deputati, con 282 voti favorevoli e solo 4 contrari, la proposta di legge che per la prima volta riconosceva in Italia il commercio equo e solidale (cees) e prevedeva misure per la sua promozione. Ma passata in Senato se ne sono in sostanza perse le tracce. E oggi, con la fine della legislatura che incombe, è una di quelle norme che rischiano di dover ricominciare dall’inizio il loro cammino nella prossima legislatura, con tutte le incognite del caso. Per questo ha preso quota negli ultimi mesi e settimane un’iniziativa, che le organizzazioni di riferimento del settore hanno appoggiato, che ha visto protagonisti i sindaci. Più di cento, per la precisione 104, i primi cittadini che hanno sottoscritto una lettera aperta in cui dichiarano 'il sostegno e l’impegno della propria amministrazione - si legge nel testo - a favore di una rapida approvazione del testo di legge'. Ricordando inoltre: che già il precedente Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, aveva definito il cees 'un apprezzabile fenomeno che riesce a coniugare i valore della libera impresa e della solidarietà'; che numerose Regioni italiane hanno in ordinamento normative specifiche sul cees; e che sempre il cees è stato di recente riconosciuto e valorizzato nelle Riforme del Terzo settore e della Cooperazione internazionale.

Le premesse, i motivi, il consenso ampio e trasversale per l’approvazione definitiva e, come dire, indolore della legge anche in Senato c’erano tutti. Ma per ragioni su cui purtroppo serve ormai a poco indagare siamo arrivati a questo punto, cioè al fotofinish. «Più che ristretti, i tempi sono ormai quasi tramontati », dice infatti Paolo Brivio, sindaco di Osnago (Lecco), che è stato il promotore dell’iniziativa, è il primo firmatario della lettera e ha organizzato poi l’adesione degli altri sindaci. I quali arrivano in buona parte dalla Lombardia e in generale dal Nord Italia, ma c’è comunque una discreta rappresentanza anche di molte province del Centro e Sud. A far ancora sperare è soprattutto il fatto che proprio in questi ultimissimi giorni la discussione sulla legge si è riaperta, in relazione all’esame della legge di Bilancio.

Se si dovesse trovare un accordo in tale sede, la commissione referente al Senato (Industria, Commercio e Turismo) avrebbe a quel punto due possibilità: la prima, che è la via maestra, sarebbe risolvere velocemente la discussione in Commissione e cercare un’approvazione rapida in aula, contando sul fatto che alla Camera il voto contrario fu quasi inesistente. Più veloce ancora la seconda strada, prevista dalle procedure: approvare la legge direttamente in commissione, in sede legislativa, evitando l’aula. Quando si è voluto, in Parlamento si è andati a dir poco spediti. Per cui anche in questo caso a fare la differenza sarà la volontà. Quella di dotare finalmente il Paese di una normativa organica che riconosce e promuove un modo d’intendere il commercio dove al primo posto non c’è il profitto, bensì le persone e l’ambiente.

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