mercoledì 6 ottobre 2010
Al vertice tra l’Unione europea e i 16 Paesi asiatici si è lavorato a uno scambio che consente all’economia del Dragone di mantenere un vantaggio competitivo in cambio di risorse per sostenere gli elevati debiti pubblici del Vecchio continente. Trichet (Bce) accusa: il valore dello yuan è ancora troppo basso La Cina: non rivaluteremo. E compra titoli pubblici europei e greci.
- Occidente prateria per il galoppo cinese? di Giorgio Ferrari
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Tra l’Unione europea e la Cina non si parla di "guerra delle valute", i Paesi dell’euro non minacciano ritorsioni contro la sottovalutazione dello yuan e i cinesi offrono di acquistare bond sovrani finanziando così parte del debito pubblico europeo: tuttavia, che il contenzioso tra l’Ue e Pechino rimanga una sorta di pace armata, lo si è visto nella discussione che i vertici del Gruppo dell’euro hanno avuto in margine al vertice euroasiatico che culmina oggi in uno dei periodici summit Ue-Cina.I presidenti dell’Eurogruppo Jean-Claude Juncker e della Bce Jean-Claude Trichet, incontrando ieri il premier Wen Jiabao hanno commentato con soddisfazione l’annuncio cinese di acquisto di bond sovrani, cominciando da quelli dell’indebitatissima Grecia. I due non si nascondono però – a sentire quel che i diplomatici hanno fatto filtrare – il timore che anche così Pechino acquisisca un potere di condizionamento delle politiche europee. Sommandolo dunque al peso già esercitato sul piano commerciale dal rullo compressore delle esportazioni dell’Impero di Mezzo, potenziate anche da uno yuan sottovalutato artificiosamente. Quelle preoccupazioni, sicuramente sentite dall’insieme dei dirigenti europei, non sono certo alleviate dalle condizioni che Wen Jiabao ha posto alla "collaborazione" con l’Europa. A Bruxelles infatti il premier ha innanzitutto chiarito che non intende rivalutare lo yuan in misura sostanziale. «Dobbiamo lavorare insieme per promuovere la crescita economica mondiale, intensificare il coordinamento», ha detto Wen Jiabao ma – ha sottolineato – «mantenendo relativamente stabili i tassi di cambio». Porta chiusa, quindi, alle richieste europee e americane perché Pechino adegui il valore dello yuan ai termini reali dell’economia cinese. Gelo, anche, sull’idea del leader francese Nicolas Sarkozy – presidente del G20 dal mese prossimo e per un anno – di portare la Cina a rivedere il cambio dello yuan entrando in un accordo mondiale contro l’instabilità valutaria. Accordo che rimedierebbe a una situazione mondiale di guerriglia tra le valute, mentre le svalutazioni competitive a sostegno dell’export rischiano di diventare la regola e l’euro rimane l’unica grande moneta condannata a rimanere forte. In positivo, poi, Wen ha promesso la collaborazione del suo Paese a uno sviluppo ordinato dell’economia mondiale, nell’interesse di tutti. Ma nel documento di questo vertice tra i Ventisette dell’Ue e 16 Paesi asiatici il premier ha fatto inserire un impegno antiprotezionismo alla «progressiva liberalizzazione dei mercati interni e di quelli internazionali». È questa la condizione di fondo che Pechino pone per continuare la sua collaborazione con l’Europa, in particolare acquistando bond sovrani: se gli europei, cioè, vogliono davvero beneficiare di questo sostegno devono rinunciare a proteggersi dall’aggressività dell’export cinese, pur aumentata dalla sottovalutazione dello yuan. L’Ue non pensi quindi di seguire l’esempio del Congresso americano che minaccia sanzioni se lo yuan non sarà rivalutato, in misura significativa e alla svelta. In risposta, Trichet e Juncker, affiancati ieri dal commissario europeo Olli Rehn, non hanno fatto altro che ribadire posizioni note. «L’evoluzione del tasso di cambio dello yuan non è proprio stata quella che avevamo sperato», ha osservato il capo della Bce. E il presidente dell’Eurogruppo, ricordando le promesse un po’ generiche fatte in giugno da Pechino, ha detto che «rimane da sfruttare il potenziale della decisione cinese di giugno per una politica di cambio più flessibile». «Ai nostri amici cinesi – ha aggiunto Trichet – abbiamo detto chiaramente che è molto importante che l’impegno di giugno sia rispettato». «Il tasso yuan-euro è sproporzionato, tale da indebolire la ripresa nella zona dell’euro», ha fatto eco Rehn. Ma Wen Jiabao non la pensa così e l’Ue non vede come fargli cambiare idea.
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