venerdì 27 febbraio 2015
Tutti auspicano che il sistema duale, di ispirazione tedesca, ma su profonde radici italiane, finalmente sia riconosciuto come uno dei due pilastri del Paese.
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La storia della formazione professionale e il suo futuro all’auditorium Gerini di via Tiburtina a Roma: hanno discusso vivacemente del tema Mario Tonini, direttore generale di Cnos-Fap promotore dell’iniziativa, con rappresentati del mondo politico, economico e culturale:  Fabio Storchi, presidente di Federmeccanica, Giuseppe De Rita, presidente Censis e per Confindustria, Claudio Gentili, responsabile della sezione Education, che ha moderato l’incontro.Spunto di partenza il nuovo libro di Nicola D’Amico Storia della formazione professionale in Italia edito da FrancoAngeli, la prima vera opera omnia su un sistema alternativo alla scuola tradizionale di cui raramente si parla e il cui valore e fondata utilità per l’occupazione, sono spesso ignorati, non solo perché poco se ne parla, ma anche per evidenti pregiudizi culturali. Ne è ennesima riprova il recente sondaggio Isfol da cui emerge che solo la metà degli intervistati ha sentito parlare di formazione professionale, spesso in modo non chiaro e confondendola con gli istituti professionali. Un quadro grave, a cui porre rimedio diventa urgente. Dato che questo ignorare indirizza i giovani a scelte formative sbagliate e con prospettive occupazionali molto basse, con risultati di disoccupazione giovani che son sotto gli occhi di tutti. A questo si somma lacunosa considerazione da parte di chi legifera. In questi giorni si è letto dell’apprezzamento da parte di Ocse sulle iniziative del Jobs act di Renzi, ma quali e di che valore quelle per la formazione professionale?Mario Tonini - Direttore generale Cnos-Fap: "Per noi questo libro è un grande strumento di conoscenza e di riconoscenza del lavoro per la formazione professionale. Però voglio andare oltre, voglio che questo strumento ci consenta di attivare risvolti di sostegno politico e non solo. Noi sia tra il mondo delle imprese che ci chiedono più figure adatte a loro, i giovani che vogliono un lavoro, ma non sempre sanno cosa scegliere,  e la difficoltà di fornire un servizio di formazione pieno e distribuito in tutta Italia".Fabio Storchi, presidente FederMeccanica: "Provo una sorda primordiale rabbia per aver visto per decenni la sottovalutazione – culturale, politica, operativa – della formazione legata al lavoro a tutto vantaggio di un primato della scuola, nei suoi diversi gradi e livelli. Un atteggiamento che è concausa della disoccupazione giovanile".Giuseppe De Rita, presidente Censis: "Non si può fare un’offerta formativa senza considerare la domanda. Il ’68 fu un momento in cui privilegiare la cultura per la cultura e il rifiuto di conseguenza a escludere la formazione professionale. In questo momento si è creata una frattura ma più risanata".Claudio Gentili – direttore Education di Confindustra: "Il libro di Nicola d’Amico colma una lacuna scientifica, la formazione professionale è stata sottovalutata in Italia: è un libro che a ben guardare è di straordinaria attualità perché aiuta a progettare un’Itala del futuro".Lucia Valente – assessore al Lavoro – Regione Lazio: "Non sempre come Regione abbiamo operato bene, ora abbiamo deciso che si  debba andare più su una formazione on damaind, andare incontro alle richieste delle imprese, che cambiano costantemente. Oggi anche l’occupazione sarà sempre più saltuaria e dovremmo imparare a rispondere velocemente nel riqualificare e trovare sbocchi altri".Nicola D’Amico per oltre tre anni ha raccolto materiali, documentazione legale e storica per comporre un’opera di grande spessore cosa ne pensa. Lui che come giornalista, commentatore di fatti legati all’istruzione e al mondo del lavoro, per mezzo secolo ha seguito le vicende dell’istruzione in Italia, con rara attenzione: "La storia è antichissima, insomma nei monasteri nel 1100-1200, ma venendo a oggi alla campagna di alfabetizzazione del dopoguerra, in questo periodo la formazione professionale ha avuto una svolta, il suo obiettivo non era solo alfabetizzare, insegnare a leggere e scrivere, ma era un modo per dare lavoro. L’Italia da ricostruire dopo la guerra è un po’ come l’Italia da ricostruire oggi. Bisogna guardare alle imprese e alle loro necessità".In conclusione tutti auspicano che il sistema duale, di ispirazione tedesca, ma su profonde radici italiane, finalmente sia riconosciuto come uno dei due pilastri del Paese.
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