sabato 2 dicembre 2023
Le nuove tecnologie faranno nascere 2,5 milioni di nuovi posti di lavoro. Ma servono le competenze per aggiornare e riqualificare il personale. Oltre a percorsi che preparino gli studenti
Un esempio di Intelligenza artificiale

Un esempio di Intelligenza artificiale - Pixabay

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L’Ia-Intelligenza artificiale sta rivoluzionando non solo la nostra vita quotidiana, ma anche il nostro modo di pensare, di lavorare e di apprendere. Può migliorare l’esperienza formativa (sia per gli amministratori che per gli utenti) grazie ad algoritmi specifici. Tuttavia l’implementazione dell’Ia necessita di una combinazione di algoritmi basati su machine learning, deep learning ed elaborazione del linguaggio naturale. Il potenziale di queste nuove tecnologie è enorme. Gli strumenti didattici incorporeranno sistemi di Ia in grado di elaborare le domande degli utenti e di rispondere in tempo reale, offrendo ragionamento, consulenza e chiarimenti a tali domande. Inoltre, l’Ia aiuterà gli utenti a scoprire nuovi materiali didattici, suggerendo vari asset di formazione ed eliminando le attività manuali necessarie per svolgere questo compito. Gli utenti possono interagire con un assistente di Ia integrato in varie piattaforme eLearning che riconoscono la loro lingua. I sistemi basati sull'Ia “ascoltano” e comprendono il linguaggio come frasi e connotazioni complete, mentre l’utente parla con la piattaforma. Inoltre, gli istruttori virtuali basati su Ia possono comprendere varie pronunce, linguaggi, suoni di sottofondo o variazioni nei suoni umani. L’obiettivo di ogni tecnologia è sempre quello di introdurre miglioramenti, senza sacrificare la qualità. Questo è esattamente ciò che l’Ia farà per la formazione: accelerare il processo di apprendimento eliminando i vari ostacoli minori, senza sacrificare la qualità dell’esperienza formativa. Oltre ad automatizzare i processi, l’Ia sarà anche in grado di scoprire nuovi contenuti formativi per una determinata tipologia di utenti, analizzando le informazioni disponibili attraverso​sistemi on line, come le piattaforme video e i marketplace on line per la formazione e l’insegnamento. Allo stesso modo, l’Ia sarà in grado di scansionare piattaforme social e di apprendere come specifici contenuti hanno generato risultati positivi che potranno essere applicati a nuovi compiti, fornendo agli utenti nuove opportunità di formazione personalizzata. Bisogna prendere in considerazione anche la creazione di contenuti. Pensiamo alle applicazioni dell’Ia nel mondo dell’editoria, grazie alla messa a punto di algoritmi sempre più sofisticati che riescono a elaborare enormi quantità di dati e informazioni, strutturandole fino a trasformarle in storie, articoli o notizie. O, ancora, alla possibilità di analizzare articoli didattici e generare automaticamente nuove risorse formative, create combinando brevi video provenienti da contenuti già pubblicati.

La sfida dell'intelligenza artificiale

«L'Ia rappresenta una delle sfide più rilevanti e trasformative dei nostri tempi. Questo è il momento in cui il nostro Paese può giocare d'anticipo nella partita tra capitale umano e capitale tecnologico e assumere un ruolo da protagonista, cogliendo vantaggi senza precedenti». Così Mauro Macchi, ad e presidente di Accenture Italia, intervenuto in audizione informale alla commissione Lavoro pubblico e privato della Camera dei deputati. Secondo uno studio Accenture, nei prossimi dieci anni cinque milioni di lavoratori saranno a rischio di completa automazione e dovranno essere supportati con adeguati percorsi di reskilling; nove milioni saranno invece "potenziati" dall'Ia e necessiteranno di nuove competenze. Nel contempo, nasceranno 2,5 milioni di nuovi posti di lavoro. «Possiamo quindi affermare, considerate le tendenze demografiche che prevedono, nel prossimo decennio, una riduzione significativa di forza lavoro, che l'Ia avrà un impatto positivo elevando le professionalità dei lavoratori senza creare tensione occupazionale e diventando un fattore positivo per lo sviluppo dell'economia del nostro Paese», spiega Macchi. «Questo - avverte l'ad e presidente di Accenture - a patto di attuare un piano che conti sulla collaborazione pubblico-privato e che contribuisca ad accelerare la crescita del quoziente tecnologico della forza lavoro, tramite un corretto orientamento degli studenti e la creazione di percorsi specifici di formazione dedicati all'intelligenza artificiale generativa. Sarà inoltre strategico costruire e portare a scala un network di centri di eccellenza distribuiti sul territorio e specializzati sull'applicazione dell'intelligenza artificiale generativa all'interno delle più importanti filiere produttive del Paese, che potrebbe far fare un salto competitivo alle tante pmi attive nei nostri distretti industriali. Anche questo intervento può trarre beneficio dalla collaborazione tra le imprese private e la pubblica amministrazione». Anche da una ricerca promossa da Talent Garden e Politecnico di Milano emerge che più del 70% delle aziende contattate ha già introdotto o pensa di introdurre a breve tecnologie basate su Ia e che i processi creativi, dunque l'aspetto umanistico, farà la vera differenza nell'applicazione dell'Ia.

Atteggiamento positivo dei colletti bianchi

Mentre il III Rapporto sugli impatti dell’Ia e della digitalizzazione sul lavoro, a cura della Fondazione Aidp e Doxa, punta l'attenzione sui colletti bianchi, ossia dirigenti, quadri e impiegati. L’indagine è stata condotta su un campione di 400 interviste distribuite sull’intero territorio nazionale rivolte ai colletti bianchi di aziende con almeno dieci dipendenti. Il sentiment generale verso le nuove tecnologie è positivo per il 90%. Un dato significativo da sottolineare è una sorta di maggiore maturità rispetto al rapporto con le nuove tecnologie digitali. In altre parole, rispetto al passato, diminuisce la curiosità e il senso di sfida e aumenta la percezione di opportunità e di abitudine, approccio tipico di crescita dell’auto-consapevolezza rispetto alle novità digitali. La percentuale più elevata in termini di sentiment positivo è tra i dirigenti con il 99%. Rispetto al passato diminuisce notevolmente la percezione negativa. In particolare si ritiene che abbiano portato una maggiore efficienza (35%), un aumento della qualità (30%) e un accrescimento di competenze e professionalità (27%), oltre ad un alleggerimento della fatica su lavoro (25%). Il 31% degli intervistati ritiene che avrà impatti positivi sul proprio lavoro, dato in crescita rispetto al 23% del 2018. L’83% dei colletti bianchi afferma che i nuovi strumenti tecnologici e digitali avranno un impatto positivo sul mercato del lavoro in generale. Rispetto agli impatti sul miglioramento della conciliazione lavoro e vita privata, il 62% dei colletti bianchi esprime un parere positivo, in particolare tra i giovani-adulti e genitori con figli tra i 6 e 11 anni. Il livello di diffusione delle nuove tecnologie in tutte le aree aziendali risulta molto ampio nel 42% del campione, percentuale che sale al 56% nelle grandi aziende. Per il 45%, invece, tale diffusione è presente soprattutto in alcune aeree aziendali e meno in altre. L’utilizzo degli strumenti e tecnologie digitali favorisce soprattutto, l’ottimizzazione dei tempi e dell’organizzazione del lavoro migliorando la fluidità e l’efficienza dei processi, oltre l’aspetto relazionale, in particolare con i clienti. Di questo ne è molto convinta una percentuale del 23% circa dei colletti bianchi. Le maggiori espressioni positive provengano dai dirigenti con percentuali del 42%. Il 63% delle aziende organizza regolarmente corsi di formazione sulle nuove tecnologie per i propri dipendenti. Rispetto alle nuove assunzioni, avere competenze digitali è un requisito indispensabile solo per alcune funzioni per il 42%, mentre è un requisito indispensabile per tutti i nuovi assunti per il 25% delle aziende. Il 67% dei rispondenti considera che le competenze digitali dei nuovi assunti siano maggiori rispetto a quelle dei dipendenti con maggiore anzianità. Inoltre ChatGPT rappresenta in ordine temporale una delle più innovative applicazioni di intelligenza artificiale nell’ambito delle attività intellettuali. La ricerca, nonostante la recente introduzione della nuova tecnologia, ha voluto indagare la sua diffusione e conoscenza tra i colletti bianchi. Il 36% dei rispondenti ha dichiarato che conosce bene ChatGPT ma non lo utilizza, il 42% che lo conosce solo di nome. Solo l’8% dichiara di utilizzarlo in azienda, di cui il 19% tra i dirigenti. La principale modalità di impiego di chatGPT in azienda è per le traduzioni con il 41% delle indicazioni, con il picco del 50% tra le piccole imprese. Segue l’assistenza virtuale e chatbot per uso interno con il 38%. Subito dopo, tuttavia, si attesta l’utilizzo per la scrittura automatica di testi e la produzione di contenuti creativi (36-37%). Le percentuali più elevate si registrano nell’utilizzo della soluzione per l’assistenza e l’interazione con i clienti e per supporto di attività di data connection nelle grandi, con il 55% delle indicazioni. Il 58% dei colletti bianchi evidenzia un rischio medio-alto in termini di sicurezza, privacy, affidabilità e tutela delle informazioni derivante dall’ampia diffusione delle tecnologie digitali. Il 52%, inoltre, sottolinea lo scarso controllo sulla veridicità delle informazioni. Inoltre, il 32% ritiene che le nuove tecnologie non potranno mai sostituire completamente il lavoro delle persone, dato in forte calo rispetto al 44% del 2018. In sostanza, aumenta la preoccupazione in riferimento al rischio “sostituzione” delle tecnologie digitali rispetto al lavoro umano.

Un sostegno all'inclusione delle donne

L'Ia, forza in rapida crescita che sta rivoluzionando gli equilibri sociali e le dinamiche professionali in molteplici settori, sembra avere ancora un lungo percorso da compiere per garantire un’adeguata inclusione di genere. Nonostante Goldman Sachs preveda che potrebbe contribuire a un aumento del 7% del Pil globale (quasi sette trilioni di dollari), la presenza femminile è nettamente sottorappresentata. Accolte da Antonella Polimeni, rettrice dell’Università La Sapienza di Roma, esponenti autorevoli di differenti realtà legate all’Intelligenza Artificiale, tra cui organizzazioni internazionali come Unesco e W20 - gruppo di rappresentanza femminile del G20 - hanno creato un importante nuovo gruppo di lavoro unito da obiettivi comuni: individuare quali le linee di sviluppo e di regolamentazione dell’Ia e fornire nuove chiavi di lettura sugli sviluppi più recenti, insieme a opportunità e rischi, non solo al femminile. L'Associazione Donne 4.0 è al centro di questo appuntamento, ne è promotrice e ideatrice, insieme al Dipartimento di Matematica “Guido Castelnuovo”. Il Centro di Competenza Artes 4.0 ha invece presentato il progetto ARTES4Women, dedicato a lanciare un programma ad ampio raggio per il rafforzamento della presenza delle donne, sia in termini di quantità che di qualità, e per coinvolgere e rendere protagoniste, grazie alla sua forza aggregativa di imprese e accademie italiane altamente specializzate nell’alta tecnologia, le donne nella trasformazione digitale. L’obiettivo è impattare sulla presenza femminile con una serie di attività, basate sullo sviluppare e monitorare il potenziale, la presenza, il ruolo e le competenze femminili dei centri di competenza e dei loro network e fornire dati e raccomandazioni a livello nazionale. Da segnalare la prima edizione del progetto formativo AIXWomen, il quale consentirà a 100 donne di ricevere una formazione specifica sull'Ia, guidate dalle docenti della Faculty di Donne 4.0. La prima puntata di un percorso “al femminile” pensato per creare nuove opportunità professionali ed evitare così un nuovo "apartheid tecnologico di genere", causato dall'esclusione e dalla limitata visibilità femminile. Tra i principali temi trattati il Machine learning, le frontiere della Sanità digitale, la Robotica integrata all’AI, i Bias di genere così come il Natural Language Processing e la Conversational & Generative AI, tecnologie entrambe destinate a potenziare la capacità delle macchine di comprendere, interpretare e generare il linguaggio umano in modo efficace.

Il potenziale umano da valorizzare

Infine Lifeed, azienda di education technology che dal 2015 sta cambiando il mondo del lavoro creando soluzioni innovative per lo sviluppo e la sostenibilità del capitale umano, ha presentato Lifeed Radar il primo strumento digitale di sviluppo che, applicando l’Ia a una ricchezza unica di Human Data, rivela e attiva il pieno potenziale delle persone in azienda, anche quello tradizionalmente inespresso. Mediamente, infatti, nel luogo di lavoro viene utilizzato solo il 30% del potenziale delle persone. Grazie a Lifeed Radar le aziende possono usare l’altro 70%, quello che di solito viene usato al di fuori del lavoro. Si tratta di una vera e propria rivoluzione nel modo in cui le organizzazioni guardano e valorizzano le persone, frutto di dieci anni di investimenti nello studio della human intelligence e nella ricerca, avvenuta in collaborazione con l’Università Cà Foscari, l’Università Bocconi, l’Università degli Studi di Milano-Bicocca, l’Alma Mater Studiorum di Bologna, l’Università di Torino, la Kellogg School of Management e National Innovation Centre Ageing. Grazie a questi studi, Lifeed Radar è in grado di rendere visibile e dare valore a risorse che di solito vengono ignorate perché usate in ambiti esterni al luogo di lavoro: così facendo, anche le esperienze extra lavorative diventano utili e produttive. Manager, formatori ed Hr potranno guardare alle persone in modo nuovo grazie all’Ia, ricevendo innovativi “human data” con indicazioni su come migliorare il lavoro dei team, le relazioni tra le persone, capacità come l’innovazione, la leadership, l'agilità mentale e il problem solving, valorizzando al massimo tutto il potenziale delle persone. Gli effetti di questo strumento si sono dimostrati particolarmente efficaci in tre aree: quella della Retention, perché persone viste meglio e di più sono più forti e motivate a restare in azienda; quella Diversity & Inclusion perchè conoscere meglio le persone permette di eliminare gli ostacoli che ne indeboliscono il potenziale; e quella di Reskilling, arrivando a raddoppiare le competenze soft disponibili ai dipendenti.




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