domenica 17 aprile 2022
Anna Fasano, presidente di Banca Etica: il nostro lavoro per la pace non ha nulla di legato alla contingenza. È un impegno continuo, frutto di una scelta coerente nel tempo
Anna Fasano, presidente di Banca Etica

Anna Fasano, presidente di Banca Etica

COMMENTA E CONDIVIDI

«La finanza etica è del tutto incompatibile con gli investimenti nell’industria delle armi». Potrebbe non stupire che una banca che ha portato l’'etica' dentro al suo stesso nome riaffermi con estrema chiarezza la sua opzione di pace, pure con la guerra in corso ai confini d’Europa, dopo l’aggressione russa all’Ucraina. Ma è solo entrando davvero nei ventitré anni di storia di Banca Etica – nata, cresciuta e rimasta proprio per questo una banca 'differente' – che si coglie appieno il valore economico nonché l’impatto sociale e culturale di una scelta coerente nel tempo: «Il nostro lavoro per la pace – spiega Anna Fasano, prima donna presidente del Gruppo bancario nato a Padova nel 1999 – non ha in realtà nulla di legato alla contingenza. È invece un impegno continuo, giorno per giorno: prima, durante e dopo i conflitti. Per questo siamo liberi di dire dei 'no' anche quando c’è confusione sul tema delle armi come strumento di difesa. Esistono cioè dei 'no' che vanno detti sempre e comunque. Perché sono frutto di una scelta e non di un’adesione a regole d’investimento, siano pure sostenibili, che lasciano però alle volte dei margini di ambiguità». Ed è sempre questo tipo di lavoro 'giorno per giorno' che ha consentito a Banca Etica di chiudere l’esercizio 2021 con l’utile più alto di sempre finanziando la crescita sociale e investendo esclusivamente sul bene comune. Al consolidato di 16,7 milioni hanno contribuito le ottime performance per tutte le società del Gruppo: da Banca Etica (9,5 milioni) a Etica Sgr (9,9 milioni) passando per CreSud, che offre risorse e servizi a organizzazioni di micro finanza, produttori di commercio equo e sostenibile, associazioni e Ong nel Sud del mondo. Le masse intermediate, poi, hanno superato per la prima volta i 10 miliardi di euro, mentre il Roe (la redditività del capitale proprio, ndr) sfiora il 12%. Ma la capacità di affrontare con efficacia la complessità del contesto pandemico e creare valore per tutti i portatori d’inte- resse, i cosiddetti 'stakeholders', la si ritrova ancora meglio da un altro parametro, e cioè la straordinaria crescita dell’erogazione di credito a famiglie, associazioni non profit e imprese sociali: gli impieghi hanno superato gli 1,1 miliardi (+40% sul 2017) grazie a un miglioramento della gestione caratteristica e anche della liquidità.

«Per noi – rileva Fasano – è importante dare una risposta equa per tutti nell’erogazione del credito. Riusciamo così a essere molto competitivi a Palermo e magari un po’ meno a Vicenza, dove è più facile garantire finanziamenti a tassi bassi, considerata la forza del tessuto economico, ma siamo accanto al Terzo settore ovunque». Importante partire proprio dalla robustezza di questi numeri. Perché Banca Etica è una banca differente, certo, ma è soprattutto una banca che fa bene il suo mestiere. La 'differenza' va cercata invece nel processo attraverso cui raggiunge risultati economici competitivi rispetto al sistema e indicatori patrimoniali largamente superiori ai requisiti normativi: «Dopo la prima fase, vent’anni fa, in cui eravamo definiti i pionieri della finanza etica – continua Anna Fasano – oggi abbiamo messo a punto un modello di business che si distingue per concretezza, affidabilità e innovazione nel calderone delle offerte di finanza vendute come sostenibili, ma che nella maggior parte dei casi ancora investono in attività inquinanti o lesive dei diritti umani». Fonti fossili e armi sono quelle più evidenti, e le prime sono in parte presenti nella tassonomia europea degli investimenti sostenibili. In questa precisa scelta di campo, dunque, si può cogliere una prima caratteristica distintiva del modello: nella finanza sostenibile restano preponderanti la massimizzazione del profitto e il valore delle azioni e dei dividendi, cercando di non nuocere troppo all’ambiente. L’approccio della finanza etica è opposto: la realizzazione di utili economici è perseguita, ma è funzionale all’obiettivo di massimizzare i benefici per le persone, le comunità e il pianeta. «La finanza ha una capacità di guida talmente forte – spiega la presidente – che può veramente aiutare a costruire una buona economia. Le due dimensioni, però, non dovrebbero essere mai scollegate, altrimenti non si realizza anche la giustizia economica». L’interesse più alto, cioè, è quello di tutti e deve tenere insieme la dimensione ambientale, quella sociale e il modello di governance (gli ormai noti criteri ESG, Enviromental, Social e Governance). «La complessità porta a dividere e differenziare – continua Fasano – quando invece 'tutto è connesso', ricorda uno dei passaggi più illuminanti della Laudato si’».

Fasano ha lavorato durante e dopo la laurea in Scienze bancarie tanto nel profit quanto nel non profit. Bene conosce, quindi, il significato e il valore aggiunto del lavorare insieme. «Da sola la presidente non fa nulla, è piuttosto la governance cooperativa a fare sì che i risultati raggiunti siano già in partenza l’obiettivo di un gruppo di lavoro». Il processo è importante quanto il punto d’arrivo. E per chi crede che la sostenibilità non stia semplicemente nei prodotti che vende, ma plasmi uno stile bancario lo è ancora di più: «Il nostro modello parte dall’azionariato diffuso – spiega Anna Fasano –, parte dal basso. E si sviluppa nella trasparenza piena, fino alla proposta commerciale per i nostri clienti. Siamo ad esempio l’unica banca a pubblicare tutti i finanziamenti erogati». Sarà anche per questo, probabilmente, che le sofferenze risultano pari a un quarto di quelle del sistema. La trasparenza e la conoscenza del territorio, cioè, pagano, anche in termini di gestione del rischio. «Raccogliamo al Nord e investiamo al Sud da sempre – aggiunge la presidente –. E riusciamo a farlo perché la faccia di Banca Etica non sono solo le filiali o chi sta allo sportello o il consulente finanziario, ma gli 89 gruppi territoriali dei soci». Chi investe in Banca Etica, del resto, vuol sapere cos’è e per questo non bastano un logo o uno sportello. Ci vuole una storia di coerenza e trasparenza che negli ultimi anni si è arricchita della freschezza data dalla presenza in Spagna, dove nel 2018 è nata la Fundación Finanza etica per rafforzare le azioni di azionariato critico. «Ma un nuovo cliente devi poi saperlo ingaggiare. Vale a dire accompagnare, formare oltre che informare. Per questo i migliori investimenti interni che abbiamo fatto negli ultimi anni sono quelli nelle persone, a partire dall’Ufficio Reti e Relazioni». E questo permette di capire perché Banca Etica, in fondo, è una storia di storie.

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI