venerdì 22 luglio 2022
Il presidente dell'Anac Giuseppe Busia ha illustrato il nuovo portale per la misurazione del fenomeno corruttivo. Ancora una volta emerge che il rischio è molto più forte nelle province del Sud
Le province più a rischio si trovano al Sud

Le province più a rischio si trovano al Sud - Archivio

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Il rischio corruzione si annida soprattutto nelle province meridionali. Al primo posto c’è Enna, seguita da Crotone e Palermo. Le più virtuose, invece, sono Milano, Bologna e Modena. È la classifica che emerge dal nuovo sistema di misurazione dell’Anac-Autorità nazionale anticorruzione, basato su 70 indicatori che rilevano i livelli di istruzione, benessere economico, capitale sociale e criminalità nelle 106 province italiane. «Gli indicatori possono essere considerati campanelli d’allarme. Non sono un giudizio né una condanna – spiega Giuseppe Busia, presidente dell’Anac –. Possiamo paragonare la corruzione a un iceberg del quale si vede solo la punta, pur essendo la parte sommersa di dimensioni molto maggiori di quello che appare. Non è tuttavia esente da una elevata incidenza statistica, soprattutto in determinati contesti e da fattispecie ricorrenti che, messe a sistema, possono aiutare sia la prevenzione che il contrasto».

La corruzione, in Italia e nel mondo, è sempre stata quantificata in base a percezioni soggettive, condizionate spesso dalla eco di inchieste giudiziarie o giornalistiche più che su dati oggettivi e scientifici. Le classifiche annuali, come quelle di Transparency, stilate a livello internazionale, parlano infatti di «percezione della corruzione». L’Anac ha messo a punto dei criteri oggettivi di valutazione dei rischi di corruzione di un territorio, con un lungo lavoro di ricerca, condotto a livello europeo. Il risultato è un progetto interattivo che individua gli indicatori del rischio di corruzione in ogni area del Paese, pubblicato su un’apposita sezione del sito: "Misura la corruzione". Tra gli indicatori scientifici anche lo scioglimento per mafia delle amministrazioni locali, il reddito pro-capite e il ricorso frequente alla suddivisione dei contratti. Gli «indicatori di rischio corruzione» rilevano e segnalano le anomalie, utilizzando le informazioni contenute in varie banche dati, a cominciare da quella dell’Anac sugli appalti (con 60 milioni di contratti censiti negli ultimi dieci anni). Per il presidente dell’Anac, il nuovo portale per la misurazione della corruzione è «una piccola rivoluzione», perché dalle interviste a soggetti qualificati per misurare la percezione della corruzione si passa alla misurazione scientifica del rischio. «Utilizzando le informazioni contenute in varie banche dati – aggiunge Busia – l’Autorità ha voluto individuare una serie di "indicatori di rischio corruzione", in coerenza con quanto previsto dal Pnrr-Piano nazionale di ripresa e resilienza per il miglioramento dell’efficacia della lotta contro la corruzione».

Il progetto Misurazione territoriale del rischio di corruzione e promozione della trasparenza è stato sviluppato assieme all’Istat e a Università importanti, come la Sapienza e la Cattolica, ed è finanziato dall’Unione Europea. Il modello potrà essere un punto di riferimento internazionale, dal momento che nessun Paese è riuscito fornire in maniera strutturata e al più ampio pubblico possibile indicatori di rischio corruzione. Tra gli obiettivi, quello di fornire strumenti alle amministrazioni e alla politica per operare con maggiore precisione nei territori per prevenire e combattere la corruzione, ma anche quello di fornire un’immagine corretta del nostro Paese nel mondo, e permettere agli investitori stranieri o di altre regioni d’Italia di valutare le caratteristiche del territorio d’insediamento di nuove attività produttive.

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