sabato 30 marzo 2024
Centinaia di famiglie in difficoltà: hanno figli in affido ma l'assegno unico continua ad arrivare ai genitori naturali. I tentativi di sistemare le cose si perdono nei labirinti della burocrazia
Quando il figlio in affido resta senza assegno
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Hanno dato una famiglia a chi non l’aveva (o a chi ne aveva una disfunzionale), ma sono rimasti orfani dell’Assegno unico. È la storia di centinaia di famiglie affidatarie, alcune delle quali si sono rivolte ad Avvenire per raccontare la loro difficoltà a ricevere la prestazione dello Stato.

In Italia sono circa 13.500 i minori accolti in affidamento familiare, a tempo pieno, parziale o solo per alcune ore. I decreti di affido hanno durata massima di 24 mesi, anche se alcuni affidi si prolungano fino alla maggiore età del ragazzo (e anche dopo). Alle famiglie affidatarie i servizi sociali assegnano un contributo per il mantenimento del bambino intorno a 400 euro (250 in Puglia, 200 in Sicilia), una cifra esigua se rapportata alle spese di cui si fanno carico i genitori ospitanti: ecco perché l’AUU è salutato come una benedizione.

Che cosa prevedono le regole

La legge istitutiva dell’Assegno unico universale del 29 dicembre 2021 già prevede che il genitore affidatario possa presentare domanda di AUU nel periodo in cui si prende cura del minore. Eppure, accanto a famiglie affidatarie che, da subito, hanno potuto usufruire della prestazione statale, ce ne sono altre la cui richiesta non ha trovato seguito. E se fino al febbraio 2022 la sentenza di affido era stata per loro requisito sufficiente per percepire gli assegni al nucleo familiare, con l’avvento dell’AUU non lo è più stato. Il motivo? Al codice fiscale del minore era ancora «associata» la famiglia naturale, ragion per cui alla coppia affidataria è stato impedito il completamento della domanda. E anche quando l’istanza è stata inizialmente accolta, dopo il primo controllo incrociato che evidenziava una discordanza, è decaduta.

È il caso di Pietro ed Elisabetta (nomi fittizi), famiglia torinese. « Nell’agosto 2021 – racconta Pietro – abbiamo accolto una bambina di 6 anni, Valentina ( ibidem) in affido. Come richiesto dai servizi sociali, non l’abbiamo iscritta nello stato di famiglia, per meglio tutelarla. Da allora abbiamo ricevuto regolarmente gli Assegni al nucleo familiare. Da gennaio 2022, in previsione dell’avvio dell’AUU, abbiamo presentato al patronato – allora come nei mesi precedenti – i documenti rilasciati dal Tribunale che accertavano come la bambina si trovasse nella nostra famiglia. Abbiamo ricevuto una prima erogazione nel marzo 2022, poi più niente: perché al codice fiscale della bambina era già associata un’altra richiesta».

Alla radice del problema

Casi segnalati anche dal Forum delle famiglie all’Inps, il cui direttore centrale ha risposto – il 21 febbraio – con una comunicazione interna che ribadisce il diritto della famiglia affidataria a ricevere la prestazione. La famiglia affidataria o gli operatori di patronato, nel compilare la domanda di AUU, dovranno spuntare la specifica opzione «genitore affidatario per affido preadottivo o temporaneo » e allegare il provvedimento temporaneo di affido.

Tutto bene, dunque? « In teoria sì» osserva Sauro Rossi, segretario nazionale confederale della Cisl, con delega alle politiche sociali e della famiglia «ma il successo della procedura dovrà essere monitorato con attenzione». Di quali cifre stiamo parlando? « Il minore in affidamento – spiega il sindacalista - dovrebbe far nucleo a sé, per cui la famiglia affidataria dovrebbe ricevere, nell’interesse esclusivo del ragazzo, l’importo massimo della prestazione» che oggi corrisponde a circa 200 euro al mese. Attenzione, però. Non sempre la compilazione di un’Isee «autonomo» del minore equivale a ricevere agevolazioni. Perché se il minore mantiene la residenza anagrafica presso la famiglia di origine (con cui, però, non convive più), ma viene affidata ad una famiglia che risiede in un Comune diverso, per l’ente locale il minore è considerato non residente e dunque paga i servizi (ad esempio la mensa scolastica) a tariffa piena, a prescindere dal proprio Isee».

I guai dei genitori affidatari

«Perdonate il disturbo – scriveva Luigi a “colleghi” genitori affidatari –. Ho provato a rifare la domanda per richiedere l'assegno universale col codice fiscale di Vanessa. Il sistema dice, ora come allora, che il CF è già presente in altra domanda (non sappiamo di chi, forse della madre naturale). Qualcuno è riuscito ad uscire da questo impasse?».

Per uscire dall’impasse può essere utile (ma non sempre risolutivo) rivolgersi al patronato per chiedere la «revisione » della situazione, o chiedere – attraverso il numero verde dell’Inps – una consulenza de visu. Il funzionario lavora la pratica, ma se non risolve il problema può rivolgersi al supporto nazionale dell'AUU. Dove la pratica… è trattata dall’Intelligenza Artificiale.

I torinesi Pietro ed Elisabetta continuano a non trovar risposta per il caso di Valentina (che nel frattempo è tornata in comunità), lamentando un mancato introito – dopo due anni – di 4mila euro. Nel timore di aver perso tutto, hanno deciso di inviare la documentazione al Garante per l’infanzia. E i minori accolti nelle comunità residenziali che pure hanno Isee e nucleo familiare a se stante e non possono essere inseriti nell’Isee della famiglia di origine? Osserva Roberto Liquori, papà affidatario: « L’Assegno unico universale dovrebbe essere richiesto a nome del minore dal tutore o dal responsabile della comunità » ed essere «utilizzato per il bambino oppure depositato in un libretto di risparmio che poi il minore potrebbe avere disponibile una volta raggiunta la maggiore età. Un tredicenne che rimarrà in comunità cinque anni uscirebbe con una dote di 12mila euro, che sarebbero molto utili per la sua autonomia». La domanda: « Ma quanti adolescenti sono seguiti in questa pratica?»

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