venerdì 24 maggio 2024
La scelta è dovuta ai costi saliti dell'olio e combatte lo sgocciolamento, che inquina e priva dell'assunzione di un olio che con il tonno acquisisce omega 3 e vitamina D. Ancit: «I consumi tengono»
Perché c'è meno olio nel tonno in scatola? (C'entra anche lo spreco)
COMMENTA E CONDIVIDI

La tendenza è in atto ed è figlia di diverse ragioni. Anzitutto c’è una questione di costi, con il prezzo dell’ingrediente numero due (per voce di spesa) che ha subìto un’impennata impressionante nell’ultimo biennio. Ma ci sono anche altre motivazioni alla base della scelta: la lotta allo spreco alimentare, la ricerca di scelte sempre più sostenibili e la volontà di rispondere alle richieste di una quota crescente di consumatori di prodotti meno grassi e – dunque – più sani. Il risultato è che il tonno in scatola ha ridotto di parecchio la quantità di olio d’oliva al suo interno. Nel giro di un anno e mezzo, per esempio, in una scatoletta di piccole dimensioni, passata da 80 a 70 grammi complessivi, è rimasto inalterato il quantitativo di tonno (52 grammi), mentre è diminuito esclusivamente l’olio (di 10 grammi).

Si tratta di un cambiamento non indifferente per uno degli alimenti tra i più popolari e consumati (è acquistato dal 96% delle famiglie), spesso protagonista di pasti freddi e rapidi da preparare. La novità della riduzione di olio e gli ultimi dati sull’andamento del settore emergono da una fotografia scattata da Ancit (Associazione nazionale conserve ittiche e delle tonnare). L’Italia si conferma secondo produttore europeo dopo la Spagna di tonno in scatola. In generale, Ancit parla di «una fase di assestamento in corso» per il comparto italiano dopo il boom di vendite nella lunga fase pandemica, segnata dall’abitudine di massa a fare grandi scorte in dispensa di cibi a lunga scadenza. I numeri dello scorso anno si stanno riallineando con i livelli del 2019, facendo emergere una sostanziale stabilità che l’associazione auspica «possa avere termine nel 2024 per una nuova ripartenza del settore». Entrando nel dettaglio dei dati, nel 2023 la produzione nazionale di tonno in scatola si è attestata su 73.581 tonnellate (-0,91% sul 2019 contro -4,95% sul 2022), con un volume del prodotto totale disponibile per il mercato italiano di 143.250 tonnellate (-4,9% sul 2022), che ha alimentato circa 2,42 chilogrammi di consumo pro capite. A valore, il mercato è stato di 1.674 milioni di euro (+8% sul 2022 e +26,34% sul 2019, a causa dell’alta salita dei prezzi) per un settore che conta oltre 1.500 addetti. Contemporaneamente le esportazioni hanno raggiunto quota 27.926 tonnellate (+8,65% dal 2019).

undefined

undefined - undefined

«Il mercato si sta riposizionando rispetto al pre-Covid – conferma Giovanni Battista Valsecchi, presidente di Ancit -. Il 2023 non è stato un anno facile per il comparto delle conserve ittiche, con uno choc inflazionistico che ha generato una perdita dei volumi sui mercati, anche se ci confortano sia la tenuta dei consumi sia i progressi dell’industria nell’innovazione e nella sostenibilità. È chiaro che i timori non mancano. In particolare, il costo dell’olio d’oliva, ingrediente alla base della ricetta della tradizione, desta preoccupazione: le avversità del cambiamento climatico, dalla siccità agli agenti patogeni, si riflettono sul calo delle produzioni con conseguente incremento del suo prezzo».

Lo scorso anno in Spagna, primo produttore mondiale di olio, si è registrato un tracollo della produzione (-56%). Pesante flessione anche per l’Italia (-27%). Inevitabilmente il prezzo medio dell’olio d’oliva a livello europeo è salito di oltre il 50%.
Oltre che a essere dettata da una logica di contenimento dei costi, per tante realtà del settore la scelta di prevedere un minor contenuto d’olio nella scatoletta di tonno segue anche le direzioni della sostenibilità. Riducendo l’olio, infatti, si contrasta una pratica ancora molto diffusa come quella dello “sgocciolamento” del condimento nel lavandino della cucina. A tal proposito, a prescindere dai gusti, da Ancit non smettono di ricordare che agendo così, oltre a danneggiare l’ambiente, ci si priva dell’assunzione di un olio che a contatto con il tonno non solo ha mantenuto tutte le sue proprietà organolettiche, ma si è arricchito anche della presenza di alcuni principi assenti all’origine: dagli acidi grassi omega 3 alla vitamina D.

Diminuire l’olio nella confezione, a fronte dello stesso quantitativo di pesce, come sottolinea il direttore generale di Ancit Giorgio Rimoldi, «significa anche rispondere alle esigenze del consumatore in termini di sostenibilità, lotta allo spreco alimentare e alimentazione sempre più sana ed equilibrata». Non a caso, analizzando le tendenze dei singoli prodotti nel 2023 rispetto al 2019, a fronte di una sostanziale stabilità della vendita a volume di tonno sott’olio (che comunque con 96.238 tonnellate su un totale di 118.343 resta di gran lunga la varietà più acquistata), si è registrata una crescita del 5% per il tonno al naturale (salito a 14.736 tonnellate). È il segno che le referenze a contenuto calorico ridotto, per ragioni salutistiche, sono sempre più apprezzate dai consumatori.

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI