giovedì 7 marzo 2024
L'impennata dei tassi di interesse costringerà a rifinanziare il debito a costi molto più alti: a rischio i Paesi a medio e basso reddito
L'Ocse: "A scadenza entro il 2026 il 40% del debito mondiale"

Reuters

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In un sistema finanziario globale che incorpora un totale di 100mila miliardi di dollari di titoli di Stato e obbligazioni societarie, più o meno l’equivalente del Pil mondiale, il tema del debito è destinato sempre più a guidare le decisioni dei Paesi e di chi governa l’economia. Il perché è presto detto: da qui a tre anni il 40 per cento del debito sovrano e il 37 per cento delle obbligazioni societarie andranno a scadenza. E in un mondo che non è più quello dei tassi di interesse a zero o quasi, e che anzi ha visto nell’ultimo anno un’impennata violenta dei tassi stessi praticamente ovunque, rifinanziare quel debito comporterà scelte drastiche, con conseguenze sul benessere di molte comunità, sulla transizione ecologica, sul raggiungimento degli obiettivi dell’Onu. Soffrono già, in particolare, i Paesi a medio e basso reddito: i dati contenuti nel rapporto sul debito globale diffuso ieri dall’Ocse segnalano un deterioramento del rating del credito soprattutto per questi Stati, con 24 downgrade sui 29 totali registrati nel 2023. Il Sud del mondo, in particolare, si indebiterà sempre di più a costi altissimi ma questo non frenerà la richiesta di finanziamenti. Il debito di breve termine, che nel 2023 contava per il 50% dei prestiti lordi, salirà al 51% nel 2024, rispetto a una quota del 43% del 2020.

I rischi, peraltro, riguardano tutti. Entro il 2026 saranno in scadenza anche il 33% delle obbligazioni in Italia. In cinque Paesi Ocse, titoli a tassi fissi superiori al 20% del Pil giungeranno a scadenza in questo periodo, tra cui Giappone (52%), Italia (33%), Stati Uniti (27%), Spagna (27%) e Francia (20%). "Questi Paesi - afferma l'Ocse - devono affrontare maggiori rischi di rifinanziamento se i tassi d'interesse più elevati dovessero persistere per gran parte del periodo". Nonostante una tendenza generale di rialzo della spesa per interessi nei paesi Ocse, l'Italia e il Regno Unito dovrebbero peraltro registrare un calo del rapporto tra il pagamento degli interessi rispetto al pil nel 2023, rispetto al 2022, per effetto del calo dell'inflazione.

Dalla crisi finanziaria globale del 2008, sottolinea l’Ocse, il finanziamento obbligazionario è cresciuto parallelamente alle politiche monetarie espansive, in particolare con il quantitative easing che ha visto le banche centrali acquistare sul mercato un grande ammontare di titoli di Stato. Una tendenza che si è molto diffusa e che ha visto gli emittenti sovrani rispondere così alle crescenti esigenze di spesa pubblica sia nelle economie avanzate che in quelle emergenti, e allo stesso modo la crescita di società finanziarie e non finanziarie in tutto il mondo. Rispetto ai 100mila miliardi di dollari di bond sovrani e societari, 54mila miliardi fanno riferimento al debito sovrano nell’area Ocse, in aumento rispetto ai 30mila miliardi del 2008 e con una proiezione a 56mila miliardi per il 2024. Gli Stati Uniti, da soli, rappresentano circa metà di questo debito, il doppio rispetto alla loro quota del 2008; allo stesso modo anche la porzione di debito della Cina è raddoppiata nel segmento dei mercati emergenti, raggiungendo quasi il 30% del debito totale in circolazione.

Nello stesso periodo il debito obbligazionario aziendale globale in circolazione è aumentato da 21mila miliardi di dollari a 34mila miliardi di dollari e oltre il 60% di questo aumento è derivato da società non finanziarie. Rendimenti strutturalmente bassi hanno consentito alle società con rating più bassi di accedere al mercato, con un'espansione del mercato non investment grade e una marcata diminuzione della media ponderata del rating di credito aziendale a livello globale. Il debito in circolazione del segmento non investment grade ammontava a 3,4mila miliardi di dollari alla fine del 2023, quasi il doppio del dato del 2008.

Le banche centrali, spiega il rapporto Ocse, hanno acquistato grandi quantità di debito sovrano dai mercati. Sebbene gli acquisti di debito societario siano stati molto più contenuti, i programmi di acquisto di debito sovrano hanno avuto anche un significativo effetto indiretto sui mercati delle obbligazioni societarie, riducendo i costi di finanziamento. Tuttavia, poiché le banche centrali hanno successivamente iniziato a ritirarsi dai mercati obbligazionari attraverso il quantitative tightening, sta emergendo ora una base di investitori maggiormente sensibile ai prezzi.

Alla fine del 2023 il rapporto aggregato debito/Pil nell’area Ocse era pari a circa l'83% (si prevede l’84% nel 2024), con un aumento di 30 punti percentuali rispetto al 2008, nonostante l'aumento dell'inflazione, che ha stimolato la crescita del PIL nominale, ha contribuito a una diminuzione di tale rapporto di oltre 10 punti percentuali negli ultimi due anni. Le obbligazioni sovrane detenute dalle banche centrali nell'area Ocse sono attualmente equivalenti a quasi il 30% del Pil. Il graduale ritiro delle banche centrali dai mercati obbligazionari a livello globale, spiega ancora il rapporto Ocse, non si tradurrà quindi semplicemente in un ritorno alla struttura di mercato precedente al quantitative easing.


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