sabato 17 febbraio 2024
In Italia il 16% dei lavoratori presenta sintomi di burnout, mentre la percentuale di esaurimento delle forze e conseguente stanchezza fisica e mentale è del 43%. Lo psicologo entra nel welfare
Metà dei lavoratori colpiti da malessere psicologico

Metà dei lavoratori colpiti da malessere psicologico - Archivio

COMMENTA E CONDIVIDI

L'Oms-Organizzazione mondiale della sanità registra ogni anno una perdita di circa 1.000 miliardi di dollari a causa di fattori come ansia e depressione e ciò si riflette nelle 12 miliardi di assenze annue dal lavoro legate al malessere psicologico. Non solo, da una indagine da parte del Future Forum emerge che il 42% dei lavoratori e delle lavoratrici ha dovuto contrastare gli effetti del burnout a livello globale – una stima che risulta notevolmente in crescita nel nostro Paese. Si tratta di un fenomeno che impatta inevitabilmente sul decremento della performance e su assenteismo e turnover, che a loro volta causano effetti negativi sia a livello individuale che lavorativo, con un forte impatto sullo sviluppo aziendale.​​ L'Oms ha riconosciuto il burnout come una condizione medica associata a stress cronico sul lavoro non adeguatamente gestito, inserendolo nella classificazione internazionale delle malattie. A livello globale, la percentuale di dipendenti che sperimenta sintomi di burnout si attesta intorno al 20%. Questo fenomeno colpisce in modo più significativo dipendenti di aziende più piccole, che non ricoprono posizioni manageriali e i lavoratori più giovani. In particolare, l'80% di dipendenti appartenenti a Gen Z e Millennial sarebbe pronto a lasciare il lavoro a causa di una cultura aziendale tossica. I conflitti interpersonali, la mancanza di chiarezza riguardo a compiti, responsabilità e obiettivi, la pressione legata alle tempistiche e al carico di lavoro possono portare a confusione, stress e scarsa produttività, determinando il malessere dei dipendenti.

Secondo un sondaggio condotto dal McKinsey Health Institute su 30mila dipendenti in 30 Paesi, il 22% dei lavoratori a livello globale sperimenta sintomi di burnout, sebbene esistano differenze sostanziali tra le nazioni. In particolare, i tassi più alti si evidenziano in India (59%), mentre i più bassi in Camerun (9%); anche l'Italia si colloca nella parte bassa della classifica, riportando solo il 16% dei sintomi di burnout, nonostante la percentuale di esaurimento delle forze e conseguente stanchezza fisica e mentale sia alta (43%). A livello demografico, invece, i dipendenti di aziende più piccole, che non ricoprono posizioni manageriali e i lavoratori più giovani riferiscono sintomi di burnout più elevati. Infatti, secondo quanto emerge da un altro sondaggio pubblicato su People Management, circa il 50% dei dipendenti appartenenti a Gen Z e Millennial si sente stressato sul posto di lavoro per la maggior parte del tempo.

Torna il bonus psicologo

Torna il bonus psicologo. Le domande potranno essere presentate all'Inps telematicamente a partire dal 18 marzo e potranno usufruire del servizio i cittadini con un Isee minore di 50mila euro. Una misura resa strutturale e oggi quanto mai necessaria, affermano gli psicologi, perché è «crescente il malessere post pandemia». L'iniziativa, sottolinea il ministro della Salute Orazio Schillaci, indica come la salute mentale sia «una delle priorità». Le domande per la richiesta del contributo potranno essere presentate fino al 31 maggio 2024. Rispetto allo scorso anno, sono stati innalzati gli importi del contributo ed è stato esteso a 270 giorni il tempo per il suo utilizzo, precisa il ministero della Salute. Per inoltrare la domanda è necessario disporre delle credenziali Spid, Cie-Carta di identità elettronica 3.0 o Cns-Carta nazionale dei servizi. Per l'Isee inferiore a 15mila euro il beneficio, fino a 50 euro per ogni seduta, è erogato a concorrenza dell'importo massimo stabilito in 1.500 euro per ogni beneficiario; per Isee compreso tra 15mila e 30mila euro il beneficio, fino a 50 euro per ogni seduta, è erogato a concorrenza dell'importo massimo stabilito in 1.000 euro; per Isee superiore a 30mila e non superiore a 50mila euro il beneficio, fino a 50 euro per seduta, è erogato a concorrenza dell'importo massimo stabilito in 500 euro. La salute mentale, «specialmente dei nostri giovani, è una priorità di sanità pubblica. Dal 2023 abbiamo reso strutturale il bonus psicologo aumentando fino a 1.500 euro l'importo del contributo che i cittadini possono chiedere. Lo abbiamo rifinanziato e aumentato ulteriormente per il 2024 con il decreto Milleproroghe», afferma Schillaci, precisando che «questa misura rientra nell'ambito di una strategia complessiva su cui siamo impegnati, anche con le attività del tavolo per la salute mentale, per potenziare la rete dei servizi sul territorio e per promuovere la cultura della salute mentale con particolare riguardo al contrasto dello stigma». Soddisfatto anche il presidente del Cnop-Consiglio nazionale ordine psicologi David Lazzari, secondo il quale il bonus psicologo è una misura «sempre più necessaria perché la domanda e il bisogno dei cittadini cresce ma, dall'altro lato il servizio pubblico non è in grado di soddisfare la richiesta: la prova è che su 100 cittadini che accedono ai servizi di salute mentale, solo cinque riescono ad accedere a un trattamento di psicoterapia». Ottenerla nei servizi pubblici, «è molto difficile, sia a causa della carenza di personale sia perché si tende a dare una risposta prevalentemente farmacologica. Un trattamento psicoterapico si ottiene ormai quasi sempre ricorrendo al privato e questo crea una fortissima discriminazione tra i cittadini». Secondo un'indagine del Cnop, si possono stimare in circa cinque milioni gli italiani che vorrebbero rivolgersi a uno psicologo-psicoterapeuta, ma non hanno le risorse economiche per poterlo fare. Lazzari si dice certo che anche quest'anno gli psicologi manterranno numerosi la loro disponibilità. Lo scorso anno hanno aderito 28.500 professionisti su un totale di 70mila, dunque circa il 40%, e le domande presentate all'Inps sono state in totale 395.604 mentre quelle accettate 41.657. Quanto ai ritardi registrati nel rimborso dei voucher agli specialisti per le sedute, «sono stati dovuti anche ai ritardi con cui le Regioni hanno inviato i fondi all'Inps, ma speriamo - conclude il presidente degli psicologi - che con una procedura maggiormente standardizzata ci sarà una maggiore velocità di erogazione dei rimborsi».

Un italiano su due dichiara un malessere psicologico

Serenis (www.serenis.it), Centro medico on line per il benessere mentale, in collaborazione con il Dipartimento di Scienze Economiche e Aziendali dell’Università di Padova nel contesto del progetto di ricerca Osservatorio sul benessere psicologico nelle aziende italiane, ha sviluppato un questionario per esplorare il benessere mentale dei lavoratori in Italia. La ricerca ha coinvolto 1.500 tra lavoratori (26,9%) e lavoratrici (71,8%) tra i 18 e gli oltre 60 anni. Dalle risposte ottenute emerge che il 49,4% degli intervistati presenta una situazione di crescente gravità di disagio psicologico. Analizzando invece il grado di malessere mentale, i dati dimostrano che è più alto per le donne (il punteggio dell’indice è 20,3 contro 19,6 per gli uomini) e aumenta con l’età. Un altro aspetto che evidenzia l’Osservatorio riguarda le aree d’impiego percepite più critiche in termini di benessere psicologico. Gli intervistati che lavorano nelle aree marketing e comunicazione dichiarano un livello di ansia e stress (21,9 ) superiore a quello di tutte le altre aree aziendali. Al contrario, dimostrano buoni livelli di benessere psicologico i lavoratori che operano nella gestione del personale (18,6), nella consulenza (18,8) e nelle professioni dell’insegnamento e dell’educazione (18,8). L’indagine esplora anche le aree su cui lo stress accumulato sul lavoro incide maggiormente. Una persona su due dichiara che l’ambito maggiormente interessato è il benessere psico-fisico, la seconda sfera relazionale a risentire dello stress è la famiglia. Secondo l’esperienza di chi ha partecipato all’indagine sono meno colpite dallo stress le relazioni tra pari, con gli amici e con i colleghi. Mentre un grado di preoccupazione maggiore è generato nella gestione della relazione con il proprio responsabile al lavoro.

Quindi, quanto è importante il tema del benessere sul lavoro per i dipendenti? Quasi due persone su tre pensano che l’argomento sia estremamente importante, tuttavia oltre il 50% degli intervistati riscontra un livello estremamente basso di attenzione da parte dell’azienda nei confronti del proprio benessere psicologico. In particolare, questa percezione è più sentita tra le donne (3,8 ) rispetto agli uomini (4,2) ed è più marcata per coloro con un’età compresa tra i 36 e i 45 anni. Nello specifico, prendendo in considerazione le aree lavorative, i rispondenti impiegati in aziende che offrono servizi alla persona hanno una percezione i più pessimistica rispetto all’attenzione prestata dalle loro imprese (3,3). Tra le attività che le aziende possono mettere in campo per gestire e mitigare lo stress tra i collaboratori, nove rispondenti su dieci hanno inserito al primo posto i programmi di benessere mentale. Sono tante e sempre di più le aziende che si stanno attivando per portare avanti progetti di intervento e di sensibilizzazione sul tema, ma non è ancora abbastanza: i lavoratori percepiscono poco interesse da parte delle aziende.

Ma chi sono i più stressati?

Tra i più stressati gli insegnanti. Negli ultimi dieci anni si sono contati addirittura 100 suicidi tra i docenti: praticamente uno al mese, escludendo luglio e agosto. Il dato, drammatico e rivelatore dello stato di salute di un’intera categoria professionale, composta da quasi un milione di persone, è contenuto in una ricerca di Vittorio Lodolo D’Oria, medico esperto di stress da lavoro correlato, che da anni studia gli effetti della scuola sulla psiche di maestri e professori.

Mentre uno studio realizzato a settembre dello scorso anno da Bva-Doxa per Mindwork ha coinvolto lavoratori di pmi con almeno dieci dipendenti in vari settori produttivi, dalla manifattura ai servizi. I risultati sono purtroppo sconfortanti: con la complicità dell’anonimato gli italiani manifestano un malessere diffuso. I due anni di pandemia sembrano aver lasciato il segno, ma se nei Paesi anglosassoni la reazione è stata violenta, con il fenomeno delle dimissioni di massa, in Italia dove il mercato è assai meno dinamico, l’insoddisfazione rischia di trasformarsi in problemi psicologici seri. Nel 67% delle aziende italiane non esiste alcun servizio di supporto psicologico. A soffrire di più sono gli operai, che manifestano livelli di stanchezza, stress e preoccupazione per il futuro elevati e si trovano spesso in realtà “rigide” dove manca sia la flessibilità, intesa come conciliazione tra vita privata e lavoro, sia la possibilità di parlare dei propri problemi con tranquillità. Un’altra categoria particolarmente esposta è quella dei quarantenni o giù di lì con figli piccoli da accudire e genitori anziani non autosufficienti. Il 76% dei lavoratori, con un aumento del 14% rispetto al 2022, ha provato almeno una volta uno dei principali sintomi del burnout: sensazione di sfinimento, calo dell’efficienza lavorativa, aumento del distacco mentale, cinismo rispetto al lavoro. Uno su cinque ha ricevuto una diagnosi medica di burnout ma per gli operai questo non si è tradotto in un periodo di riposo prolungato (soltanto il 18% si è assentato per oltre cinque giorni, contro il 55% degli impiegati. I principali motivi sono il sovraccarico lavorativo, avvertivo in modo particolare dai colletti bianchi e il mancato riconoscimento del lavoro svolto, indicato soprattutto dai dirigenti. Lo stress lavoro-correlato riguarda la metà degli impiegati e il 61% dei dirigenti. Il 62% dei lavoratori prova sensazioni di ansia relativa al lavoro e il 53% soffre di insonnia. Tra le emozioni spiacevoli al primo posto c’è la stanchezza (percepita dal 50% dei colletti blu e dal 40% dei colletti bianchi) seguita dal distress (lo stress cattivo), incertezza e preoccupazione per il futuro. Il 54% del campione afferma di aver lasciato il lavoro a causa un malessere emotivo: un fenomeno che riguarda in maniera particolare i giovani. Per Gen Z e Millennials sale infatti al 66% e 59%.

Tra i 3mila professionisti intervistati dalla Robert Walters, il 60% ha sofferto di stress sul lavoro molto spesso (33%), spesso (27%) o qualche volta (31%). Nonostante le organizzazioni investano annualmente milioni di euro in iniziative per il benessere (con un aumento del budget registrato dal 20% delle aziende dopo la pandemia), il 55% dei professionisti ritiene che le misure adottate dalle organizzazioni per cui lavorano non siano adeguate nel contrastare lo stress sul posto di lavoro.

Non va meglio per chi si occupa di sicurezza informatica. Dai dati derivanti dal Global Incident Response Threat Report di Vmware, iI 47% degli addetti dichiara di aver sofferto di burnout negli ultimi 12 mesi. Diverse sono le sfide che i professionisti tech in Italia si trovano a dover affrontare. Tra queste vi sono: i carichi di lavoro elevati, spesso dovuti a scadenze strette e progetti complessi, che generano un senso di sopraffazione e stress cronico. L'ambiente competitivo nel settore tech aggiunge ulteriore pressione, con una cultura del lavoro che spesso misura il successo in termini di risultati straordinari e costanti. I cambiamenti tecnologici rapidi richiedono un incessante aggiornamento sulle ultime tecnologie. Tali processi di adattamento devono essere adeguatamente gestiti dalle aziende, affinché tutti i dipendenti possano rimanere al passo, senza rischiare sovraffaticamenti ed esposizioni a forte stress. Un'altra causa significativa di burnout è da ricondurre all’isolamento digitale, dal momento che molte posizioni richiedono lunghi periodi di lavoro davanti a uno schermo, spesso senza interazioni sociali di valore. Tuttavia, oltre a questi elementi, un enorme problema delle realtà tech in Italia risiede nella carenza di personale.

La sfida per i responsabili delle risorse umane

Lo scorso anno, in uno scenario socio-economico di forte incertezza, nelle imprese italiane sono aumentate le assunzioni e la formazione del personale, ma è crollato il legame con l’azienda e il senso di appartenenza dei lavoratori. Un segnale del crescente malessere, dimostrato dal fatto che solo un lavoratore su cinque (il 19%, in caduta libera rispetto al 33% dello scorso anno) percepisce benessere e serenità nella sua organizzazione, mentre ben il 15% dice apertamente di stare male sul posto di lavoro (in aumento di quattro punti). Ma i direttori Hr non hanno la stessa percezione: quasi metà dei responsabili delle risorse umane italiani rileva un livello di benessere nella sua organizzazione, una quota in aumento rispetto allo scorso anno (43% contro il 31%) e solo l’1% evidenzia vero malessere (era il 19% nel 2022). Non a caso, se chiedono ai lavoratori le principali preoccupazioni per il futuro nel loro impiego, queste sono proprio malessere psicologico, stanchezza e rischio di burnout, mentre nella percezione degli Hr i lavoratori sono soprattutto preoccupati per la riduzione dello stipendio e le difficoltà ad affrontare le spese. Per il 44% dei lavoratori italiani la propria azienda non ha attuato alcuna strategia per trattenere le persone o favorire il senso di appartenenza, e quando c’è stata, si è limitata a indagini di clima interno (21%) o attività di formazione (18%) con scarsi risultati. Mentre per gli HR solo il 15% delle aziende è realmente “inadempiente” e azioni di formazione, indagini interne e piani di sviluppo competenze hanno prodotto effetti concreti, soprattutto un miglioramento del clima aziendale. Sono alcuni risultati dell'HR Trends & Salary Survey 2023, la ricerca di Randstad Professionals - divisione di Randstad specializzata in ricerca e selezione di middle e senior management - in collaborazione con l’Alta Scuola di Psicologia Agostino Gemelli (Asag) dell’Università Cattolica, che ha esplorato gli ultimi trend in ambito risorse umane. Un’indagine quali-quantitativa, condotta su un campione di oltre 300 responsabili risorse umane e 630 potenziali candidati (occupati e non occupati), per mettere a confronto le loro opinioni sull’impatto in azienda dello scenario socio-economico, sulle strategie di risposta delle organizzazioni e sul significato di occupazione sostenibile.

Per il 70% degli Hr il tema del benessere è diventato più importante in azienda nell’ultimo anno (e anche per il 60% dei candidati), per il 43% anche a fronte anche a fronte di una possibile riduzione dello stipendio e delle opportunità di carriera (per i candidati il 40%). Nel livello di benessere o malessere percepito però lo scollamento è evidente: il benessere migliora per gli Hr (il 43%, contro il 34% dello scorso anno), peggiora decisamente per i candidati (il 19%, contro il 33% del 2022). E invece, il livello di malessere migliora per gli Hr (solo l’1% lo percepisce, contro il 19% del 2022) e peggiora per i candidati (il 15%, contro l’11% di un anno fa). Sia Hr che candidati rilevano tra i principali elementi di malessere il sovraccarico di lavoro (in forte crescita per i candidati) e la mancanza di motivazione, ma gli Hr evidenziano anche stress e ansia e mancanza di obiettivi, i candidati sovraccarico di lavoro, insoddisfazione per gli incarichi e impossibilità di fare salti professionali. Per il 44% dei candidati le aziende non attuano alcuna strategia di retention e di potenziamento del senso di appartenenza, mentre per gli Hr sono solo il 15% le aziende «inadempienti» ed emerge, invece, una certa convergenza sulla tipologia di strategia attuata. Quando presenti, le iniziative di retention sono state in prevalenza attività di formazione e indagini di clima interno, con effetti di miglioramento del clima aziendale (per i candidati molto inferiori rispetto a quelli rilevati dagli Hr). Il concetto di occupazione sostenibile per gli Hr significa principalmente sviluppo di professionalità (20%), creare la condizione ideale (19%), equilibrio tra vita privata e lavoro (15%). Mentre per i candidati il work life balance è al primo posto nel 24% dei casi, e poi con percentuali attorno al 10% si collocano il salario adeguato e l’attenzione all’ambiente. Le azioni «sostenibili» attivate dalle aziende sia per gli Hr sia per i candidati, anche se con pesi molto diversi, riguardano la garanzia di un ambiente di lavoro sicuro e salutare, ma gli Hr citano anche le iniziative volte a creare un buon clima interno e a garantire equità, mentre i candidati sottolineano l’impatto ambientale delle attività di produzione. Per gli Hr i motivi per cui in azienda non si dà spazio al tema dell'occupazione sostenibile sono “altre priorità”, mentre per i candidati è la mancanza di competenze.

L'importanza del benessere organizzativo

«Il successo di un'azienda dipende dalle persone che ne fanno parte. Per prosperare, abbiamo bisogno di garantire che i nostri talenti siano sani, felici e motivati. Il burnout è un nemico del benessere del nostro team e della nostra stessa azienda. Proprio per questo abbiamo messo in campo fin da subito tutta una serie di iniziative volte a proteggere il team da questo rischio», spiega Lorenzo Danese, ceo di Timeflow (https://timeflow.it/), la start up fondata insieme a Federico Patrioli, Gianmarco Ferrante e Iacopo Albanese, che agevola le aziende nella ricerca dei più eccellenti e affidabili talenti tech e fornitori It a livello internazionale per lo sviluppo del proprio progetto. Molte aziende tech in Italia stanno prendendo misure per affrontare il problema del burnout e promuovere il benessere dei loro dipendenti. Queste iniziative possono includere programmi di sensibilizzazione sullo stress, politiche di flessibilità lavorativa, attività di team building e accesso a servizi di consulenza psicologica. «Per affrontare il rischio di burnout in azienda, abbiamo adottato una serie di misure concrete - sottolinea Lorenzo Danese -. In primo luogo, abbiamo potenziato le attività di team building, creando un ambiente di lavoro più coeso e amichevole. Queste iniziative, infatti, non solo riducono lo stress, ma anche rinforzano i legami tra i colleghi, creando una comunità solida e solidale. Inoltre abbiamo stretto una partnership con Serenis per offrire ai nostri dipendenti sedute di psicoterapia gratuite o a tariffe agevolate. La salute mentale è una priorità fondamentale». Non finisce qua. Per prevenire il burnout è fondamentale promuovere attivamente un equilibrio sano tra lavoro e vita personale - e in questo lo smart working fornisce un grande contributo. Infine, una buona formazione sul benessere per aiutare i dipendenti a riconoscere i segni del burnout è essenziale per affrontare lo stress in modo sano ed efficace. «Vogliamo garantire un ambiente di lavoro sostenibile e una cultura aziendale che promuova la salute mentale e il benessere di tutti i nostri dipendenti. Il nostro impegno è quello di creare un ambiente in cui tutti si sentano valorizzati, supportati e in grado di raggiungere il loro massimo potenziale. Il burnout non deve essere una conseguenza inevitabile del lavoro nel settore tech. Con queste iniziative, vogliamo dimostrare che è possibile avere successo senza sacrificare la salute mentale e il benessere personale».

Jointly e Modus hanno dato vita all’Osservatorio Jointly Balance, un lavoro di analisi di quanto emerso dall’utilizzo del servizio Jointly Balance, con l’obiettivo di analizzare concretamente l’impatto che un programma di benessere organizzativo ha sulle persone, ma anche sull’azienda stessa in termini di engagement e di crescita di valore. L’Osservatorio ha analizzato, dal 2020 al 2023, un campione statisticamente rappresentativo di 500 persone che hanno usufruito del servizio di counseling aziendale, portando alla luce come un supporto psicologico all’interno dell’azienda svolga una funzione di ascolto delle persone, e di comprensione delle loro problematiche, fondamentale per supportare il benessere e l’engagement dei dipendenti e dell’azienda stessa. Cresce il peso dei percorsi di supporto psicologico all’interno dell’azienda come leva per sostenere i collaboratori. Un terzo dei lavoratori che chiede un supporto lo fa per affrontare criticità relazioni in ufficio: si rivolgono al counselor soprattutto donne (64%) tra i 30 e i 50 anni. Il 77% delle persone che ha svolto il primo colloquio ha attivato il successivo percorso di counseling di tre colloqui. Se per il 35% dei fruitori dei percorsi le tematiche sono state di tipo lavorativo, in misura prevalente inerenti al proprio ruolo e alla conciliazione famiglia-lavoro, il 46,5% ha invece affrontato situazioni relative alla sfera personale. Le tematiche, personali o lavorative, presentavano per oltre un terzo del campione (il 34%), marcati tratti di problematicità relazionale.

A confermarlo sono i dati della ricerca condotta da Bcg-Boston Consulting Group, Psychological Safety Levels the Playing Field for Employees, basata su un sondaggio che ha coinvolto circa 28mila dipendenti in 16 Paesi, tra cui l’Italia. Confrontando le risposte degli intervistati, è emerso che in ambienti psicologicamente sicuri i lavoratori italiani sperimentano una riduzione del
rischio di abbandono entro un anno di 2,7 volte (versus il dato globale di 3,9). Il 6,9% dei lavoratori con i livelli più bassi di sicurezza psicologica ha dichiarato, infatti, di essere propenso a lasciare il lavoro entro un anno, ma quando la sicurezza psicologica è elevata, solo il 2,6% è a rischio abbandono. La ricerca mostra inoltre che, negli ambienti psicologicamente sicuri, i lavoratori italiani sperimentano un aumento di tre volte della sensazione di riuscire a raggiungere il proprio pieno potenziale (vs 3,3 globale), un aumento di 2,4 volte della motivazione (vs 2,1 globale), di 2,9 volte della felicità complessiva su lavoro (vs 2,7 globale) e di 3,4
volte della sensazione di sentirsi valorizzati e rispettati (vs 3,2 globale).

Gli effetti positivi della sicurezza psicologica sono particolarmente evidenti per le donne, per i membri delle comunità Bipoc e Lgbtq+, per le persone con disabilità e per chi proviene da contesti economicamente svantaggiati. I dati della ricerca mostrano che gli appartenenti a queste categorie hanno dichiarato di essere molto più propensi a lasciare il lavoro in ambienti con bassa sicurezza psicologica rispetto ai loro colleghi più avvantaggiati nello stesso ambiente. Per esempio, in contesti con bassa sicurezza a livello globale, il 18,3% dei lavoratori appartenenti alla comunità Lgbtq+ è propenso a dimettersi entro un anno, mentre la percentuale scende a 11.6% per i dipendenti eterosessuali e cisgender. Quando i punteggi di sicurezza aumentano, i rischi di attrito per i due gruppi si sono ridotti rispettivamente al 3% e al 3,3%. Più nello specifico, il rischio di abbandono in ambienti con bassa sicurezza psicologica aumenta di 6,2 volte per i membri della comunità Lgbtq+, di 5,1 volte per persone con disabilità, di 4,5 volte per le donne e di 4,2 volte per i membri della comunità Bipoc: dati particolarmente eloquenti se si considera che, a parità di contesto, i colleghi uomini, bianchi, senza disabilità e non appartenenti alla comunità Lgbtq+ hanno riportato un aumento del rischio molto minore (di circa due volte).

Tornando all’Italia, in assenza di una forte sicurezza psicologica il rischio di abbandono aumenta di 4,6 volte per le persone con disabilità (contro la media globale di 5,1) rispetto all’aumento di 1,5 degli uomini senza disabilità. Per quanto riguarda le donne, nessuna delle 77 intervistate appartenenti a contesti con livelli elevati di sicurezza psicologica è risultata a rischio di abbandono entro un anno contro l'8% delle 261 intervistate che si trovavano, invece, in contesti con bassa sicurezza psicologica. La sicurezza psicologica porta risultati positivi per tutti i dipendenti, ma lo è ancora di più in contesti in cui vi è diversity: configurandosi come una leva efficace per portare i dipendenti di tutti i background allo stesso elevato livello di soddisfazione lavorativa.

Nel concreto, le organizzazioni possono creare un ambiente di lavoro psicologicamente sicuro attraverso la leadership empatica: un leader empatico crea una cultura di dibattito produttivo, condivide i propri errori e le lezioni apprese, mostra rispetto per le emozioni e i punti di vista di ogni singolo membro del team, riconosce ai dipendenti il loro contributo ai vari processi anche quando non ottengono il risultato perfetto al primo tentativo, valorizza i sentimenti e le esperienze altrui tenendo conto del background culturale, dell’etnia, delle condizioni di salute o dell’identità. Utilizzando la leadership per creare un senso di sicurezza psicologica sul luogo di lavoro, le aziende costruiscono team più solidi e in grado di sfruttare creatività e intuizioni che derivano da voci e prospettive diverse.


Le buone pratiche

Prima di pandemia, lockdown, quarantene e guerre sarebbe stato uno dei benefit aziendali meno considerati, ma il servizio di supporto psicologico all’interno dell'azienda - ovvero lo psicoterapeuta che ha il compito di dare supporto ai dipendenti per mantenere o ristabilire il benessere individuale, che immancabilmente si riflette poi sull'intera organizzazione - sembra essere sempre più richiesto (complice anche l’introduzione del bonus psicologo), tanto che in diverse realtà aziendali ha scalzato dai benefici preferiti alcuni dei più solidi baluardi del welfare, come i buoni pasto o la mensa aziendale. Questa la fotografia scattata da Serenis, la piattaforma che affianca le persone nella scelta di un giusto e soddisfacente percorso psicologico individuando lo psicoterapeuta più adeguato a loro, che riporta un trend in crescita sull’inserimento della psicoterapia tra i benefit aziendali, con sempre più richieste provenienti dalle aziende (dalle pmi fino alle realtà più strutturate) per attivare una convenzione con un terapeuta online come benefit per i propri dipendenti. E, in effetti, l’andamento che mette in connessione i problemi avvertiti nella sfera lavorativa alla volontà di iniziare un percorso di psicoterapia è confermato anche dai dati osservati dalla piattaforma sui suoi utenti individuali: ben una richiesta di psicoterapia su cinque, infatti, riporta un’esigenza legata alla dimensione lavorativa. Si tratta dell’area di necessità più significativa tra quelle avvertite dalle persone che hanno scelto di usufruire dei servizi della piattaforma, seconda solo alle preoccupazioni legate a scelte da prendere (23%), e più frequente di fobie o panico (15%), eventi traumatici (13%) e disturbi da ricondurre al sonno (6%) o alla sfera sessuale (5%). E, a collocarsi sulla traccia aperta da Serenis, ci sono anche aziende come Velasca e il portale di welfare TantoSvago che hanno scelto proprio la terapia online offerta dalla piattaforma come benefit per i propri dipendenti.

L’attenzione verso il benessere dei lavoratori è ciò che Unobravo, servizio di psicologia on line e Società Benefit, vuole promuovere attraverso partnership e collaborazioni con aziende e organizzazioni: Bip Consulting, Italgas, aparto Giovenale o This Unique, per citarne alcune. A queste, Unobravo offre la possibilità di acquistare sedute di terapia psicologica one-to-one per i dipendenti e i loro familiari. Il servizio garantisce la massima flessibilità sia all’utente, che all’azienda: la modalità da remoto semplifica, ad esempio, l’organizzazione delle agende personali ed è ideale per le realtà italiane con filiali all’estero; l’innovativo sistema di matching, inoltre, individua il terapeuta Unobravo più idoneo per ciascun utente sulla base di esigenze, preferenze e problematiche, eliminando l’ostacolo della scelta del professionista. Non solo: l’integrazione dei servizi comporta anche vantaggi fiscali sia per l’azienda, in quanto i compensi erogati nella forma di colloqui psicologici non sono assoggettati a contribute, sia per il dipendente, per il quale i benefit inclusi nel piano non concorrono alla formazione di reddito e non sono quindi soggetti a regolare tassazione. Oltre agli incontri one-to-one, offre anche ulteriori nuovi servizi disegnati sulle esigenze e richieste espresse da ciascuna organizzazione e sviluppati in sinergia con i responsabili aziendali. A promuovere la figura dello psicologo in azienda per le realtà che ne fanno direttamente richiesta, si è accreditata su ben 20 piattaforme che consentono l’erogazione di flexible benefit, iniziative e servizi. In questo caso è il dipendente stesso a scegliere se sfruttare parte del proprio credito welfare per l’acquisto di sedute di terapia, individuali o di coppia.

Secondo l’Hr Company Amajor, quel che si desidera è il benessere in azienda. A confermarlo anche la ricerca sul fenomeno del licenziamento volontario realizzata da Cisl insieme con Bibliolavoro e a Sindacare, che vede come prima causa lo stress (36%) e un clima aziendale tossico (34,9%). È quindi evidente che è bene ripensare alle priorità delle imprese e rivedere un piano strategico che riporti il benessere per tutti i collaboratori. Ecco cinque attività che creano benessere e che dovrebbero essere inserite nei piani aziendali del 2024:

1. Ripartire dai valori aziendali. Far vivere i valori aziendali a tutte le persone, mettendole al centro della strategia di sviluppo, predisponendo workshop improntati a supportare una comunicazione sana in azienda e a mettere “a terra” i valori: a partire dalla loro riscoperta frutto del confronto tra dirigenza e lavoratori, sino alla condivisione tra professionisti attraverso gruppi di lavoro dedicati alla realizzazione del progetto aziendale. Ciò che dovrebbe accomunare ciascuna azienda che intende valorizzare le proprie risorse è anche avere, ad esempio, spazi appositi come le Design Thinking Rooms in cui le persone possano conoscersi e interagire liberamente, alimentando così il confronto positivo stimolato dall’ambiente appositamente studiato. Affinché ogni singolo collaboratore si possa sentire riconosciuto nel proprio ruolo deve essere reso noto l’organigramma aziendale. E non dovrebbero mancare anche procedure chiare e riunioni settimanali per aggiornarsi su ciò che si sta portando avanti. Solo così i valori aziendali possono circolare ed essere messi in pratica diventando vera attività aziendale.

2. Ascoltare le persone: inserire in azienda un sistema che permetta di valutare il vero potenziale di ciascun collaboratore. Per farlo è utile programmare riunioni periodiche con tutti i team di lavoro per una comunicazione rapida e trasparente, questo permette di ottenere considerevoli benefici, non solo ai fini di una migliore produttività, ma soprattutto del benessere stesso delle persone in azienda. Istituire momenti di ascolto e di comprensione aiuteranno ad accelerare lo sviluppo aziendale.

3. Creare piani di sviluppo e pianificare la loro formazione: un sistema che crea momenti di ascolto e di comprensione ha come risvolto fondamentale il fatto di poter così creare piani di sviluppo ambiziosi e condivisi. La formazione, in particolare, è una delle chiavi che attiva il miglioramento personale che conseguentemente aumenta l’autostima e quindi il benessere della persona. Ma attenzione, la formazione è veramente un acceleratore quando è vissuta come un momento di evoluzione personale, diversamente il rischio è che venga subita e considerata addirittura una cosa sterile da contrastare.

4. Coinvolgere le risorse nello sviluppo e nel futuro dell’azienda: le persone troppo spesso non si sentono parte di quello che accade. Bisogna invertire la rotta. Per farlo bisogna dare spazio a nuove iniziative e con team misti. Senza rimanere ancorato alle dinamiche consolidate, per spaziare e permettere alle persone di conoscersi professionalmente e personalmente, è importante sapere cosa fa il proprio vicino di scrivania! Creare nuovi progetti, coinvolgendo persone di team diversi, significa dar vita a strategie di sviluppo e crescita capaci di farci sentire parte attiva dell’azienda, stimolati a dare il meglio per raggiungere l’obiettivo. Focalizzarsi su nuovi obiettivi e nuove visioni future è essenziale per lavorare in modo produttivo.

5. “Per riuscire devi fallire”, la cultura dell’errore: uno degli aspetti più difficili da attivare, ma che al tempo stesso è in grado di generare un più profondo senso di appartenenza e di benessere, è quello di insegnare ai vari gruppi di lavoro che errore non è colpa. Anzi se individuato e compreso l’errore permette di accelerare lo sviluppo, mettendo insieme le persone per risolverlo con una velocità e una partecipazione che inevitabilmente non può esserci quando ci si nasconde per paura del giudizio. Non ci si deve dimenticare che sbagliare è umano.

Sma Road Safety, realtà campana del settore automotive, ha introdotto in azienda la psicologa del buonumore. «Uno degli esperimenti di cui siamo più orgogliosi – dichiara l’imprenditore Roberto Impero – è aver introdotto stabilmente nella nostra azienda una figura professionale interamente dedicata al benessere dei dipendenti. Alla nostra Chief Happiness Officer abbiamo chiesto di effettuare analisi della felicità all’interno della nostra azienda, mettendola a disposizione di tutti i lavoratori con l’obiettivo di migliorare e potenziare a 360 gradi il buonumore di chi contribuisce ai successi dell’impresa. Crediamo fermamente che, oggi più che mai, far sentire le persone coinvolte e ascoltate sia un passo in avanti imprescindibile per attrarre e trattenere talenti all’interno di una cultura aziendale positiva». Well-being culture e programmi di assistenza dedicati ai dipendenti sono anche alla base di uno sviluppo concreto sul fronte della produttività. «La scelta di introdurre nel nostro contesto aziendale questo benefit – continua il ceo di Sma Road Safety – ci ha permesso di ascoltare le esigenze concrete dei dipendenti così da poterli mettere nelle condizioni migliori per lavorare in un ambiente sereno e corrispondente alle loro aspettative. Si va dalle forniture di sedie, all’aumento degli spazi di lavoro, fino alla creazione di un’area relax su misura, studiata per equilibrare al meglio lavoro e pause durante l’orario lavorativo. La psicologa del buonumore, inoltre, rientra appieno nei nostri piani di sviluppo delle risorse umane ed è un ulteriore passo in avanti nell’ottica della sostenibilità. Stiamo portando avanti la nostra missione di benessere anche attraverso l’installazione di grossi impianti fotovoltaici sui tetti dei capannoni, a cui si aggiunge una riqualificazione dell’efficienza energetica di tutti gli spazi di lavoro».

Il Manifesto del benessere psicologico

Persona, leadership e società, questi i pilastri su cui si concentra Be Mindful: il Manifesto per il benessere psicologico in azienda, il documento promosso da Mindwork - società italiana per la consulenza psicologica online in ambito aziendale - e nato per condividere valori e competenze in favore del benessere psicologico di ogni individuo. A sottoscriverlo, le aziende del Mental Well-being Council, il Board voluto da Mindwork, composto da Carrefour, Enel, Gruppo Cassa Centrale e Lundbeck Italia, prime aziende promotrici e firmatarie del documento. Quest'ultimo intende promuovere il benessere del singolo, delle figure responsabili all’interno dell’organizzazione e della comunità tutta.

Persona

1. Benessere a 360°: si considera il benessere nella sua completa accezione che comprende le dimensioni fisica, psicologica, relazionale e finanziaria.
2. Consapevolezza: viene ritenuta essenziale la consapevolezza di sé e dei propri vissuti, al fine di poter autoregolare le proprie emozioni.
3. Person Integration: si ritiene che ogni individuo sia caratterizzato da diversi ruoli e vissuti e che sia compito dell’impresa promuovere iniziative che permettano di far sentire le persone “complete”.
4. Equilibrio: si lavora all’ottenimento dell’equilibrio psicofisico di ciascuno, ma si offre anche una rete di supporto laddove questo venga a mancare.
5. Unicità: si favorisce l’espressione dell’unicità individuale, consapevoli del valore che queste portano all’azienda.

Leadership

1. Autoconsapevolezza: si predilige l’autoconsapevolezza di manager e responsabili quale punto di partenza per una leadership sana.
2. Riconoscimento: è importante che venga riconosciuta la persona oltre il ruolo e che si sia in grado di cogliere segnali di malessere psicologico.
3. Sicurezza psicologica: è fondamentale che ciascuna persona si senta accolta e al sicuro nello scambio di opinioni, informazioni e considerazioni all’interno del team.
4. Perno relazionale: è necessario investire in una relazione di qualità con le persone per alimentare e ottimizzare quella lavorativa.
5. Senso del limite: ci si pone a fianco dei manager e responsabili nello stabilire i confini e nel supportarli nei momenti di difficoltà.

Società

1. Incertezza: vengono forniti informazioni e strumenti per gestire i vissuti emotivi derivanti dall’incertezza percepita verso il futuro.
2. Cambiamento climatico: ci si impegna attivamente nel mantenere una responsabilità sociale tenendo conto delle possibili sensazioni di eco-ansia causate dal cambiamento climatico in corso.
3. Progresso tecnologico: viene promossa la capacità di adattamento e la flessibilità, quali elementi chiave per il proprio benessere.
4. Benessere civico – il ruolo del contesto: viene riconosciuto l’impatto di un contesto mutevole e delle sue variabili, da comprendere fino in fondo per poter sostenere adeguatamente le proprie persone.
5. Benessere civico – il ruolo della persona: viene riconosciuto il ruolo attivo delle proprie persone come cittadini e cittadine: stare bene in azienda significa portare benessere all’intera società.

Per maggiori informazioni: https://www.mindwork.it/.








© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: