venerdì 22 novembre 2013
​Gli Istituti tecnici superiori (post-diploma) sono 64 e hanno attivato 247 corsi. Ottimi risultati anche nel Mezzogiorno
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Forse l’anello di congiunzione tra scuola e lavoro, finalmente è stato trovato. Sono i 64 Its, gli istituti tecnici superiori, nati appena tre anni fa. Fra i primi 825 studenti diplomati nei mesi scorsi, infatti, il 59,5% ha già trovato un’occupazione corrispondente agli studi effettuati.

Il dato – diffuso ieri dal ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca al salone Job&Orienta di Verona – è particolarmente positivo se si considera da un lato la persistente crisi che ha penalizzato tutta l’occupazione e dall’altro si confrontano le statistiche sulle assunzioni dei laureati. A un anno dalla laurea, infatti, il 23,8% è disoccupato e solo il 47% è occupato (gli altri proseguono negli studi).

La media di assunti dopo aver frequentato gli attuali 247 corsi è poi diversa a seconda della tipologia di studi effettuati. Si va infatti da un minimo del 32% per gli studenti delle "Nuove tecnologie per il Made in Italy - sistemi agro-alimentare" e il 33% della specializzazione in "sistema casa" alle punte invece del 69,5% per "efficienza energetica", 72,2% "Nuove tecnologie della vita" e addirittura il 79,7% degli studenti di "Mobilità sostenibile" con 177 giovani già occupati sui 222 che hanno seguito i corsi.

«Cifre alla mano, gli Its si dimostrano un modello vincente nel rapporto tra scuola e lavoro – ha commentato il sottosegretario all’Istruzione Gabriele Toccafondi –. E lo testimoniano sia il crescente numero di iscritti sia lo scarso tasso di abbandono. Il sistema risulta particolarmente efficace perché i ragazzi svolgono un percorso di formazione che coniuga bene la teoria con la pratica in azienda». Gli Istituti tecnici superiori sono infatti l’unica offerta formativa non accademica di livello terziario e sono frutto di una strategia innovativa, fondata sulla connessione tra istruzione, formazione da un lato e politiche industriali dall’altro. Di norma hanno durata biennale e sono articolati in 1.800-2.000 ore, delle quali almeno il 30% svolte in tirocini, anche all’estero, presso imprese tecnologicamente più avanzate. I docenti devono provenire, per almeno il 50%, dal mondo del lavoro e delle professioni e possedere una pregressa esperienza di almeno cinque  anni nel settore di riferimento. Forte il collegamento con i distretti produttivi dei diversi territori.

Particolare anche l’assetto: ogni Its, infatti, afferisce a una fondazione di partecipazione, che comprende scuole, enti di formazione, imprese, università e centri di ricerca, enti locali. Le aree tecnologiche sono sei: efficienza energetica, mobilità sostenibile, nuove tecnologie della vita, nuove tecnologie per il made in Italy (suddiviso in sistema agroalimentare, sistema casa, sistema meccanica, sistema moda, servizi alle imprese), tecnologie innovative per i beni e le attività culturali-turismo, tecnologie della informazione e della comunicazione.

Tornando all’analisi dei dati, anche la suddivisione per territori fornisce dati positivi. Non sono solo le regioni del Nord – più forti economicamente e dove l’istruzione è meglio strutturata – a registrare buone performance occupazionali, ma anche quelle del Centro-Sud come la Puglia, con il 78,5% di diplomati già assunti e l’Umbria con il 72,7%. Sopra la media pure i risultati della Liguria con il 74,5% e del Veneto con il 65%, segno che a contare è soprattutto la valutazione dei fabbisogni delle imprese e la conseguente organizzazione dei corsi.

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