venerdì 8 luglio 2022
Il reddito di cittadinanza ha "salvato" un altro milione di persone. 4 milioni di lavoratori poveri con redditi annui al di sotto dei 12mila euro. L'inflazione aumenta le diseguaglianze
Secondo l'Istat il reddito di cittadinanza ha salvato un milione di persone dalla povertà

Secondo l'Istat il reddito di cittadinanza ha salvato un milione di persone dalla povertà - Ansa

COMMENTA E CONDIVIDI

La povertà aumenta e avere un lavoro non è una protezione sufficiente ad evitarla. In Italia ampie fette di popolazione versano in condizioni di disagio, accentuate dalla dinamica inflazionistica in atto che rende le retribuzioni sempre più leggere.

I dati del Rapporto annuale dell’Istat sulla povertà sono allarmanti. Il numero di individui in povertà assoluta è quasi triplicato dal 2005 al 2021, passando da 1,9 a 5,6 milioni (il 9,4% del totale), mentre le famiglie sono raddoppiate da 800 mila a 1,96 milioni (il 7,5%). La povertà assoluta è tre volte più frequente tra i minori (dal 3,9% del 2005 al 14,2% del 2021) e una dinamica particolarmente negativa caratterizza i giovani tra i 18 e i 34 anni (l'incidenza ha raggiunto l'11,1%, valore di quasi quattro volte superiore a quello del 2005, il 3,1%). Il rapporto Istat promuove il reddito di cittadinanza e di emergenza, msiure che hanno evitato a un milione di individui (circa 500mila famiglie) di trovarsi in condizione di povertà assoluta. L'intensità della povertà, senza sussidi, nel 2020 sarebbe stata di 10 punti percentuali più elevata, raggiungendo il 28,8% (a fronte del 18,7% osservato).

A preoccupare è la crescita dei lavoratori poveri. Quasi un milione di dipendenti del settore privato percepiscono meno di 8,41 euro all'ora e una retribuzione totale al di sotto di 12mila euro l'anno. L'analisi non considera l'agricoltura e il lavoro domestico. Il numero sale a 4 milioni di dipendenti - il 29,5% del totale - se si considera solo il limite della bassa retribuzione annua di 12 mila euro. Invece, al di sotto della sola soglia della bassa retribuzione oraria (8,41 euro) risultano 1,3 milioni di dipendenti, il 9,4% del totale.

L’inflazione rischia di amplificare questo fenomeno, andando a colpire i redditi medio-bassi. A fine anno, sottolinea l’Istat, ci si attende una variazione dell'indice armonizzato dei prezzi al consumo pari a +6,4%. «Senza rinnovi o meccanismi di adeguamento ciò comporterebbe un'importante diminuzione delle retribuzioni contrattuali in termini reali che, a fine 2022, tornerebbero sotto i valori del 2009». L’inflazione farà aumentare le disuguaglianze poiché «la riduzione del potere d'acquisto è particolarmente marcata proprio tra le famiglie con forti vincoli di bilancio» osserva l'Istat.

Tra le famiglie in difficoltà ci sono quelle, circa 1,9 milioni, in cui l'unico componente occupato è un lavoratore non-standard, cioè a tempo determinato, collaboratore o in part-time involontario. Questi occupati vulnerabili sono ormai quasi 5 milioni, il 21,7% del totale. E in 816 mila sono "doppiamente vulnerabili", perché risultano sia a tempo determinato o collaboratori, sia in part-time involontario. Sono lavoratori non standard il 39,7% degli occupati under 35, il 34,3% dei lavoratori stranieri e il 28,4% delle lavoratrici. La quota di lavoratori non-standard raggiunge il 47,2% tra le donne sotto i 35 anni e il 41,8% tra le straniere.

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: