sabato 25 gennaio 2020
Secondo i dati relativi alle dichiarazioni dei redditi del 2018, il prelievo medio alle partite Iva è di 5.091 euro. Lo rileva la Cgia
Gli autonomi pagano più di dipendenti e pensionati
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Il prelievo medio dell'Irpef sui lavoratori autonomi (le partite Iva) è nettamente superiore a quello in capo ai dipendenti e ai pensionati. Lo rileva la Cgia. Secondo i dati relativi alle dichiarazioni dei redditi del 2018, infatti, l'Irpef media versata dai lavoratori autonomi è di 5.091 euro, quella dai lavoratori dipendenti di 3.927 e quella dei pensionati di 3.047. I primi pagano il 30% in più all'anno rispetto ai dipendenti e il 67% dei pensionati. Il divario relativo al versamento medio Irpef tra queste tre categorie di contribuenti è dovuto, in particolar modo, alla combinazione di due fattori: avendo redditi da lavoro mediamente più alti dei dipendenti e dei pensionati, il prelievo Irpef sugli autonomi è superiore; gli autonomi e i pensionati, in particolar modo quelli con redditi medio bassi, possono contare su detrazioni fiscali nettamente inferiori a quelle riconosciute ai dipendenti.

A pagar l'Irpef sono solo le persone fisiche (lavoratori dipendenti, pensionati, lavoratori autonomi e titolari di altri redditi personali) e come risulta dalle dichiarazioni dei redditi del 2018 (anno d'imposta 2017) questi soggetti danno all'erario 157,5 miliardi di euro all'anno; l'incidenza di questo gettito sul totale nazionale delle entrate tributarie è del 31,5%. I lavoratori dipendenti e i pensionati in Italia sono oltre 36 milioni: assieme costituiscono l' 88,2% dei contribuenti Irpef e versano al fisco quasi 130 miliardi di euro (l'82,5% del totale). Gli autonomi, invece, sono poco più di 4,3 milioni (il 10,5% del totale contribuenti Irpef) e danno al fisco 22 miliardi di euro di Irpef (14% gettito Irpef totale). Anche in questo caso, il confronto tra l'incidenza della percentuale dei contribuenti e quella sul gettito dimostra che i lavoratori autonomi sono sottoposti a una maggiore tassazione e quindi più "spremuti" degli altri.

«Crediamo sia importante chiarire questa questione per smentire una tesi molto diffusa, soprattutto in alcuni ambienti sindacali, secondo la quale in Italia le tasse sono onorate quasi esclusivamente da coloro che subiscono il prelievo fiscale alla fonte - spiega il coordinatore dell’Ufficio studi della Cgia Paolo Zabeo -. Sia chiaro, nessuno nega che tra gli autonomi ci siano delle aree di evasione o di sotto-dichiarazione che, ovviamente, vanno assolutamente sradicate. I risultati di questa elaborazione, comunque, dimostrano in maniera inconfutabile che le partite Iva sono mediamente più tartassate degli altri contribuenti-persone fisiche».

La regione che presenta il più alto numero di lavoratori attivi è la Lombardia (oltre 3.962.000 dipendenti e quasi 777mila autonomi) che ha oltre dieci milioni di abitanti. Subito sotto c'è il Lazio con poco più di 2,1 milioni di lavoratori dipendenti e il Veneto con 429.300 autonomi che è anche al terzo posto per il numero di dipendenti (1,9 milioni), mentre l'Emilia Romagna è all'ultimo gradino del podio per la presenza di autonomi (391.300). Anche il maggior numero di pensionati si concentra in Lombardia (quasi 2,5 milioni). Al secondo posto il Lazio (1.272.373) e al terzo il Piemonte (1.228.747). Sul fronte del gettito Irpef è la Lombardia che ne versa di più: 35,9 miliardi (pari ad una Irpef media pro contribuente di 6.220 euro). Seguono il Lazio con 17,8 miliardi (Irpef media di 6.150 euro) e l'Emilia Romagna con 14,5 miliardi (Irpef media 5.390 euro). In coda c'è la Puglia con una Irpef media per contribuente di 3.840 euro, la Basilicata con 3.720 euro e la Calabria con 3.650 euro.

«Dopo aver deciso di tagliare il cuneo fiscale, rendendo così le buste paga dei lavoratori dipendenti più pesanti - d
ichiara il segretario della Cgia Renato Mason - a nostro avviso è auspicabile che il governo Conte torni ad alleggerire il carico fiscale anche sulle piccole e micro imprese. Questo, indirettamente, avvantaggerebbe anche i lavoratori dipendenti, visto che in questi ultimi anni di difficoltà economica la stragrande maggioranza dei nuovi posti di lavoro è stata creata dalle attività imprenditoriali di piccola dimensione».

Dal confronto con gli altri Paesi
europei emerge un risultato per noi molto sconfortante. Nel 2018 gli italiani hanno pagato 33,4 miliardi di euro di tasse in più rispetto all'ammontare complessivo medio versato dai cittadini dell'Ue. Si tratta di un differenziale che "pesa" quasi due punti di Pil. In termini pro capite, invece, abbiamo dato al fisco 552 euro in più rispetto alla media dei cittadini europei. Da questa comparazione solo Francia, Belgio, Danimarca, Svezia, Austria e Finlandia hanno una pressione fiscale superiore alla nostra. La "sorpresa" viene da Parigi: qui ogni cittadino ha versato al fisco 1.830 euro in più rispetto a noi. In termini assoluti il divario fiscale è a noi favorevole e ammonta a 110,7 miliardi di euro. Rispetto agli altri principali competitori, invece, "soccombiamo" sempre. Se avessimo la pressione fiscale della Germania verseremmo 24,6 miliardi di tasse in meno (407 euro pro capite), dell'Olanda 56,2 (930 euro pro capite), del Regno Unito 114,2 (1.888 euro pro capite) e della Spagna 119,5 (1.975 euro pro capite).

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