sabato 15 luglio 2017
Il vecchio continente detiene già la leadership mondiale ma punta ad un ulteriore incremento: tra le proposte un'etichetta europea per i green bond
L'Europa studia una strategia d'attacco
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L'Europa già detiene la leadership mondiale negli investimenti sostenibili e responsabili (Sri) con il 53% (contro il 38% degli Stati Uniti) dei 23mila miliardi di dollari di asset gestiti professionalmente nel mondo con criteri Esg (sociali, ambientali e di governance). Ma a fine 2016 è stata avviata un’iniziativa che potrebbe rafforzare tale supremazia. Nei giorni scorsi è stato infatti pubblicato il primo rapporto del gruppo di venti esperti costituito a dicembre dalla Commissione europea per sviluppare una strategia organica di promozione della finanza Sri. Con l’obiettivo d’integrare stabilmente principi e criteri di sostenibilità nel sistema finanziario. Fra loro anche l’italiana Flavia Micilotta, direttore di Eurosif, l’associazione dei forum nazionali europei che promuovono la finanza Sri. Si tratta di un rapporto provvisorio, quello definitivo è atteso a fine anno. Ma già dice molto sugli elementi di sostenibilità che potrebbero essere iniettati, contaminandoli, nei mercati finanziari europei.

Due gli imperativi. Il primo è che i fattori Esg entrino stabilmente nella valutazione e gestione degli investimenti, per meglio prevedere, gestire e auspicabilmente prevenire rischi di lungo periodo. «Mettere la sostenibilità al cuore del sistema finanziario», com’è scritto nel rapporto, significa che l’esame di questi fattori è parte del dovere fiduciario di chi gestisce gli investimenti. E che tutti gli attori del mercato devono regolarsi di conseguenza. Il secondo imperativo è che il settore finanziario faccia di più per contribuire a una crescita sostenibile e inclusiva e accelerare la transizione ecologica del modello economico, «spostando l’attuale allocazione di risorse da un percorso insostenibile a uno sostenibile». Fra le principali proposte figurano ad esempio un’etichetta europea per i green bond (le obbligazioni che finanziano progetti di sostenibilità ambientale), una classificazione condivisa per gli asset sostenibili, un test di sostenibilità per ogni futura regolamentazione finanziaria europea. Anche la creazione di un’organizzazione europea che agevoli il finanziamento di progetti infrastrutturali sostenibili e la classificazione delle imprese basata sugli obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Onu.Il report ha messo nero su bianco buona parte dei desiderata che tanti operatori di finanza sostenibile hanno espresso negli anni.

«È un’importantissima opportunità – dichiara Pietro Negri, presidente del Forum per la finanza sostenibile e Csr manager in Ania –, da cogliere con entusiasmo e fiducia per costruire insieme un futuro sostenibile per l’Europa. Ed è un esempio incredibile di partecipazione diretta degli stakeholder all’elaborazione strategica e normativa». Per Sara Lovisolo, Sustainability manager del London Stock Exchange Group (di cui fa parte Borsa Italiana), «è un chiaro segnale di come l’Ue abbia colto che una transizione industriale è in atto. E che i mercati hanno un ruolo chiave nell’amplificarne le opportunità e mitigarne i rischi». Sulla stessa linea anche Alessandra Viscovi, responsabile area Education in Altis-Cattolica, dove a ottobre partirà il primo Master in finanza sostenibile in Italia: «Quando Altis nacque nel 2005 – dice – molti si domandavano se la sostenibilità sarebbe stata solo una moda. Ora non c’è più dubbio: l’integrazione di istanze sociali e ambientali impone la necessità di un cambio nella cultura d’impresa».

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