sabato 7 maggio 2016
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Il Ceo Messina: «Non siamo i salvatori del sistema» MILANO Sarà dura l’avventura del giovane Atlante. Ieri dopo avere presentato i conti del primo trimestre di Intesa Sanpaolo – chiuso con un utile netto di 806 milioni di euro, in calo del 24% rispetto a un anno fa– il manager Carlo Messina ha offerto agli analisti due chiarimenti molto significativi per il futuro del fondo di sistema per ricapitalizzare le banche e gestire le sofferenze. Il primo punto è che Intesa si aspetta che, se sarà necessario, Atlante le subentri nella garanzia dell’aumento di capitale da un miliardo di euro di Veneto Banca: «Se la transazione può essere di successo, Atlante non deve prendervi parte – ha spiegato il Ceo di Intesa – . Ma è anche chiaro che Intesa Sanpaolo avendo investito in Atlante non è disponibile a detenere alcuna azione di Veneto Banca. Se l’operazione sarà di successo sul mercato, saremo molto felici. Altrimenti Atlante avrà la possibilità di entrare anche in Veneto Banca». Il secondo punto è che la prima banca italiana non ha nessuna intenzione di investire più di un miliardo di euro (ad oggi ne ha versati 300 milioni e si è impegnata a concederne 845) sul fondo gestito da Quaestio: «Non contribuirò ulteriormente al fondo Atlante. Abbiamo chiarito che la nostra sottoscrizione sarà fino al 20%. Se ci saranno altri sottoscrittori non eccederemo in ogni caso il miliardo di euro. Non siamo i salvatori del sistema bancario italiano» ha avvertito Messina. Quindi dopo avere evitato a UniCredit di sborsare 1,5 miliardi di euro per ricapitalizzare la Banca Popolare di Vicenza il fondo Atlante deve prepararsi a mettere un miliardo di euro su Banca Veneto. «Mi pare imprudente escludere a priori un suo coinvolgimento» ha ammesso ieri Stefano Ambrosini, eletto giovedì come nuovo presidente della banca di Montebelluna, che intanto si appresta a proporre un’azione di responsabilità contro i vecchi vertici dell’istituto. Atlante, che è partito con una dotazione di 4,25 miliardi, fra circa un mese rischierebbe così rimanere con in cassa meno di due miliardi di euro. A meno di nuovi ingressi, naturalmente, anche se al momento non si è fatto avanti pubblicamente nessuno. Due miliardi, nonostante il possibile effetto leva, non sono una cifra enorme per rilanciare il mercato italiano delle sofferenze, che oggi ammontano a 83,1 miliardi al netto delle svalutazioni già effettuate. Inoltre le banche che più hanno contribuito a finanziare il fondo, cioè Intesa e UniCredit, sembrano intenzionate a farlo lavorare per prima cosa sui loro crediti problematici. E questo nonostante i vertici di Atlante abbiano chiarito più volte di avere una loro indipendenza. «Useremo Atlante anche per i ridurre i nostri non performing loan » ha promesso ieri Messina agli analisti, aggiungendo che il fondo «può cambiare le regole del gioco»perché offre «opportunità di cessione degli npl a prezzi molto buoni » e «crea un ambiente in cui possiamo avere un prezzo veramente vicino al valore di libro del settore bancario per gli npl». © RIPRODUZIONE RISERVATA IL MANAGER. Carlo Messina, Ceo di Intesa Sp (Ansa)
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