lunedì 21 gennaio 2013
Per l’economista della Cattolica, candidato di punta del Pd, la Ue deve togliere il piede dal freno Necessari eurobond e investimenti.
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​«Dalla crisi si esce con l’Europa al primo posto. Ma un’Europa diversa, capace di sollevare un po’ il piede dal freno». Carlo Dell’Aringa, docente di Economia politica all’Università Cattolica di Milano è capolista per il Pd alla Camera in Lombardia e fra i candidati al ministero del Lavoro in caso di vittoria del centrosinistra. È realista e avverte subito: «Inutile promettere che cancelleremo la disoccupazione. Abbiamo poche risorse e molte strade sbarrate. Dobbiamo completare e sperimentare l’ultima riforma, operare per favorire le occasioni di lavoro che ci sono e soprattutto far funzionare i servizi. Perché i giovani e i disoccupati siano presi in carico, aiutati a trovare un’occupazione».Professore, partiamo dalla situazione economica. Bisognerà chiedere all’Europa un allentamento delle regole del fiscal compact, rinviare il pareggio di bilancio?Se lo chiederemo lo faremo per tutta l’Europa, non solo per l’Italia. Nell’Unione il clima mi sembra già cambiato, c’è maggiore consapevolezza che occorre proseguire con l’austerity ma con margini meno stringenti o gli effetti recessivi saranno così forti da rendere impossibile comunque il pareggio di bilancio. Perciò vanno anzitutto scorporate dal deficit le spese per ricerca e innovazione. E poi occorre stimolare la crescita attraverso la raccolta di risparmio con gli eurobond e il finanziamento di progetti infrastrutturali in tutt’Europa. Anche la Germania, che inizia ad accusare i contraccolpi della crisi degli altri sulle proprie esportazioni, dovrebbe adottare una politica più espansiva al proprio interno per "trainare" gli altri Paesi.Servirà una manovra aggiuntiva? E come farla, con una patrimoniale o modificando l’Imu?Una manovra non si può escludere al momento. Ma dobbiamo verificare la situazione dei conti dopo le elezioni. Lo spread che è sceso lascia ben sperare, tuttavia andranno trovati i fondi necessari quantomeno per la cassa in deroga e per il sostegno – necessario – agli esodati. Quanto alla patrimoniale, il Pd ha una proposta equilibrata: alleggerire il peso dell’Imu per chi ha redditi bassi e abitazioni modeste spostando il peso su chi ha patrimoni oltre 1,5 milioni, in sostanza rendendo l’imposta maggiormente progressiva.Sì, ma altri soldi dove si trovano?Non è facile, vedo più strade sbarrate che opportunità, i cittadini sono prostrati dall’elevata pressione fiscale. Anche i tagli lineari non si possono più fare. Possiamo però accelerare degli studi mirati su ogni singola amministrazione per ottenere significativi risparmi di personale.Le previsioni sono ancora negative anche per l’occupazione. Che cosa si può fare al di là degli stimoli alla crescita?La via maestra sarebbe ridurre il cuneo fiscale, ma anche in questo caso occorre verificare se e quante risorse abbiamo a disposizione. Stesso discorso per gli incentivi alle assunzioni: costano parecchio. E poi attenzione, perché già oggi l’apprendistato ha una grandissima convenienza eppure non viene utilizzato abbastanza. Piuttosto dobbiamo rafforzare le politiche attive del lavoro. Potenziare e migliorare la qualità dei servizi per l’impiego, far sì che si prendano carico dei giovani orientandoli e dei disoccupati ricollocandoli. Anche con una collaborazione tra servizi pubblici e agenzie private. Possibile che oggi Inps, ministero Lavoro, agenzie lavoro, Regioni, Province, enti come Italia Lavoro vadano ognuno per proprio conto e un ragazzo che non trova lavoro non sappia dove sbattere la testa? Vanno integrati i servizi e le risorse disperse come voucher, doti, incentivi vari. Le persone devono essere "prese in carico" per accompagnarle ad avere un’occupazione, se necessario sostenendole con un sussidio.Lei è stato fra gli estensori del Libro bianco sul mercato del lavoro assieme a Marco Biagi. La riforma del lavoro Fornero va mantenuta, corretta o cancellata?Anzitutto va completata e sperimentata. Per me va bene all’80-90%. Le riforme degli ultimi 15 anni hanno introdotto la flessibilità che mancava al nostro sistema. Ora non c’è bisogno di nuove aperture e anche sull’articolo 18 occorre prima verificare gli effetti concreti dei cambiamenti parziali.E per le pensioni?Sulla previdenza sono più critico. L’obiettivo al 2020 va mantenuto, ma la riforma è stata troppo forte e rapida. Ora dobbiamo metterci le pezze. Dobbiamo, perché non si possono lasciare migliaia di famiglie senza né redditi né pensione. Troviamo degli ammortizzatori, inventiamoci un mezzo part-time tra lavoro e pensione, una qualche forma di flessibilità in uscita, ma facciamo qualcosa.Con le parti sociali come si procede dopo l’accordo separato sulla produttività?Bisogna recuperare l’accordo di tutti. C’è stata troppa impazienza. Perché funzioni ricuciamo i rapporti mettendo subito mano alla legge sulla rappresentanza. Non è facile, lo so, ma, come è avvenuto nella Pubblica amministrazione, si può misurare il peso di ogni sindacato. E attraverso la contrattazione facciamo ripartire la crescita della produttività.Intanto c’è l’emergenza Ilva...Il conflitto tra poteri va risolto in fretta, ma nel frattempo non si può chiudere l’azienda. La produzione deve andare avanti accelerando allo stesso tempo il risanamento. Se per farlo occorrono anche fondi pubblici, lo Stato deve assumersi maggiori responsabilità anche rispetto alla proprietà.Vendola, vostro alleato, dice che con Monti non si può stringere un’alleanza di governo. Ma se non aveste la maggioranza?In campagna elettorale mi dicono che sia normale cercare di distinguersi. Ma uno dei motivi che mi hanno convinto ad accettare la candidatura è che in questa alleanza alla fine si decide a maggioranza. E poi rispetto all’esperienza del governo Prodi c’è una differenza fondamentale. Oggi abbiamo puntati addosso gli occhi dei mercati e dell’Europa, con conseguenze immediate. E tutti i politici credo che abbiano interiorizzato questa responsabilità ulteriore.
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